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Luigi Scafetta, l'amore per l'arte e per Maria

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Luigi Scafetta sansalvese acquisito per amore di Maria, la donna che “è stata la mia fortuna” come lui afferma, e' un uomo che ha l’arte nel sangue, poiché  i suoi parenti più stretti e anche alcuni suoi avi realizzavano e realizzano delle opere artistiche che suscitano emozioni ormai da decenni.

Da piccolo amava trascorrere del tempo con la nonna materna. Un giorno il suo sguardo si posa su una scatola di colori a olio lasciati dallo zio Cesare Spadaccini migrato in Germania per motivi di lavoro. Erano gli anni ’60 e Luigi aveva 7 anni. Ha l’impulso di fare uno schizzo copiando l’immagine di un calendario (all’epoca venivano dipinti a mano) che ritraeva l’ingresso di Predappio, il paese di Mussolini: un acquerello dai toni riposanti che aveva il verde e il marrone come colori dominanti.

Anche se il disegno era di un bambino di soli 7 anni fu molto apprezzato. Dopo quel disegno con costanza realizzava 2/3 “tavolette” a settimana. All’epoca non utilizzava la tela bensì una tavola preparata con della cementite bianca che serviva per creare il fondo. Era diventato una sorta di gioco; all’inizio copiava i disegni poi man mano che acquisiva padronanza nell’uso della matita, non aveva più bisogno di copiare e nella sua mente si delineava ciò che la mano poi andava a disegnare. All’età di 9 anni immaginava e disegnava soprattutto montagne, boschi e grosse distese verdi. I suoi colori preferiti erano il giallo il rosso e tutta la gamma dei colori della natura.

Nel periodo estivo delle scuole medie faceva il cameriere al Nettuno di Vasto marina. Questo locale era frequentato da un noto maestro pittore locale Raffaele Berardini, appena trentenne, che proponeva le sue tele ai clienti del ristorante. Raffaele insegnò al dodicenne Luigi alcune tecniche di pittura con acrilico e la lavorazione col corboncino.

Era entrato nel giro dei pittori di Vasto e a 18 anni fece la sua prima mostra nella saletta “Avis” in piazza del Popolo esponendo 30 opere realizzate con inchiostro di china: volti di donne e personaggi surreali ispirati a uno dei suoi fumetti preferiti dell’epoca “l’ Eternauta”. Aveva voluto sperimentare qualcosa di nuovo “fuori dai margini”. Lavorare con l’inchiostro è difficile poiché la realizzazione deve essere molto veloce in quanto si tende ad asciugare subito. Tutte le opere andarono a ruba.

Seguirono altre mostre non solo a Vasto ma anche a Chieti, Castiglione e Montenero di Bisaccia. Amava sperimentare sempre cose nuove. In quel periodo realizza un’opera preparando il fondo con la cera di candela bianca o spalmandola velocemente per dargli una parvenza di liscio o addirittura riempiendo la base con le singole gocce di cera di candela fatte cadere sulla tela. Questa tecniva forniva un fondo davvero molto particolare. Su esso realizzò la faccia di un signorotto con dei colori acrilici. Ne risultò un’opera straordinaria che non ha mai voluto vendere. Con quest’opera vinse tre concorsi pittorici: premio Gringeri indetto dalla Siv, uno indetto dalla città di Montenero  e uno dalla Carchieti.

Fu un lavoro di getto, 10 minuti di terrore e di fantasia. Un’opera d’arte nasce solo se c’è ispirazione, senza si può stare ore a creare cose senz’anima che non comunicano niente né all’autore né allo spettatore. Se una persona resta a contemplare un’opera per più di un quarto d’ora significa che quell’opera ha suscitato delle emozioni.

Durante il servizio militare a Foggia conosce dei commilitoni che oggi sono diventati dei grandi nell’arte: Antonio Pizzolante di Lecce, Fernando Granito anche lui pugliese, Mercante Claudio fumettista di Prato e Matteo Accarrino. Il comandante aveva messo a loro disposizione una stanza dove potevano incontrarsi per sperimentare nuove tecniche pittoriche. Si proponeva un tema artistico e poi ognuno realizzava la sua tela. Lavoravano molto “la materia” (esempio gesso su tela e riciclo di stoffe, e residui della caserma come pezzi di anfibi, stoffe strappate e tutto quanto si trovava in caserma) che veniva assemblata per dar vita a delle opere astratte. Ognuno si riportò a casa le sue opere e Luigi espose queste opere nella saletta “Vaso di Pandora” che pagò con una scultura in ferro all’architetto Francesco Paolo D’Adamo. Su questa mostra fecero un video ora visibile sul blog di “Noivastesi”.

Durante gli studi di ragioneria a San Salvo Luigi incontra il grande amore della sua vita Maria. Dopo il diploma entrano entrambi a lavorare in un’importante azienda di Petacciato. Ma appena sposati, innamorati e pieni di debiti, fecero una pazzia: si licenziarono per aprire una serigrafia. Sin da ragazzo il sogno di Luigi era quello di aprire una serigrafia poiché era rimasto affascinato da quella serigrafia che l’aveva introdotto all’arte. La serigrafia è sinonimo d’arte poiché lascia un segno indelebile e riesce a suscitare emozioni anche nel colore. La moglie interruppe i suoi amati studi universitari in giurisprudenza e lo accompagnò in questo progetto di vita.

Il logo della serigrafia è nato da una punta del rapido grafico otturato che una volta scosso rilasciò sul foglio due gocce che presero una forma strana: uno “sgorbio”( tatuato anche sul braccio di Luigi) che con qualche piccolissima modifica divenne il logo della serigrafia aperta nel 1988 in via Tasso a San Salvo e nel 1990 trasferita in via Sandro Pertini.


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