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Quando veniva la banda

Le feste degli anni 50

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L’arrivo in piazza della “casciarmoniche” (cassa armonica), qualche giorno prima della ricorrenza di San Vitale,  era il segno che  la festa era imminente ed in noi bambini  era gioia grande.
Ve ne erano due di “casciarmoniche” che venivano verso la fine degli anni 50 a San Salvo. Una era coperta, bellissima, che  la sera si illuminava, dando mostra di tutto il suo splendore.  L’altra  invece, scoperta,  aveva delle luci a forma di sfere sulle travi portanti, con cetre intarsiate sui parapetti, ed il suo padrone era un omino di Vasto, magro, con i capelli bianchi, che non sorrideva mai, anzi ci sgridava facendoci scappare quando noi bambini vi salivamo sopra.

I padroni della cassa armonica ci parevano delle persone fortunate, perché, secondo la nostra immaginazione, avevano scelto un mestiere in cui facevano sempre festa. A pensarci oggi, poveracci, dormivano di notte sotto la cassa armonica e si svegliavano al mattino senza neppure lavarsi  bene la faccia.

A seconda se la cassa armonica era coperta o meno, si intuiva come sarebbe stata la festa. Infatti quando veniva quella coperta significava che "li dibbutete" (la deputazione), aveva raccolto più soldi, mentre se la cassa armonica era scoperta, voleva significare che non era stata buona annata e quindi la festa sarebbe stata in tono minore. Inoltre, la scelta della cassa armonica era legata anche all'importanza del santo: a San Vitale e San Rocco, infatti, che si festeggiavano per due giorni,  veniva quella coperta, mentre a San Nicola, alla festa della Madonna delle Grazie, a San Vito e Sant'Antonio, che si festeggiavano un solo giorno, la cassa armonica era spesso quella scoperta.

Erano i tempi in cui la musica la si ascoltava gracchiante solo sulle onde corte e lunghe della radio, che di notte fischiavano, o su grammofoni, e non c’era ancora la televisione. L’arrivo della cassa armonica  era il preludio che di lì a poco sarebbe arrivata la banda, che era l’unico modo vero che aveva la gente per ascoltare la musica.

La banda!  Quanti ricordi della mia infanzia legati alla banda.

Arrivava di buon ora, la mattina della festa a bordo di  “na pustale” (autobus) che portava sul cruscotto il nome del complesso bandistico della città da cui proveniva.

Erano bande grandiose, quelle di quei tempi; venivano dalla Puglia, da Bari, Trani, Acquaviva delle Fonti, Conversano, Lecce, ma anche dall’Abruzzo, che in fatto di tradizioni bandistiche non  era seconda a nessuno. La banda di Chieti, ad esempio, era famosissima nel mondo perché durante l’era del fascio rappresentò  il regime, e molto famose erano anche quelle di Lanciano, diretta dal celebre maestro Centofanti e di Casalanguida, forse la banda rimasta più impressa nella memoria collettiva.

Al suo arrivo, la piazza, prima di allora immersa in un bucolico silenzio, incominciava come per magia a risuonare del suono degli strumenti a fiato, che bandisti sparsi in giro riscaldavano prima di schierarsi e vi era una gran confusione di suoni: note di clarino che si mischiavano a squilli di tromba, “pernacchie” di tromboni frammisti a note di flauti, sassofoni.

Poi, d’un tratto, dopo i tre colpi d'artificio, che annunziavno l'apertura ufficiale della festa, si udivano  due colpi di grancassa: era il segnale dell’adunanza della banda. Il capo banda, quando tutti erano schierati, dava l’attacco ed improvvisamente, come d’incanto, tutte quelle note sparse si ricomponevano nell’aria  e l’armonia  si impadroniva magicamente della piazza, con i bandisti che iniziavano a marciare per il paese.

Era uno spettacolo bellissimo vederli marciare. Con i berretti e le divise, bandisti di tutte le età e corporature, chi grasso, chi magro, chi con camminatura elegante, chi un po’ zoppo, tutti a passo, passavano suonando sotto l’Arco della Terra, dove il suono diventava ancora più possente, e marciavano verso C.so Garibaldi o C.so Umberto, preceduti da  “li debbutete” (i deputati) tutti “arcagniti”, (cioè  con l’abito buono, che  era quasi sempre vecchio di qualche anno), che quel giorno si sentivano orgogliosamente  protagonisti.

La gente, richiamata dalla musica, si affacciava alle finestre e l’aria di festa si impossessava magicamente del paese.

Quanto mi piaceva andare dietro la banda!  Io, che la musica l’avevo nel sangue, la seguivo ovunque. Se qualcuno mi avesse chiesto: “Che mestiere vorresti fare da grande?”, avrei risposto il bandista.

Ricordo che ero talmente preso da quella musica che, a fianco dei bandisti, facevo la spola innanzi e indietro alla banda. Per ascoltare i vari strumenti mi portavo dapprima davanti, dove suonavano i clarini e poi, piano piano, mi facevo superare dai bandisti in marcia, tendendo l’orecchio verso i flauti, i sassofoni, i flicorni, le cornette, i bombardini,  i tromboni.

La mia grande passione, erano  i bassi americani (susafoni), quegli ottoni monumentali schierati sempre all’ultima fila, che scandivano con il loro suono grave il ritmo dì accompagnamento insieme al rullante, alla gran cassa ed ai piatti, sovente in contrattempo.

La seguivo sempre, la banda, ovunque andasse, persino durante la processione, quando suonava “Mira il tuo popolo”, che partiva con una tonalità in minore per poi esplodere divinamente, senza alcun preavviso, nel punto  “Oh Santa Vergine”, alla sua fondamentale relativa maggiore, aprendo l’anima ed il cuore.

La sera, poi, il gran concerto finale, era impedibile.

La banda suonava l’ ”Opera” , ed autentici capolavori come il Nabucco, l’Aida, la Traviata, Il Barbiere di Siviglia, la Cavalleria rusticana, erano i pezzi forti. L’atmosfera che si creava in piazza era da favola. La gente si portava le sedie da casa  ed ascoltava la banda in religioso silenzio.

Alla fine, quando terminava il concerto, era un via vai di persone che tornavano a casa, ognuna con la sua sedia, mentre un trombettista si recava a “lu Luammete” (attuale Via Trignina ove oggi sorgono i palazzi costruiti da lu “Rumuane” Giorgio La Rocca ove vi è il Banco dell’Adriatico) , per avvisare il fuochista, con uno squillo di tromba, che poteva partire il fuoco d’artificio in aperta campagna.

Era la fine della festa e dopo “lu  spuare” (fuochi artificiali) il silenzio ed un velo di tristezza si rimpossessavano del piccolo paese.

Ora la musica moderna ed elettronica la fa da padrone. La gente si scatena dietro ritmi musicali realizzati da computer senz’anima. La musica è diventata figlia del consumismo e vi è un’inflazione musicale e sonora spaventosa. Ovunque vi è un bombardamento sonoro: nei bar, nei negozi, nei supermercati; vi è fracasso ovunque. Povera musica, che brutta fine hai fatto!

Come sono lontani i tempi  e le atmosfere di quando le grandi bande suonavano alla processione “Mira il tuo popolo” partendo con una tonalità in minore per poi esplodere divinamente, senza alcun preavviso, nel punto  “Oh Santa Vergine”, alla sua fondamentale relativa maggiore, aprendo l’anima ed il cuore.

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