Un tuffo nel passato: impressioni e piccola storia della Distilleria Ala

Lo stabilimento di San Salvo Marina caratterizzato dall'alta ciminiera curva

Ines Montanaro
10/12/2013
Varie
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Esistono cose visibili e cose... 'invisibili', cose vive che non hanno linguaggio alcuno e, cose apparentemente 'morte' che, non solo hanno una 'vita', ma la sanno anche... raccontare. Sono delle 'zone di frontiera' che possiedono certe cose e certe persone come dono di Dio. Dalla loro sommità, come da un altura, ci si sofferma volentieri per scrutare, emozionarsi e contemplare certe: forme, colori, spazi, linee... misteriose e indefinibili armonie.

Tali sensazioni e infinite altre, suscita la vista di quella che è stata definita scherzosamente da alcuni la vecchia, fumigante, storta. Scendendo da San Salvo, lungo la Piane Sant’Angelo' per andare al mare e/o sulla SS16, in piena curva, ma visibile da più punti... 'Ella' è li: La distilleria ALA.
Chiamarla 'vecchia' è un torto, anzi un'offesa ad una 'bella nobildonna' che, nonostante l’incuria e le intemperie l’abbiano segnata, mostra ancora tutto il suo fascino. Neppure la 'prigionia' - dei reticolati, dei cancelli e dell’intricata selva - riescono a oscurare la sua... malia e, tantomeno a nasconderla. L’elemento più suggestivo, però, è la sua ciminiera di mattoni rossi che – per chi ignora – la fa sembrare una fornace di mattoni: è altissima.

La punta - curvata da problemi statici... da età - è diventata nel tempo una peculiarità, una sorta di 'schizzo d’autore' che 'modella' l’azzurro del cielo in pieno giorno e, sembra lo zolfanello che l’accende di rossi, aranci, e gialli infuocati al tramonto. Un diadema di luce in omaggio alla sua bellezza. Insomma è parte integrante del paesaggio. Preghiamo affinchè, come per la Torre di Pisa, le leggi della gravità per lei non valgano.

'La storta', è una struttura grande e articolata che sfugge ad una visione d’insieme, ad eccezione di un punto d’un cavalcavia molto pericoloso ma, la facciata, si mostra in tutta la sua... maestà e solennità.
Per i più, l’effetto è quello di un... deja vu, un qualcosa che ci si porta dentro, una sorta di... 'corto circuito' della memoria.
Si è già pensato: al fronte principale di una basilica, una residenza estiva gentilizia e persino... ad una delle facciate del castello di Edimburgo. È un'emozione sensitiva dai cento volti e altrettante suggestioni.

Le radici della sua ragione di nascita e vita, però, affondano nel secolo scorso, pare negli anni ‘30, di certo, prima della Seconda guerra mondiale era già produttiva da tempo. Ci è sconosciuto il nome del primo committente e proprietario, sappiamo con sicurezza però, che era un siciliano. Dopo gli anni ’50, la ritroviamo proprietà di un altrettanto ignoto foggiano: dati sicuri che sono stati forniti dal genero e, soprattutto, da una delle figlie del Mastro Capofabbrica della Distilleria - un teramano divenuto nel tempo... 'Sansalvese DOC' della Contrada Stazione: Attilio Di Giuliano.

Con polso imprenditoriale e - competenze incredibili - pur non essendo un 'tecnico', egli, dirigeva i processi di lavorazione e la ventina di operai che vi lavoravano per circa 4 mesi l’anno: dalla vendemmia fino ad esaurimento scorte. Le vinacce, raccolte da più parti, venivano conservate in silos sotterranei e spremute in enormi vasche, per ottenere prima 'il vinello' e, da questo, il vapore alcolico che s’incanalava in enormi colonne di rame cave, alte quasi 30 metri e larghe 1,50, per poi passare attraverso le serpentine e depositarsi come alcool puro negli appositi recipienti. Gli scarti (bucce e vinaccioli) venivano diversamente e ulteriormente lavorati per farne sostanze per concimi e olii commestibili.

Le fasi del processo di lavorazione continuavano altrove, sia per i residui che per l’alcool a 95° che si otteneva. Il prodotto distillato poi, partiva in enormi autobotti per le industrie dei vari settori del Nord. E il fumo della 'Fumigante Storta'? Era il 'risultato' del surriscaldamento delle bucce d’uva durante le fasi di lavorazione.
Come la Vecchia Stazione, anche 'la Storta fumigante' è ancora li, a raccontarci di un mondo che, se anche non c’è più, ancora riesce a trasmettere emozioni e sentimenti di ammirazione. Anche per lei, 'bella nobildonna', ci auguriamo una ri-nascita, anzi una re-incarnazione. Se non potrà essere più ALA (Azienda Lavorazioni Agricole) ci si augura divenga un: ristorante, sala congressi, albergo, parco didattico... museo di archeologia industriale... altro.

Più di tutto si spera in tante scolaresche vivaci e sorridenti che possano entrare per meravigliarsi delle cose di 'Appena ieri' e - perché no? - sognare Mary Poppins che passeggia con l’ombrello e i bambini - come nel celebre film - sul comignolo fumigante, insieme a tutti coloro che si sentono ancora... protagonisti di una favola urbana.

Si ringraziano per le notizie storiche e le foto d’epoca: la signora Rita Di Giuliano e il signor Antonio D’Aurizio.
Foto di INES MONTANARO

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