Le domeniche, appena il sole lo permette, rimandano immediatamente al lungo mare, ai centri commerciali alla storica Histonium o a gite organizzate.
E francamente la âripetitio non iuvatâ specialmente se, per caso, si scopre un mondo così vicino, così insolito così sorprendente che ci catapulta in spazi infiniti di una polivalente vegetazione che si sprigiona da una varietà cosmica prettamente nostrana, capace di raccontarci senza parole, fatti, persone, luoghi, cose, e viaggi millenari della nostra terra dâAbruzzo, con il sorriso luminoso notturno di paesi circondari, come Petacciato, Mafalda, Lentella, Palmoli ed il rumore scrosciante del fiume Trigno schiacciato âglottologicamenteâ dal termineâ Trigninaâ, che oltre a significare laâstrada di aperturaâ, pone termine allâantica chiusura di vite umane nate, cresciute e finite nel vicino cimitero, senza conoscere altre abitudini ed altre sconvolgenti verità .
Ed è proprio lungo la Trignina nelle vicinanze di Lentella che si gira per intraprendere un percorso che dà inizio ad un viaggio che ci distacca completamente dalla normalità quotidiana e ci immerge in un variegato spazio di 24 ettari, di cui un oliveto di 6000 piante in fila per 60 e 80 unità su prati verdi e senza le zolle arate di una volta: Il Bosco degli Ulivi.
Canneti qua e là con i pennacchi , aspettano il cestaio che ne crea contenitori guarniti di âceppiâ pronti non solo a diventare scope, ma col nome arcaico di saggina, a scacciare le streghe malefiche che oggi hanno altro significato.
Su un fuori strada si percorrono comode vie , realizzate a posteriori che rendono visibile, a mò di una nostrana gita il campo di grano di Cappelli, dal nome dellâononimo senatore.
I boschi rimasti intatti e capaci di raccontare le fiabe abruzzesi e gli incontri che le grandi querce secolari parlano ai nostri studiosi antropologi con immaginaria visione.
Si può camminare, senza stancarsi, su viottoli dove piacevolmente ci si sbizzarrisce a cogliere rari fiorellini blu, che gli attempati, come me, ricordano col nome di âfiori della serpe â.
Il lunedì di Pasqua nellâattuale âBosco degli uliviâ, una volta si camminava con difficoltà , ci si doveva arrampicare e difficilmente, tra le âcosteâ e i cespugli ,si trovava uno spazio per apparecchiare il âmandiloâ di tessuto bianco su cui posare le saporite vivande rituali preparate, dal giorno prima e pupi cavalli e castelli pasquali impreziositi di uova lesse e di glassa bianca puntecchiata di colorati âsim samâ.
Da Lentella si scorgeva il bosco intricato, poco accessibile e terrorizzante, specialmente quando i briganti vi si rifugiavano senza temere visite.
Claudio Pracilio, meritatamente, può essere titolato di âdonâ e del suo primo nome anagrafico Vittoriano ; infatti il â donâ si attribuiva al prete e a chi si distingueva per âricchezzaâ, quando la ricchezza non significava âconto in bancaâ ma possedimenti terrieri, mai spartiti, nè venduti, ma trasmessi esclusivamente al primogenito, secondo il maggiorasco, con lo stesso titolo âdonâ, come si legge su qualche antico testamento.
Alla incantevole, variegata e pluricromata flora si aggiunge un sonoro ed orchestrale mondo ornitologico, il cui cinguettio stupisce lâorecchio ed intenerisce il cuore.
Lâupupa , che quasi in estinzione spesso la si vede sola e rara, nel bosco degli ulivi é in compagnia di tante amiche, che gareggiano per le loro sontuose e artistiche piume.
Una fontana, tipicamente tratturale ci ricorda che il posto di cui parliamo faceva parte di quel tragitto transumantico, dove a settembre i pastori riprendevano la direzione verso lo stesso mare ,che ,oggi, dal podere di Pracilo si può scorgere con tutti i paesi che ad esso si affacciano e che una volta aspettavano i pastori nello spazio antistante il santuario di San Cosimo e Damiano, protettore di Lentella, paese in cui nacquero e vissero i signori-padroni della storica famiglia Carile a cui apparteneva lâ odierno podere, di don Filippo Carile che ha sempre stimato ed apprezzato Claudio preferendolo così agli altri compratori.
Quando, durante le notti stellate don Filippo, dopo aver osservato i lavori dei suoi uomini âsocciâ che a vita restavano in quelle terre, sognava un futuro, non certo avrebbe mai pensato che non un suo discendente famigliare, ma un giovane sansalvese diplomato geometra ma collaudato agricoltore per passione acquisita dai suoi genitori, avrebbe esaudito il suo sogno; quello di non smembrare la sua grande proprietà diventata, tra lâaltro, fattoria didattica regionale, e agriturismo internazionale.
Claudio assecondando, inconsciamente, lâavanguardistica visione dellâantico proprietario che lo stimava, realizzò le sue vedute, continuando a produrre lâolio extravergine delle stesse olive, ma di maggior ed emancipata qualità biologica ed esportata anche allâestero.
La gastronomia destinata agli ospiti è rimasta tale e quale e i fagioli e i ceci vengono cucinati sulla brace del focolare nelle tipiche pignate di terracotta.
Come si usava fare durante la trebbiatura, gli gnocconi col raguâ di carne sono contenuti nelle rinomate tielle di ferro smaltato bianco.
Con la farina del grano Cappelli si impastano pizze e squadrate sagne col pomodoro di un profumatissimo di basilico.
Unico nel suo genere ma incredibile da immaginare ,il bosco degli ulivi , il cui nome ridimensiona la ricca tipologia, âplus dotataâ di quel ben di Dio che dà agli uomini tutto ciò che serve per vivere di vere emozioni nella natura che Rousseau riteneva âdepositaria di tutte le qualità positive e buoneâ e terapeutiche.