Il Giovedì Santo è il grande portale dâingresso al Triduo pasquale della morte, sepoltura e risurrezione di Gesù. La memoria rituale della cena del Signore fornisce la chiave per entrare nel Triduo, suggerendo come interpretarlo e viverlo.
Celebrando il memoriale del gesto che Gesù pone alla vigilia della sua passione, la consegna del pane e del vino, la liturgia ci introduce nellâatteggiamento stesso in cui Gesù è andato incontro alla sua morte, dandole un senso diverso, secondo la volontà del Padre e non secondo quella degli uomini.
I gesti e le parole rivelano il modo in cui Gesù ha accettato la sua morte e più ancora il significato che, nella sua libertà obbediente e nel suo amore radicale âfino alla fineâ (Gv 13,1), ha voluto conferirle. Se il racconto della passione racconta, quanto accadrà lungo la via della croce, il racconto della cena svela lâatteggiamento interiore con cui Gesù ha vissuto quel cammino.
Egli sa che è giunta lâora di passare da questo mondo al Padre, ma sa anche che il Padre ha posto tutto nelle sue mani. à consapevole degli avvenimenti tragici che si stanno profilando davanti a Lui, del destino che lo attende, di ciò che gli uomini, in primis uno degli apostoli, Giuda, stanno tramando contro di Lui; ma è altresì consapevole che tutto è stato messo dal Padre nelle sue mani: rimane dunque libero e Signore degli eventi.
Conosce la situazione, non è Lui a determinarla, sono altri a farlo; nello stesso tempo non la subisce. Negli eventi della passione sta per manifestarsi la volontà peccaminosa degli uomini; Gesù li vivrà per trasformarli in âluogoâ in cui si manifesterà totalmente lâamore misericordioso del Padre. Con i gesti che compie e le parole che pronuncia durante questa cena Gesù anticipa quello che sta per accadere e gli dona un significato nuovo e diverso attraverso la consegna di se stesso nellâamore, in obbedienza libera allâamore stesso del Padre che consegna il Figlio. Il suo è, infatti, un corpo dato per noi, un sangue versato per noi e per la nostra salvezza.
à utile richiamare alla memoria il âcomandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri; come io vi ho amatoâ (Gv 13,34), perché lâamore di Gesù giunge al suo compimento diventando questo âcomeâ. Celebrare lâEucaristia, quindi, significa accogliere il suo amore che diventa per noi un âcomeâ, un âmemorialeâ.
Tutto ciò è molto esigente e ci trova inadempienti, non allâalleanza del dono ricevuto, bensì allâincapacità di accoglierlo e lasciarlo fruttificare in pienezza nella nostra vita. Possiamo però vivere il nostro limite e la nostra debolezza nella consapevolezza che il Signore torna sempre di nuovo a donare la sua vita per noi, perché il suo amore si compia in noi trasformandoci in sua memoria vivente.
Ogni volta che celebriamo lâeucaristia, è come se una porta si aprisse per introdurci nel âsentireâ stesso con cui Gesù ha vissuto la sua Pasqua; dimorando in esso acconsentiamo che diventi il sentire stesso con cui vivere i nostri giorni, nella memoria grata e nellâattesa confidente del suo giorno.
Foto in copertina: quadro di un pittore contemporaneo Ulisse Sartini