Sia questâanno che il prossimo, nella liturgia della festa odierna di Cristo Re ascoltiamo dei brani tratti dalla passione (secondo Giovanni questâanno, secondo Luca il prossimo anno). Già la scelta dei seguenti brani ci dice quale spirito alimenti questa festa odierna che chiude lâanno liturgico.
Tuttavia, almeno noi comuni lettori dopo 60 anni di vita repubblicana non abbiamo più un rapporto quotidiano con qualunque tipo di re o regina. I pochi monarchi ancora in vita sono perlopiù oggetti di culto dei rotocalchi, in attesa di qualche matrimonio dâaltri tempi o dellâultimo scandalo a corte. Questa festa dunque, abbastanza recente (istituita nel 1925) sembra già essere fuori tempo. Se ci sfugge il contatto con la regalità , non ci sfugge però il nesso con ciò che esso comporta: il potere.
Nella scena odierna del Vangelo troviamo un incontro, lâennesimo incontro di Gesù con i personaggi più o meno noti che popolano il suo mondo; tuttavia, un incontro più sproporzionato non possiamo trovarlo. Da una parte il rappresentante dellâImpero, il governatore Ponzio Pilato, mandato in quella terra quasi per punizione, vista lâestrema litigiosità che la caratterizzava; dallâaltra Gesù, il figlio del falegname, presunto messia e re dei giudei. Il rappresentante del potere ufficiale incontra il rappresentante dei senza-potere.
Ciò che colpisce di Pilato è la capacità esclusiva di fare solo domande; Pilato è lâiniziatore e continuatore di quella lunga catena di persone che assillerà Nostro Signore di domande senza mai prendere alcuna posizione. Ricordato come colui che della morte di Gesù se ne lavò le mani, immortalato nella Professione di fede come colui sotto di cui il Signore patì (secondo il poeta P. Claudel in questo sarebbe consistito il sogno ammonitore di sua moglie, che tutte le generazione fino alla fine del mondo avrebbero ripetuto âPatì sotto Ponzio Pilatoâ), non vi saranno altri motivi per averne un ricordo positivo, se non una serie di occasioni mancate.
Dallâaltra parte però câè Gesù che a qualche ora dalla morte sceglie di essere chiaro con il rappresentante di Roma: âSi, io sono Re!â. Ma il suo regno non è di quaggiù, non è secondo le regole e le abitudini a cui ci hanno avvezzato. Il potere schiaccia, tende a dividere, opprime i dissidenti, vive di violenza e repressione: il re Gesù viene a âtestimoniare la verità â, che non ha bisogno di eserciti, schiere celesti e terrestri, ma consiste solo nel vivere il pieno abbandono alla fonte della Verità , il Padre.
La preghiera di colletta di oggi della messa odierna sintetizza bene lo spirito di questa festa: âServire è regnareâ. Questo significa che il regno di Cristo non è di quaggiù: risponde ad unâaltra logica, più alta, più impegnativa e qualche volta, diciamoci la verità , poco soddisfacente a livello umano. Gesù sa che questa testimonianza della verità e la pavidità di Pilato lo condurranno al trono meno ambito per un re, la croce; non si lascia spaventare, ma continua a passo spedito.
E anche noi, pellegrini del tempo, continuiamo la dolce via crucis del servizio che ci condurrà un giorno a ricevere dal re la corona regale che abbiamo già ricevuto il giorno del battesimo entrando nel corpo di Cristo. A differenza di Pilato, nelle difficoltà quotidiane di prendere una scelta, noi una scelta fondamentale lâabbiamo già presa: non una verità concettuale, ma una persona, Gesù.