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Parole d’Arte... l’Aquilone

L’installazione dell’architetto Roberto Tiberio

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L’Aquilone è l’installazione realizzata dall’architetto Roberto Tiberio per la villa comunale di San Salvo. Un’opera di arte contemporanea che con ogni probabilità possiamo definire come la prima opera di arte pubblica sansalvese.

L’arte pubblica è l’arte presentata e fruita attraverso il suo ingresso nel tessuto sociale e nella struttura urbana del città. L’obiettivo dell’arte pubblica è, da un lato, portare fuori dagli studi d’arte e dai musei la creatività e, dall’altro, caratterizzare e valorizzare l’ambiente cittadino nel quale viene inserita. Con l’arte pubblica, l’artista deve tener conto della situazione reale nella quale va ad intervenire sia attraverso un attento studio del contesto paesaggistico, territoriale e urbanistico, sia attraverso l’analisi del contesto sociale e delle contraddizioni prodotte dalla società. Di conseguenza, le opere sono appositamente pensate per il luogo di cui diventano parte e, per questo, non sono da esso staccate con un piedistallo.

L’aquilone, inserito nel più ampio contesto comunicativo rappresentato dalla villa comunale, nasce dall’idea della Porta dell’Aria. Aria intesa e interpretata in tutte le declinazioni dell’ispirazione. Da un’idea inizialmente dionisiaca del termine e quindi di aria immaginata come impulso vitale, movimento creativo e musica; il concetto si evolve, sempre a ricordare il moto circolare dello Spirito hegeliano già evocato dal percorso circolare progettato nella villa comunale, verso un’idea di aria più apollinea, ordinata e regolata da alti ideali. L’aquilone, infatti, si ispira agli alti valori della democrazia e della carta costituzionale. Interpreta la libertà nel suo senso più evoluto, come il risultato di un lungo percorso di ricerca e conoscenza, dove i quattro tronchi che sorreggono la struttura se da un lato la innalzano, dall’altro la radicano solidamente a terra: un’ideale, dunque, fatto proprio e posto a fondamenta della città.

L’installazione, inoltre, nella parte più alta diventa aquilone per ricontestualizzare l’opera nel luogo, il giardino pubblico, proprio dei bambini. Ma anche qui la scelta non è casuale, perché l’aquilone libero di volare e fluttuare nell’aria non si perderà grazie al filo, la ragione, al quale è solidamente fissato. La struttura nel suo insieme assume, infine, le sembianze di un albero per fondersi con ciò che lo circonda, ma nel suo aspetto più materiale, l’acciaio, non può che proiettarci nel futuro e tutto quanto verrà.

L’aquilone, però, non è il frutto di un artista ma è la realizzazione di un architetto, la cui attività mira sempre alla funzionalità dell’oggetto. Nasce così il progetto e la realizzazione di una cassa armonica, la parte dello strumento che svolge la funzione di aumentare l’intensità del suono, e si torna così a quell’idea iniziale di aria che nel pensiero già produce un suono più intenso.

La critica all’Aquilone dell'arch. Marco Cardini dell’Università di Firenze:

«Una struttura nel verde

Conosco l’amico Roberto Tiberio da tanti anni e ho avuto il piacere di collaborare con lui negli ormai lontani anni ’80, ma l’amicizia è rimasta costante fino ad oggi anche se i rapporti sono stati più epistolari che diretti.

Roberto è stato allievo e amico di mio padre, il prof. Domenico Cardini, un rapporto che è durato fino alla morte di Domenico e che ha inciso molto nel modus operandi dell’architetto Tiberio; egli fa parte, infatti, della generazione degli architetti fiorentini, non di nascita (è nato, vive e opera in Abruzzo) ma della generazione di architetti che negli anni ’60 e ’70 si è formata alla “scuola fiorentina” della facoltà di Architettura di Firenze una scuola che oggi molti critici dell’architettura non riconoscono come tale, ma alla quale, nel trentennio successivo all’ultima guerra mondiale, molti architetti della generazione di Tiberio si sono sentiti e si sentono di appartenere.

Il progetto del parco della villa comunale di San Salvo è un esempio significativo e qualificante delle radici culturali della “scuola fiorentina” alla quale Roberto non solo si ispira, ma che è intrinsecamente connaturata al suo modo di vivere e progettare l’architettura, così come lo sono sempre stati i suoi progetti dell’ultimo trentennio.

Anche nella bianca costruzione simbolica che si erge nel parco della villa la matrice razionalista è evidente considerando il razionalismo architettonico non uno stile bensì un atteggiamento dell’architetto rispetto al suo modo di operare nell’architettura in tutte le sue molteplici espressioni, nella ricerca vitruviana fondente le tre invarianti architettoniche (firmitas, venustas e utilitas) in un unicum. Un atteggiamento non di moda ma di onestà intellettuale solida, che trova espressione proprio nella costruzione di un simbolo che ci invita a volare alto, come l’aquilone appeso alla struttura trasparente che convive con gli alberi e dai quali si staglia anche con il colore della struttura tecnologica, il bianco, che è il colore della colomba, simbolo della pace».

Firenze 30 giugno 2004
Arch. Prof. Marco Cardini
Professore associato nella facoltà di Architettura di Firenze.

FOTO DI GIOMIX68

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