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Una luce di gioia irrompe nella nostra vita

Commento al vangelo di Natale

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Il popolo che camminava nelle tenebre ha avuto una grande luce, su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse” (Is 9,1).
Non possono esserci parole migliori per augurarci Santo Natale: Una luce di gioia e di salvezza irrompa nella nostra vita.

E’ quello che avviene nel Natale: una luce sfolgorante squarcia le tenebre. E’ la visione della grande luce si trasforma in grande gioia:” Vi annuncio una grande gioia che sarà di tutto il popolo” (Lc 2,10).

In tutto questo c’è una bellezza che rinvia allo splendore della creazione; per cui la luce del Natale di Cristo fa eco alla luce del Natale del mondo.
E’ il fulgore delle origini, quando la Parola di Dio fa sprigionare vita là dove la terra è informe e vuota, come un grande abisso di nulla.

Ogni anno, a Natale, ci sorprendiamo a constatare quanto bisogno di luce abbia il mondo, perennemente a rischio, in bilico sull’abisso, appunto perché l’umanità non accoglie e non fa posto come non ci fu posto per quella coppia in attesa nella notte di Betlemme.
“Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo. Venne fra i suoi e i suoi non l’hanno accolto” (Gv 1,9.11).
La meraviglia non sta nel rifiuto, che è avvenuto e continuamente avviene; piuttosto nella Sua venuta nonostante tutto, nello spazio che la luce trova per far rifulgere speranza e amore, anche là dove non c’è posto.

Il ripetersi del Natale, in questo senso, non è l’eterno ritorno di un antico mito dal sapore di fiaba; come qualcuno vorrebbe fosse e commercialmente si tenta di fare, invece è la vittoria sempre nuova dell’amore che salva, a fronte di una chiusura nella quale l’umanità rinchiude se stessa.
Ma da dove viene questa luminosità, capace di far fiorire una nuova creazione? “Troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia” (Lc 2,12).
Il mistero del Natale è tutto qui, in questo scarto tra la grandezza del dono e la piccolezza del segno che lo incarna, tra la sorprendente notizia di un cambiamento inimmaginabile e la fragilità di Colui che realizza ciò nella storia e nei cuori.

Il passaggio evangelico dalla luce che avvolge i pastori e il segno indicato loro dall’angelo è davvero sorprendente.
In una partitura musicale somiglia al passaggio dal fortissimo al pianissimo, in un quadro dal netto chiaroscuro alla sfumatura quasi impercettibile.

Ci vuole orecchio fine, occhio allenato per comprendere e gustare che stia in questo passaggio brusco -simile ad una conversione- la difficoltà di vivere davvero questa festa, sentita da tutti e compresa da pochi? “Andiamo fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere” (Lc 2,15).

E’ necessario un vero e proprio esodo verso l’inaspettato, per acquisire la trasparenza degli occhi interiori e modificare così il proprio modo di vedere.
L’evento del Natale, così come quello della Pasqua, diviene luce per noi e in noi, solamente quando ci avviene come ai discepoli che lo incontrano, anch’essi in cammino: “Allora si aprirono i loro occhi e lo riconobbero” (Lc 24,31).

E’ la medesima esperienza che Luca evangelista anticipa nei pastori: “E dopo averlo visto – cioè si aprirono i loro occhi – riferirono ciò che del bambino era stato detto loro” (Lc 2,17).

Il cammino della fede ci conduce all’incontro vivo con il Cristo, che non è né un’idea né un sentimento religioso.

Il Vangelo della Messa del giorno proclama infatti il centro dell’esperienza cristiana: “E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1,14)
Quel bambino è addirittura la carne di Dio, che si fa storia con noi e per noi; in Lui, la nostra carne di peccato viene trasfigurata in carne d’amore.

Santo Natale a te, alla tua famiglia e, Dio voglia, per tutta l’umanità.

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