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“Cosa vogliamo fare della marina?”

Suggerimenti a latere di una polemica da ombrellone

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Avevo promesso più di una volta che prima o poi su queste pagine mi sarei occupato della marina di San Salvo.

Ho esitato finora perché la mia irrinunciabile prudenza mi ha talvolta suggerito di lasciar perdere: “Con quali specifiche competenze ti metti a pontificare?”, “Con quale diritto fai il censore?”, “Con quali speranze continui a proporre?” mi suggeriva la mia coscienza critica.

Sono così passate alcune settimane di mia assenza dalla ribalta di sansalvo.net.

Poi, invece, quasi come si trattasse di una premeditata provocazione, proprio su queste stesse colonne mi è toccato di leggere l’ennesima, piccola, sterile polemica artatamente confezionata in vista delle ormai non lontane elezioni amministrative. Una polemica nata, penso, con il solo scopo di denigrare l’operato degli amministratori in carica.

Ancora una volta senza che, invece, una sola idea propositiva sia stata proposta.

Parlo del reportage fotografico sui parcheggi alla marina (vuoti, quasi vuoti, pieni, troppo pieni?). Personalmente li trovo quasi sempre molto affollati, specie nelle ore del pomeriggio, per non parlare delle giornate di sabato e domenica.

Ma non è di questo che desidero parlare.

Perché della marina, penso, si dovrebbe parlare a lungo e seriamente nell’ambizioso tentativo di elaborare un piano strategico di medio-lungo periodo.

Proprio così: un piano di lungo periodo! Uno di quelli che in genere non interessano ai candidati al governo di una città perché i lunghi tempi della loro realizzazione non pagano in termini di consenso elettorale: meglio, dal loro punto di vista, qualche realizzazione ad effetto e di immediato riscontro (meglio ancora se caratterizzato da ‘effetti speciali’), da poter sbandierare negli abituali proclami autoreferenziali.

Oltre che di medio-lungo periodo, però, il progetto che mi piacerebbe venisse elaborato (non importa da chi... meglio se coralmente) dovrebbe essere ‘strategico’, e cioè dovrebbe partire da una domanda semplicissima:

“Cosa vogliamo fare della marina?”

Se, come credo sia ormai indispensabile (dopo più di quarant’anni di ‘navigazione a vista’),  si decidesse di investire massicciamente sulla marina importanti risorse progettuali ed economiche con l’obiettivo di trasformarla in un polo di attrazione non solo estivo-balneare, un’altra domanda si imporrebbe, inderogabile:

“Può la ‘rinnovata’ marina di San Salvo diventare autonomo motore del suo sviluppo e, insieme, volano di rinnovata vitalità anche per San Salvo centro?”

Domande e progetti sicuramente impegnativi, anche molto. Ma non impossibili da superare se si guardasse alle problematiche connesse con obiettività, senza i quasi inevitabili condizionamenti da personali legami nostalgici e, più concretamente, senza personalismi di sorta. Ma, soprattutto, dando un occhio alla storia recente.

Mi riferisco agli ultimi cinquant’anni, quelli della esponenziale crescita demografica di San Salvo e delle abitazioni costruite di gran carriera e in assenza di una lungimirante e ‘strategica’ progettazione urbanistica (questo vale tanto per il centro, quanto per la marina).

Ma è della marina che avevo promesso di occuparmi e della marina in particolare mi occuperò. Con una precisazione doverosa: se il preesistente centro storico di San Salvo costituiva un vincolo per ogni possibile nuova progettazione urbanistica, nessun vincolo esisteva per l’intero territorio della marina, autentica ‘tabula rasa’, spazio ideale per disegnare e far nascere la più bella marina d’Italia, senza che fosse necessario abbattere un sola costruzione, senza dover rispettare vincoli di sorta... insomma una vera terra promessa per un qualsiasi studio di urbanistica degno del nome.

Al posto della più bella marina d’Italia, invece, ci è toccato in sorte un anonimo aggregato di palazzoni assai simile alla periferia di una qualsiasi grande città. Un’anonima periferia dove ancora oggi si continua a costruire in verticale, ignorando ogni qualsiasi contestualizzazione di ispirazione turistica, dove perfino un invidiabile lungomare boccheggia (assolato e deserto) nell’inedia di una sconsolante, prevalente destinazione ad area di parcheggio. Come poteva pensare colui che ha autorizzato tale scempio che quel lungomare potesse diventare attrattivo per chi (oltre che cercarvi un parcheggio) volesse passeggiarvi, possibilmente all’ombra di giorno e con una adeguata illuminazione di sera, e magari distrarsi guardando un po’ di vetrine? Probabilmente, o forse anche semplicemente, non deve proprio averci pensato.

Dice: “Sì, ma poi fuori stagione che farebbero i negozi e le altre attività eventualmente dislocate su quel territorio?”

La risposta (semplice) è già scritta nella mia premessa, in quel progetto strategico di cui parlavo prima: basterebbe non guardare alla marina come a un luogo ‘finto e provvisorio’, inventato solo per far baloccare la truppa estiva dei bagnanti; e cioè pensare alla marina come a una vera cittadina, viva e vitale per l’intero periodo dell’anno, dotata di tutti i servizi di una vera cittadina di ventimila abitanti (a cominciare da trasporti pubblici continui ed efficienti), capace di ospitarne altrettanti in determinati periodi dell’anno (e non solo d’estate, se si inventassero ulteriori occasioni per attirarli).

Potrà sembrare una provocazione o un paradosso: ma l’eventuale trasformazione della marina in una vera e propria città, potrebbe essere anche la soluzione (invano ricercata) per tantissimi dei problemi di un centro storico di quattromila abitanti, rivelatosi improvvisamente inadeguato alle esigenze di una popolazione quintuplicatasi in fretta. Inadeguato per viabilità, per spazi pubblici, per offerta commerciale, per trasporti pubblici...

Pensate se il baricentro della città si trasferisse alla marina, a cominciare (per esempio) dagli uffici comunali, ma non solo. Che respiro! E pensate, di conseguenza, a un centro storico animato da botteghe artigiane, ristoranti, locali con accoglienti dehors. Un centro storico, insomma, riconquistato alle passeggiate di cittadini non più obbligati a muoversi in auto perché in centro si può arrivare anche in autobus; un centro storico meta dei turisti balneari che (anche incoraggiati da un servizio di trasporti pubblici efficienti, con corse ogni 10/15 minuti) salgono a curiosare tra le botteghe, a bere qualcosa all’ombra dei pini della villa comunale, alla ricerca di tracce di storia e tradizioni nel museo, nelle stanze della memoria...

Che poi sarebbe anche la risposta concreta a un altro interrogativo irrisolto: la ‘rivitalizzazione’ del centro di cui tanto si chiacchiera. Si è mai pensato a incentivi veri per la promozione e la nascita di nuove attività in centro? Non è certo incoraggiando la sosta breve che arriveranno clienti per le pochissime attività ora esistenti in centro. Gli acquisti si fanno più volentieri camminando a piedi per vie animate da vetrine attraenti e piene di offerte personalizzate. Fatevelo dire da chi vive in città con chilometri e chilometri di zona pedonale. Di recente l’hanno capito perfino a Termoli, con buona pace di chi s’era addirittura incatenato ad un lampione per protestare contro l’ipotizzata creazione di una Zona a Traffico Limitato.

          “Certo” mi si dirà “a parole è tutto facile”. Sicuramente rispondo. Però, se nemmeno se ne parla, le cose non cambieranno mai, tanto per dar ragione ad altre considerazioni che (quanto mi costa dovermi autocitare!) ho già espresso su queste stesse colonne.

Ne ricordo qualcuna: Rassegnazione, Mancanza di identità (senso di appartenenza), Può l’oro diventare piombo?, L’incompiutezza...

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