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Matteo Locci, in arte "Gesuino Némus", rinato grazie a un romanzo

Storie di vita

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Uno degli ospiti dell’estate sansalvese è stato Matteo Locci definito da Virginio Di Pierro come un personaggio straordinario che è allo stesso tempo geniale, genuino e con lo spirito di un fanciullo. È come un fiume in piena per esperienze e cultura.

Matteo Locci è nato in Sardegna in un piccolo paese dell’Ogliastra, venuto alla ribalta grazie al premio Bancarella 2016 con il suo primo romanzo “La teologia del cinghiale”. Con questo romanzo ha anche vinto il Master di editoria e il Premio John Fante ed è risultato tra i quattro finalisti del premio letterario Raffaele Artese 2016 di San Salvo.

Locci in questo suo primo romanzo ha usato l’ “eteronimo”Gesuino Némus. Nemus vuol dire nessuno in sardo e gli venne in mente quando a 12 anni rappresentò l'Eneide con il teatro parrocchiale. Egli interpretò Ulisse e quasi tutti gli altri personaggi visto che gli attori erano solo due.

Ha cominciato a leggere a sei anni e non ha mai smesso ma il suo primo romanzo, “La teologia del cinghiale”,  l’ha scritto a 57 anni in una fase della propria vita “dolorosa e furiosa” in cui si sentiva davvero “nessuno” anche se la prima pagina l’ha scritta il 14 maggio del 1970, in un istituto religioso.  

Ultimo di sei figli di una famiglia poverissima, negli anni ’70 a sedici anni è andato fuori di casa e si è trasferito a Milano che all’epoca “era come Londra dove tutto era possibile e dove succedeva tutto”.

Ha lavorato duramente fin dall’infanzia e nella vita fino ad oggi ha svolto 28 lavori. Il lavoro nei campi, le fabbriche di Milano, le cooperative di facchinaggio e scarico merci nei supermercati, ma anche la correzione delle bozze nelle case editrici, le agenzie pubblicitarie, i palcoscenici teatrali e televisivi, speaker radiofonico, addetto al catering, magazziniere,… l’ultimo dei lavori 120 articoli a settimana per 480 euro al mese. Ha conosciuto anche lo spettro della disoccupazione in tarda età quella in cui “non ti vuole nessuno”.

E proprio in questo momento della sua vita, come la “Fenice”, Matteo Locci, in arte Gesuino Némus, è rinato grazie al suo primo romanzo “La teologia del cinghiale”.

In tutta la sua vita suo fedelissimo compagno di viaggio in ogni dove, è stata la lettura. “La lettura ha davvero avuto un potere terapeutico per me. Non c’è stato un momento della mia vita senza lettura. È stata la lettura a rendermi umano”.

Matteo Locci è l’estrema sintesi di un uomo con un bagaglio di esperienze, cultura e sensibilità davvero fuori dal comune.

“Non buttate via niente. Create il caos dentro di voi. Molte cose nascono attraverso errori, casualità. Ho lavorato tutta la vita per il piacere di poter parlare, di potermi istruire. Il mio babbo diceva: nella vita la miseria è brutta, ma un povero ignorante ha qualche cosa di tragico”.

Foto di Antonino Vicoli

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