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L'anniversario: Gli occhi ridenti e fuggitivi del “Dolce Stil Novo” di Italia

Un toccante ricordo della professoressa Angiolina Balduzzi

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Non è un caso che, entrando la primavera, Italia Di Iorio sia stata chiamata in paradiso come custode di giardini infiniti di fiori e piante che lei tanto amava ed accarezzava con le sue attenzioni ogni giorno…ed ogni anno, a primavera, tutte le persone che la conoscevano festeggiano religiosamente il suo compleanno col cielo celeste come la sua visione esistenziale, come la sua fede in Dio, come la sua coroncina del rosario, lasciatele in eredità dalla madre Virginia malata e dal suo papà caduto in guerra che la lasciarono orfana per sempre quando lei era ancora piccola. Italia rimase sempre “celestiale” per la sua dolce indole che pilotava ogni momento, ogni fase della sua intensa vita, illuminata dal sole delle sue campagne dove, non da padrona qual era ma da amica collaboratrice dei suoi contadini, li accoglieva sempre come se ci si trovasse in un’unica famiglia. Gli alberi secolari che le davano frescura durante l’estate ricordano continuamente i suoi sogni sempre avverati, i suoi dolori sempre ammortizzati, la sua fede che oggi la vede forte e battagliera mentre si rivolge ai suoi santi con grande e meritata tranquillità. Dalle verande del paradiso, ogni mattina, circondata dalla madre superiora Maria Lorenza e le altre suore che l’accudirono durante la fanciullezza nel collegio di Termoli, da dove lei vedeva partire e tornare i pescatori, Italia, dal sorgere del sole inizia ad osservarci, a guidarci con la stessa delicatezza d’animo che mai l’abbandonò verso il bello, il buono e il vero, insieme ai suoi amatissimi nonni Nicola e Verzia che sostituirono con un grandissimo amore quello dei suoi genitori, proseguito con la stessa intensità da Claudina e Domenico che suoceri erano solo di nome e non di quella intensità affettiva che è  tanto rara al giorno d’oggi. I suoi occhi sono rimasti ridenti e fuggitivi, gli stessi che tanto fecero innamorare il suo maestro del cuore Nicolino Cilli. Una fortuna affettiva ed economica, forse agevolata dai suoi santi protettori e dalla Madonna delle Grazie di Monteodorisio, quella dei suoi zii Cristina e Giuseppe, che l’hanno guidata passo passo con tutto l’amore che può dare chi non ha figli e che, tanto felicemente dona tutti i suoi averi in cambio di rispetto e del bene che Italia ha contraccambiato fino alla fine dei loro giorni, con una delicatezza affettiva che ognuno vorrebbe ricevere…ed oltre la vita, dal momento che la cara Italia continuò a dimostrare la sua vicinanza non lasciandoli mai senza quel lume acceso e quei fiori freschi che, quotidianamente nella cappella del cimitero, non spezzava il loro legame. D’altra parte, Italia, con il culto dell’aldilà ha sempre avuto un rapporto vivo e intenso, specialmente da quando il suo primo bambino Domenico volò in cielo dopo soli 15 giorni, perché richiamato in paradiso per unirsi agli altri bellissimi angioletti che Italia sicuramente ha raggiunto. Ma la stella polare resta Claudio a far risplendere vistosamente tutte le doti, i pregi, la nobiltà d’animo e la gentilezza che la sua mamma gli leggeva con i versi del “Dolce Stil Novo” e la visione ottimistica che i suoi racconti non camuffavano con una frivola concezione esistenziale lontana dalla realtà che Claudio ha imparato con esperienze concrete e non evanescenti e con la passione per la cultura eclettica senza schemi né limiti con le basi filosofiche e scientifiche, senza rigettare il fantastico che richiama quel castello di Monteodorisio che concretizzava le favole belle della mamma.

 

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