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Giuseppe: “Io e la musica ci siamo scelti, una vocazione che trascendeva il mio volere”

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Giuseppe D’Alessandro è un sansalvese, cresciuto anche con le note del nonno Leone Balduzzi "Sant' Salve Bell ", che si sta facendo strada nel mondo con la sua grande passione per la musica grazie al quale ha coniato un nuovo genere musicale, il “jazzy”.

Come ti sei appassionato alla musica?

A 18 anni mi sono trasferito da San Salvo a Milano, era il ’96, per frequentare il corso di laurea in Giurisprudenza all’università Cattolica del Sacro Cuore. Lungo il percorso, a pochi esami dalla laurea, ho deciso però di cambiare rotta e seguire la mia passione, la musica. Io e la musica ci siamo scelti, è stata una sorta di vocazione che trascendeva il mio volere. I primi anni sono stati duri, senza nessun sostegno ma con la necessità interiore di esprimere e tradurre una mia visione del mondo dei suoni. Non potendomi permettere una scuola specializzata, passavo ore a studiare e ad assorbire nozioni nelle case dei miei amici che seguivano un percorso scolastico che avrei voluto fare io, dall’ingegneria del suono al montaggio video. La mia formazione è quindi da autodidatta appassionato, e che ora paradossalmente mi viene riconosciuta anche nell’insegnamento (sono docente di Marketing e Music Culture da 5 anni nella scuola per dj e produttori Re.creative di Milano).

Quando e come è nato il Jazzy?

Nel 2009, dopo le mie prime uscite discografiche e più di 10 anni di DJing ho deciso di aprire una mia Label, Apparel Music ­ www.apparelmusic.com ­  coniando un nuovo genere musicale, il jazzy, inteso come libera espressione della musica elettronica, applicando le regole del jazz, che è virtuosismo incondizionato da classiche e classificazioni e facendo interagire gli strumenti analogici con quelli digitali. Inoltre l’impronta di Apparel Music è ben caratterizzata dalla fusione tra musica e arte, cosa ben visibile nella ricerca grafica delle copertine e dei video. In pochi anni ho avuto l’opportunità di pubblicare centinaia di brani, sacrificando ogni mia risorsa per sorreggere i continui investimenti necessari per rimanere a galla, licenziando per di più il mio marchio ad una società inglese, senza poter vedere riconosciuto il mio lavoro.

La gavetta fino a quando è durata?

Negli ultimi anni sono arrivati i primi risultati: ho iniziato a curare come projectmanager anche di altre case discografiche, come la the dub di Claudio Coccoluto, continuando ad esibirmi come DJ e intrecciando collaborazioni su collaborazioni in tutto il mondo. Due anni fa ho avuto una piccola parentesi nell’aiutare un’artista olandese ad aprire Quartet Series. Quella è stata anche un’altra spinta per andare a collaborare con il mondo dell’arte, del fumetto e della grafica, un campo che si è subito fuso molto bene con quello che facevo, con la mia label, e che in un certo senso è uno degli aspetti che contraddistingue la nostra casa discografica. Nel 2017 ho aperto anche una nuova sublabel dal nome Apparel Tronic con Ludovico Schilling per seguire panorami musicali più sperimentali. Un anno fa ho creato una ghost collective di producers e musicisti che realizzano musica sotto un unico nome, Apparel Wax, che non è un etichetta ma un collettivo di artisti fantasma, ampliando il discorso musicale anche ad altre sonorità come la nu­disco e l’house music.

Qual è il tuo sogno?

Innanzitutto organizzare un tour mondiale di Apparel Wax. Ho capito che l’unica soluzione per portare avanti la mia idea è quella di mettere in secondo piano l’artista e ho creato quindi un collettivo fantasma, una quindicina di persone in tutto il mondo che amano vedere celebrati e suonati i loro vinili senza che si sappia che sono stati loro a farlo. Considera che questi artisti sono referenti per il collettivo nel Paese in cui vivono. L’idea è quella di proporre una formazione che si adatti alle esigenze. Economicamente, poi, consente di abbattere i costi perché è un collettivo totalmente globale. Siamo tutti imperfetti e soprattutto tutti sotto lo stesso cielo, che la competizione non serve. C’è una frase di mia moglie, una scrittrice (Tatiana Carelli, autrice di Discocaine, ndI), che dice che la naturalità è l’evoluzione dell’eccesso. Per questo uno dei principi fondamentali di Apparel Wax non sta nel celebrare l’autore bensì nel celebrare l’intuito che qualcuno ha nel trasmettere felicità, unire le persone. Ma il mio sogno è quello di continuare a vivere di musica e creatività, e di permettere agli altri di esprimere i loro sogni artistici.

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