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"Grazie papà perchè esisti e resisti. Ti voglio un gran bene!"

Lettera di una figlia al papà che compie 88 anni

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E sono 88!

Mamma mi raccontava che avevo quasi due anni quando abbandonasti la nostra grande casa gialla in collina, tra Loreto Aprutino e Pianella, per venire a lavorare qui nell'infermeria della grande industria del vetro, e che mi attaccai alle tue gambe e mi trascinai per diversi metri urlando e dimenandomi disperata finché non riuscisti a partire.

Ricordo poco di quegli anni, la grande cucina, l'enorme noce dietro casa, le mele cotogne, il pozzo, gli ulivi, la collina dei nonni, dei cugini e delle zie, il nervosismo di mamma, le tue lettere che ogni tanto riceveva e la illuminavano.

So che alloggiasti presso l'albergo Boschetti per quasi due anni finché non ti raggiungemmo tutti nell'appartamentino di via De Vito.

Rammento vagamente quel primo trasloco, lo zio Remo che sistemava le lampadine, la signora Lina al piano di sotto, Aurelio Tonino Flora Candida Leda Assunta e poi Rita e la nascita in diretta di Silvia, Renato il postino e sua moglie Lucia, le loro bellissime figlie, il filo del telefono che dividevamo tra le nostre due case. Il mercato del giovedì proprio sotto il balcone, l'ufficio postale, Mastro Rosario, D'Adamo il "portogallaro".

I miei primi amici, Stefania, Andrea, Antonietta, Domenichella, Gina, Giancarlo, Piero, in quell'incrocio di due strade, via De Vito e il corso, e qualche anno più avanti, percorrendo solo poche centinaia di metri, tutta la giovane comunità di San Nicola e di don Piero (la prima gita con l'autobus che prese fuoco e tutti voi genitori che ci attendevate attoniti in piazza, un altro ricordo non sbiadito dal tempo).

Dopo i turni del lavoro di 10-12 ore, facevi il giro del paese per le iniezioni a domicilio e io ti accompagnavo felicissima di essere la tua assistente, le siringhe da bollire e le tante volte, troppe, che non ti facevi pagare, la prima forma di volontariato che ho conosciuto.

E arrivavano in dono cassette di frutta, di verdura, primizie di tutti i tipi, vini, formaggi e salumi da questi pazienti che hanno sempre ricambiato la tua disponibilità, forse perché amore chiama amore e la generosità ne genera altra.
E tu mi hai insegnato che la povertà è un abito che si può indossare anche con estrema dignità.

Il colera nel '73, e le vaccinazioni di massa nell'androne del Municipio, sempre al tuo fianco, tu instancabile e io indomita, le code interminabili di concittadini.

Tante vicissitudini fin qui e tu sempre presente, sempre accogliente, sempre disponibile al dialogo, al perdono, all'ascolto, al rimprovero giusto e severo quando occorreva, all'uso della parola rispetto alle "botte" così tanto di moda all'epoca. (Le ho prese tre volte da te, e le ricordo ancora)

Un genitore degno del suo ruolo c'è sempre, non chiude mai la porta, rassicura, non fa mancare mai il proprio appoggio morale materiale e spirituale, l'incoraggiamento, lo sprone, il rispetto e la presenza silenziosi.

Sei stato e sei un grande, grandissimo papà, che cerca di tenersi su e di tenere su con sé anche figlia e nipoti, dopo lo tsunami dell'ultimo anno.

L'ottimo genitore e il nonno fantastico, il marito devoto, il lavoratore instancabile, il poeta fantasioso, mi hai offerto tanti esempi, tanti modi d'essere contrassegnati tutti da tanta etica.

Davvero posso dire anch'io, senza timore di smentita, come nei versi famosi di Sbarbaro, che "Padre, se anche tu non fossi il mio padre, se anche fossi a me un estraneo per te stesso egualmente t'amerei."

Un piccolissimo regalo, oggi, due lettere, una che ti scrisse mamma nel '69, quando io e lei eravamo a Palombaro per guarire le sue febbri (la mia prima vacanza in montagna) e un'altra di nonno, nel '77, conservate fin qui con molto pudore.

Tanti auguri, papà, grazie perchè esisti e resisti.

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