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D’Alessandro: “Ho sempre avuto la sensazione di essere osservato dall’alto”

Il racconto della vocazione di uno dei 10 seminaristi presenti a San Salvo in questi giorni

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In questi giorni le tre parrocchie di San Salvo sono arricchite dalla presenza di dieci seminaristi provenienti da diversi paesi di Abruzzo e Molise. Quattro seguono la vita parrocchiale di don Raimondo Artese, quattro  don Beniamino Di Renzo e altri due don Mario Pagan. Di seguito il racconto della vocazione di Pieralbert D’Alessandro un giovane di Fresagrandinaria nato il 20 giugno del 1991.

Prima di arrivare in seminario chi era Pieralbert?

Sono il secondo di due figli: ho una sorella più grande sposata e con due bambini. Provengo da una famiglia semplice che mi ha trasmesso i valori di una vita cristiana. Già dai 5/6 anni frequentavo la parrocchia ed ero intorno all’altare come ministrante e se a quell’età mi chiedevano che cosa vuoi fare da grande, io rispondevo “il prete”. Ma quella era l’età dell’innocenza dopo è arrivata la fase in cui erano gli altri che mi vedevano in questa veste ma la cosa mi infastidiva un sacco.  E ovviamente come succede a una buona fetta di adolescenti è arrivata l’età che io chiamo del “booh, e che ne so cosa fare della mia vita”. Mi ponevo le domande esistenziali sulla vita: perché esistiamo, perché la vita e la morte, sull'esistenza di Dio. Al commerciale andavo bene in tutte le materie ma prediligevo l’ora di religione perché mi affascinava il modo in cui la professoressa spiegava una verità che sentivo che mi appartenesse. Dopo il diploma sono arrivato a un altro bivio della mia vita e “ora cosa faccio? Alla fine mi sono iscritto alla facoltà di Economia. Sembrava che tutto andava bene riuscivo a studiare e dare gli esami senza nessunissimo problema anzi.

La vocazione e la consapevolezza di voler diventare un sacerdote quando e come sono arrivate?

Col senno di poi e guardando tanti segni della mia vita è come se l’avessi sempre avuto perché in ogni momento della mia vita, anche in quelli del “booh” avevo la sensazione costante di essere osservato dall’alto. Quando ero bambino e fino a quando non ho cominciato le medie spesso servivo messa. Negli anni avvenire mi sono uniformato al pensiero comune che la chiesa era fatta per le donne, i bambini e gli anziani. Intorno ai 17/18 anni nel mio paese c’è stato il cambio del parroco ed è arrivato don Luca Corazzari, l’attuale vicerettore del seminario. Non so se ebbe occhio clinico o fu ispirazione dello Spirito Santo ma un giorno quasi mi "costrinse" a tornare all'altare come ministrante, nonostante mi accompagnava un lieve  imbarazzo. Dopo quella prima volta ricominciai a servire messa. Prima di iniziare l’università partecipai a un pellegrinaggio a Medjugorie. Un sacerdote in confessione mi disse: “non hai mai pensato di diventare sacerdote?”. Mi inquietò, in quanto avvertii il peso di quanto mi proponeva. Proseguii con i miei progetti di vita. Nel nostro paese il lunedì dopo la Pentecoste c’è la tradizione di andare in pellegrinaggio alla Madonna Grande di Nuova Cliternia, frazione di Campomarino. In una di quelle occasioni don Luca mi disse: “Che ne pensi di entrare in seminario”. E io “alle 4.30 del mattino come ti viene in mente di dire una cosa del genere!”. Mi voltai e me ne andai! Dopo 9 mesi di università sentii dentro di me il più totale disinteresse per ciò che stavo facendo. Un giorno mentre stavo rimettendo a posto i libri mi capitò tra le mani un vangelo e lo sfogliai distrattamente per vedere se ci avevo lasciato qualcosa dentro. Mi cadde l’occhio sul passo della chiamata degli apostoli Luca 6, 12-19. E da quel momento ho deciso di dare ascolto a quella voce che in qualche modo cercavo sempre di insabbiare quella mia chiamata. La sera stessa cercavo di addolcire la pillola alla mia famiglia dicendo che volevo cambiare facoltà e intraprendere gli studi teologici. Dopo l'effetto sorpresa, la famiglia ha accolto questo mio desiderio raccomandandomi di portare a termine con serietà e responsabilità quanto stavo intraprendendo. 

Com’è la vita del seminario?

Bella. Siamo tutti, formatori e seminaristi, camminiamo insieme verso un'unica direzione. È un luogo dove si coltiva l’amicizia ed è come un motore di amore e di fede. È un po’ la porta stretta di cui parla Gesù. Nel 2019 a Dio piacendo diventerò sacerdote.

I sacerdoti di riferimento della tua vita quali sono stati?

Sicuramente un po’ tutti quelli che ho incontrato soprattutto in parrocchia. A Cominciare da don Giuseppe Vitacolonna, un uomo umile e di preghiera, don Luca Corazzari e in questi ultimi anni, terminando questo cammino di formazione verso il ministero sacerdotale, tra le varie figure sacerdotale protagoniste, che si sono avvicendati nella mia storia di Fede e vocazionale non posso dimenticarmi del mio attuale parroco don Simone Calabria (originario della parrocchia di San Nicola in San Salvo) che con la sua Fratellanza e bontà disarmante sta accompagnando questi miei ultimi passi!

Che tipo di sacerdote ti piacerebbe essere?

Un prete che “sta” e “sa stare” come lo è stata Maria, la madre di Gesù ai piedi della croce. Divenire un sacerdote credibile che sta tra la folla come faceva Gesù. Essere un uomo di carità e divenire un punto di riferimento per gli altri.

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