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"Uno strano seminatore"

Commento al vangelo del nuovo sacerdote di San Nicola, don Beniamino Di Renzo

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(Mt 13, 1-23)

Rileggendo il testo evangelico di questa domenica ho cercato di immaginare la scena che esso descrive: Gesù sulla barca che parla alla folla raccolta sulla riva. Una folla che lo segue perché è affascinata dalla sua persona e dalla sua parola, uomini e donne che portano in sé l’ardente aspettativa (Rm 8,19) di ricevere una risposta sensata alle loro domande esistenziali o, più superficialmente, solo di vedere i segni compiuti dal Rabbì di Nazareth.

E Gesù inizia a parlare, anzi, come dice il testo: «parlò loro di molte cose con parabole» (Mt 13,3). Il Signore apre il suo cuore e riversa sui suoi ascoltatori il tesoro del Dio che si fa conoscere esplicitamente alle sue creature. Chissà di quante cose ha parlato Gesù; l’evangelista però si sofferma particolarmente sulla parabola del Seminatore: credo che abbia catturato particolarmente la sua attenzione e il suo ricordo.

In Gesù, quindi, il Creatore parla un linguaggio umano per fare in modo che il “seme” della Sua Parola di vita e di senso possa germogliare e portare frutto nella vita di chi lo riceve. Nella sua piccolezza ed umiltà, esso racchiude in sé un’intera potenza vitale. È questo germe che il Divin Seminatore getta continuamente, a piene mani, nel campo della tua vita e della mia. Ad una logica umana di produttività, tuttavia, il comportamento di questo “agricoltore” potrebbe sembrare piuttosto bizzarro: che senso ha gettare il seme sulla strada, sul terreno sassoso e in mezzo ai rovi? Le cause di questo strano modo di lavorare si potrebbero ravvisare nella distrazione del contadino, nel suo essere maldestro, oppure nella sua sorprendente generosità.

Riflettendoci, le singole varietà di terreno descritte da Gesù non possono essere comprese come fossero solo diverse tipologie di persone. Diciamo invece che lungo il percorso della mia vita e della tua, possiamo ritrovarci in queste varie esperienze: spesso le prove che vengono dal Maligno, di cui sentiamo il peso o nelle quali a volte cadiamo, ci impediscono di accogliere l’annuncio della Salvezza. In altre occasioni le mie e le tue aridità di cuore e di fede ci rendono incostanti nei nostri programmi di conversione. Inoltre, può capitare a te come a me di fare esperienza delle spine, coltivate dalle varie preoccupazioni che arrivano a sottrarci sempre più tempo ed energie, che ci rendono nervosi o distratti nei confronti di Dio che chiama ed ama. Eppure il Signore dona a te e a me anche la grazia di fare l’esperienza del terreno buono ogni volta che riusciamo a far fruttificare la Parola di Salvezza ascoltata ed accolta, divenendo strumento del Suo amore e della Sua misericordia nella quotidianità che viviamo.

È così che davanti ai tanti casi di infruttuosità, l’instancabile azione del seminatore ci conforta: Gesù è stato chiamato amico dei peccatori e ha dimostrato che anche il terreno più infruttuoso può diventare buono. Lui sa curare la mia e la tua durezza di cuore, la distrazione o l’indifferenza. Questa cura è espressa soprattutto nella Celebrazione Eucaristica: è là che Cristo si dona come Parola che spezza sordità da cui siamo afflitti e come Pane che sazia la fame da cui siamo attanagliati.

L’Eucaristia inoltre ci richiama all’attenzione nel considerare gli eventi che accadono nella nostra vita; infatti alla pioggia e alla neve (cf. Is 55, 10) non sempre siamo capaci di dare connotazioni positive: la pioggia ad esempio può rovinare il programma di un giorno di festa o di vacanza, la neve d’altro canto, pur nel suo candore, è fredda e può creare svariati danni. Tuttavia tanto la pioggia quanto la neve portano irrigazione e fecondità al terreno, senza di essi i campi rischierebbero di essere aridi, sitibondi e sterili. È proprio di chi ha il coraggio di fermarsi un po’per vivere “il tempo di una messa”, di chi sosta nel mistero eucaristico per ascoltare e riflettere, così da rinnovare a Dio la sua fiducia, essere disposti nel ricominciare ogni giorno a percorrere un cammino di Salvezza. Un processo di dissodamento, di aratura, di estirpazione dei rovi che, insieme alla pioggia e alla neve possano costituire, in te e in me, il terreno buono che porta frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno (Mt, 13, 23).  

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