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“Come il Padre ha amato me anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”

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Carissimi amici,

la Sacra Scrittura della Liturgia di questa VI domenica di Pasqua, ci presenta un ulteriore aspetto della nostra relazione con il Signore. Abbiamo avuto, nelle domeniche passate, alcuni esempi di come il Signore ci ami: l'esempio del pastore con le pecore, l'esempio dell'agricoltore con la vite.... Oggi il Signore ci offre non solo la misura del modo in cui ci ama ma anche di come si può vivere la relazione di amore con Lui. Infatti, il Signore più volte, nel Vangelo di oggi (che è tratto dalle parole che Gesù pronunciate durante l'ultima cena, quindi il discorso "dell' Addio"), più volte chiama i discepoli "amici" e li sprona a rimanere nel suo amore. 

Dice “come il Padre ha amato me anche io ho amato voi. Rimanete nel mio amore”. E più volte usa il termine “rimanere”: “Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore… come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”. Quindi che cosa significa “rimanere nell'amore"? Sicuramente, il rimanere nell'amore indica una relazione profonda, proprio perché, spesso la vita ci può portare vivere i nostri rapporti come se fossero altalenanti,  e questo non solo nelle relazioni con Dio ma anche nelle relazioni con gli altri. “Vi ho chiamati amici, non vi chiamo più servi”- ci dice Gesù - "perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi”; e ciò che ci fa conoscere è proprio questo amore nel quale ci invita a rimanere.
Sicuramente un modo per rimanere nell'amore del Signore è fidarsi di Lui: fidarsi di Lui in quelle strade che ci fa percorrere. Vi ricordate l’esempio di due domeniche fa delle pecore, fidarsi di Lui in quelle strade che è difficile percorrere, quelle della nostra vita, quelle che ci sono scomode. Fidarsi di Lui quando, come l'agricoltore, si viene potati ma tanto il pastore quanto ci fa passare per strade scomode e, quanto l’agricoltore nel momento in cui ci pota, il Signore sta riversando verso di noi una cura particolare che prevede forse in quel momento anche dei segni più "duri". 
In questo modo di fare ecco che rimanere nell’amore di Dio vuol dire fidarsi di Lui e non utilizzarlo solamente per i nostri comodi, perché "rimanere" vuol dire una certa stabilità. Una cosa che "sta lì"... Quando dico "sta lì" non intendo "accantonato", ma "rimanere" vuol dire che "sta alla base". 
Ma se invece il nostro rapporto con il Signore è legato a situazioni di convenienza come, abbiamo detto anche altre volte, “mi devi risolvere questo problema per il resto non mi interessa” oppure “Signore io ti prego quando ne ho voglia, quando me la sento”.

Sapete quante volte, parlando con le persone mi viene detto “Ah! don Beniamino io magari alla messa non ci vengo però quando me la sento entro in chiesa a pregare”. Eh bene. Che cosa stiamo facendo in quel caso? Stiamo dando a Dio l’obbligo di adeguarsi ai nostri ritmi. Perché se io vivo la mia relazione con Dio solo quando "me la sento", non sto "rimanendo". Il Signore ci dice “Vi ho chiamato amici ma siete miei amici se fate ciò che io vi comando”: ma non come ripicca, come fanno i bambini “sei amico mio se giochi con me al gioco che piace a me”. Non è questo il modo con cui il Signore ci invita a rimanere con Lui ma “siete miei amici cioè se fate in modo che le mie parole vivano in voi”. È così che si rimane in un rapporto di stabilità. Invece nel momento in cui “io obbligo Dio” a seguire i miei ritmi, sto facendo esattamente il contrario di quello che il Signore mi chiede oggi.

E poi è bellissima la frase che dice Gesù nel Vangelo di Giovanni e che l'evangelista Giovanni vince in parole simili anche nella lettera che abbiamo ascoltato nella sua prima lettera “non voi avete scelto ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto”. 
Noi portiamo frutto anche e soprattutto quando veniamo potati perché una pianta potata porta più frutto. E allora “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi”. Alcune volte crediamo di essere noi a scegliere Dio ma è Dio che già mi ha scelto e ti ha scelto nel momento in cui ha pensato alla tua vita. E il Signore ha pensato alla nostra vita, a quella mia e a quella tua cioè di ognuno di noi, dall’eternità. Quindi il Signore ci ha scelti e ci ha salvati già dall'eternità.
Poi ci ha dato una prova grande che è quella del battesimo: siamo uniti a lui, salvati in lui, nella sua morte nella sua Risurrezione.  “Non voi avete scelto me ma io ho scelto voi”. Lo dice ancora San Giovanni: “in questo sta l'amore non siamo stati noi ad amare Dio ma è Lui che ha amato noi e ha mandato suo figlio come vittima di espiazione per i nostri peccati. È Lui che ha amato noi!” 
Ecco dove sta la radice di tutto: ciò che il Signore riversa su di noi, l'amore, è semplicemente gratuità! Non abbiamo fatto nulla per meritarlo! Non faremo nulla per meritarlo! Anche perché, bene o male, tutti quanti noi ci conosciamo, conosciamo noi stessi, e se ci rendiamo conto di come siamo, come possiamo pretendere di meritare qualcosa da Dio? Tutto ciò che viene dato a noi in sovrabbondanza è gratuità. Il Signore che "ha rivelato ai popoli la sua giustizia", ci ha rivelato davvero qual è la giustizia divina: renderci santi! Questa è la sua giustizia. Che il Signore ci conceda di rimanere nel suo amore!

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