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"Giovanni, il Battista: dono di Dio"

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“Per Elisabetta si compì il tempo e diede alla luce un figlio”.

I figli vengono alla luce come compimento di un progetto, vengono da Dio e appartengono a Dio. Caduti da una stella nelle braccia della madre, portano con sé gioia ("i vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia e si rallegravano con lei") e parola di Dio. Non nascono per caso, ma per profezia. Nel loro vecchio cuore i genitori sentono che il piccolo appartiene ad una storia più grande, che i figli non sono nostri: appartengono a Dio, a se stessi, alla loro vocazione, al mondo. Il passaggio tra i due testamenti è un tempo di silenzio: la parola, tolta al tempio e al sacerdozio, si sta intessendo nel ventre di due madri. Dio traccia la sua storia sul calendario della vita, e non nel confine stretto delle istituzioni.

C’è un rivoluzionario rovesciamento delle parti: il sacerdote Zaccaria tace ed è sua moglie Elisabetta a prendere la parola: “No, si chiamerà Giovanni”,che in ebraico significa: “dono di Dio”. Elisabetta ha capito che la vita, l'amore che sente fremere dentro di sé, è un dono di Dio. Che l'identità di Giovanni è di essere dono. E questa è anche l'identità profonda di noi tutti: il nome di ognuno di noi è «dono perfetto».

“Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse”.Zaccaria era muto perché non aveva creduto all'annuncio dell'Angelo Gabriele. Ha chiuso l'orecchio del cuore e da allora ha perso la parola. Non ha ascoltato, e ora non ha più niente da dire.

Questa è un’indicazione che ci fa un po’ pensare: quando noi credenti, ci sentiamo smarriti, non riusciamo a fare nulla, diventiamo insignificanti. Eppure il dubitare del vecchio sacerdote Zaccaria non ferma l'azione di Dio. Dio agisce sempre nei nostri confronti, non ci lascia soli. 

“Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio”.Zaccaria incide il nome del figlio su una tavoletta: «Giovanni = Dono-di-Dio», e subito riprende a parlare e benediceva Dio.

Benedire subito, dire-bene come il Creatore all'origine (“crescete e moltiplicatevi”): la benedizione è un’energia di vita, una forza di crescita e di nascita che scende dall'alto, ci raggiunge, ci avvolge, e ci fa vivere la vita come un debito d'amore che si estingue solo ridonando vita.

“Che sarà mai questo bambino?”.È una grande domanda da ripetere, con venerazione, davanti al mistero di ogni culla. Cosa sarà, oltre ad essere un dono che viene dall'alto? Cosa porterà al mondo? Un dono unico e forte: lo spazio della sua gioia; sarà «voce»,proprio come il Battista, la Parola sarà un Altro: Gesù. Amen.

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