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“Un pane condiviso da distribuire agli altri”

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Era tempo di carestia, nota l'autore della prima lettura, per questo l'uomo aveva pensato di recare una tale offerta al profeta, se non che Eliseo non rifiuta il donativo ma lo dà «alla gente» che come lui era senz'altro affamata. 

Il miracolo è strepitoso. L'intento principale dell'autore non è celebrare il prestigio di Eliseo, quanto il suo altruismo, la generosità verso i disagi degli altri, e raccomandarne l'imitazione. Se non si possono compiere i prodigi come Eliseo, nella nostra vita si possono compiere gesti di solidarietà verso chi è nel bisogno. Se non si può riuscire a moltiplicare i pani come ha fatto lui, ci si può rivolgere a Dio con la stessa confidenza e fiducia sicuri di essere ascoltati. 

S. Paolo, nella seconda lettura, fa’ un discorso rivolto a tutti i cristiani che sono in Efeso e a tutti noi, credenti in Cristo Gesù. Non si tratta della semplice accettazione di nuove dottrine, idee, ma di un modo di vivere personalmente e in particolare nei rapporti con gli altri. È questo secondo aspetto che all'autore sta soprattutto a cuore. Infatti l'umiltà, la mansuetudine o mitezza, la pazienza è sempre una capacità di sopportazione, di resistenza quando si ha a che fare con persone arroganti, noiose o fastidiose. Quindi dobbiamo restare uniti nel vincolo della pace.

Il Vangelo descrive una vita intessuta da un'infinità di incontri. Con chi? Con gente che ha bisogno: lebbrosi, epilettici, paralitici, indemoniati, la suocera di Pietro, la donna che soffriva da dodici anni per emorragia, affamati, assetati, impauriti, gente afflitta per la morte di persone care.

Una folla di uomini come noi: ognuno con un suo problema grande o piccolo, concreto come la malattia e la fame o spirituale come il dolore, il dubbio e la paura. E Cristo ascolta, si ferma e a volte risponde, come, ad esempio, con la moltiplicazione dei pani, con la guarigione dalla malattia o con la resurrezione da morte. Cristo è venuto per questo, ma non solo per questo: tant'è vero che anche Lui soffrirà, piangerà, morirà.

Cristo risponde ai bisogni della gente perché il cuore dell'uomo, nell'incontro con Lui, si accorga che è un altro il bisogno più grave che ha! Il bisogno di essere liberato dal male!

Infatti il male non è solo soffrire, odiare, ma anche vivere per sé da soli, nell'indifferenza, senza Cristo; non è solo vivere per scopi cattivi ma è vivere senza un perché. Il male vero non è essere cattivi, ma non accorgersi o non voler accorgersi che abbiamo bisogno di Dio e dire: «Io basto a me stesso». «Noi siamo a posto»: non facciamo del male a nessuno, non rubiamo, non ammazziamo, non bestemmiamo. II male è soffocare con la nostra presunzione e superficialità il nostro bisogno vero: siamo fatti per Dio e solo Lui ci deve bastare.

Qual’é allora l'aiuto più grande che possiamo darci a vicenda? Aiutarci a capire che la gioia e la pace su questa terra cominciano solo quando si apre il cuore a Lui e che l'autentica libertà coincide con l'obbedire a Lui. 

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