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Appuntamento con lo sport: il Circolo tennis di San Salvo Marina

Siamo tornati sulla terra battuta con l’allenatore Aldo Sensati

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Per poter offrire una più ampia panoramica del tennis sansalvese non ci siamo astenuti dall’intervistare anche l’allenatore del Circolo Tennis di San Salvo Marina, Aldo Sensati, che ci ha concesso gentilmente il suo tempo tra un gruppo e l’altro di atleti. Siamo quindi andati a concludere il servizio iniziato giovedì scorso su questo sport (leggi il servizio sul circolo 'La Selva') che, come dicevamo, sembra meno praticato di quanto in realtà lo sia. Nella struttura “storica” del tennis sansalvese, accompagnati dal rumore delle palline che rimbalzavano abbiamo portato avanti una seconda chiacchierata su questa disciplina.

L’intervista

Quando è nato il Circolo Tennis e, vista la tua origine romana, come sei approdato in questa piccola realtà?
Purtroppo la memoria storica di questa struttura non posso riportartela perché, come hai intuito, io sono arrivato qui solo diversi anni dopo l’apertura del circolo. Tuttavia posso dirti che l’idea è nata nel 1992, quando, un gruppo di cittadini appassionati di questo sport, ha deciso di creare questa realtà. Tornando alla mia esperienza ti posso invece dire che sono approdato a San Salvo solo nel 1998 quando, attraverso il comitato della regione Abruzzo, ho scoperto che cercavano un maestro di tennis proprio qui. In seguito ho preso contatto con l’ancora presidente del circolo Eugenio Spadano e mi sono ritrovato qui con questo incarico. Inoltre posso aggiungere che la mia è stata una scelta di vita dettata dalla ricerca di una vita tranquilla che a Roma è difficile condurre. Chiaramente la mia formazione è cominciata molto tempo prima, ho cominciato come raccattapalle al Foro Italico di Roma, diventando prima atleta e poi, nel 1978, ho ottenuto l’abilitazione a maestro di tennis.

La storia del circolo abbraccia molti anni, invece ora numericamente quanti utenti conta il circolo? Inoltre ci sono stati riconoscimenti per gli atleti che si allenano qui?Esatto, la storia non è così breve, ma nel corso degli anni non è stato tutto rosa e fiori; abbiamo avuto picchi, intorno ai primi anni del 2000, di iscrizioni arrivando anche ad ottanta, novanta unità. Purtroppo però negli anni successivi c’è stato un calo evidente, probabilmente anche per la crisi economica che affligge un po’ tutti. Nonostante questo, siamo riusciti a vincere diversi campionati regionali rappresentando anche la regione Abruzzo ai campionati italiani di Milano. Un ragazzo che vorrei ricordare anche per questo periodo è Luca Mezzanotte che ora è a Bologna, ma continua a giocare, ottenendo ottimi risultati anche a livello nazionale. Oltre a lui sono passati da qui anche i fratelli Guerra che ora giocano rispettivamente a Viterbo e Lanciano.
Purtroppo però l’ostacolo più grande da affrontare è quello economico, sia per le famiglie che sostengono i ragazzi, che per il circolo stesso. Va infatti tenuto conto del fatto che noi siamo carenti dal punto di vista delle strutture e quindi i ragazzi, per poter andare avanti, sono costretti ad 'emigrare' in altre realtà. Addirittura posso aggiungere che ci sono interi Club che portano avanti proprio questa politica, in breve loro non fanno nascere il campione, ma lo prendono dai circoli minori per poterlo sollevare ad un livello più alto.

Fino a ora abbiamo parlato di quello che è, in un certo senso, il fine degli allenamenti, tuttavia vorrei chiederti: se qualcuno volesse avvicinarsi e magari provare a praticare questo sport come può fare?
Per cominciare ad avvicinarsi al campo basta venire qui per organizzarci un attimo con gli orari. Poi per il resto ci sono le prime lezioni di prova per le quali non c’è bisogno di acquistare niente perché forniamo noi le racchette. Poi dopo un po’, nella totale libertà si può decidere se farsi contagiare dalla passione oppure abbandonare e relegare tutto come una, speriamo, bella esperienza. Chiaramente solo se si decide di intraprendere questa strada verrà fuori il discorso delle mensilità e tutto quello che concerne l’aspetto economico.

A questo punto vorrei chiederti qualcosa sul tennista come 'animale da campo': ci sono delle caratteristiche basilari che un atleta deve possedere?
Allora per quel che riguarda il tennista questo personaggio deve essere principalmente umile, ma soprattutto, deve essere spinto da una fortissima passione visti i sacrifici che la disciplina comporta. È chiaro che un po’ di talento non guasta, ma non sempre è basilare per poter praticare il nostro sport. Inoltre, se volessimo paragonare l’atleta appassionato a quello che insegue il sogno sportivo per i soldi, possiamo ben pensare che il secondo quasi sicuramente abbandonerà lo sport. Con questo posso anche aggiungere che la maggioranza dei tennisti di alto livello proviene da famiglie benestanti che si impegnano economicamente senza avere la certezza di ammortizzare la spesa nel corso del tempo. Un esempio pratico che posso farti è quello di Quinzi che, a diciotto anni, ha vinto Wimbledon Junior spendendo un milione di euro, per partecipare, senza sapere se quei soldi potrà mai recuperarli.

A proposito di caratteristiche del tennista, tempo fa spopolava su internet un video che vedeva come protagonista Novak Djokovic. Non ricordo l’occasione, ma il campione serbo durante un pausa del match ha 'accolto' sulla sua panchina il ragazzo che reggeva l’ombrello per riparare l’atleta dalla pioggia. Ecco a tal proposito vorrei chiederti quant’è importante, secondo te, l’umiltà in questo sport, e se, secondo te, si è trattato di un episodio che mirava ad una particolare pubblicità per l’atleta stesso.
Come dicevo l’umiltà sta sicuramente al primo posto. L’esempio di Djokovic non mi sembra così straordinario anche perché non è nuovo a queste situazioni, ti basti pensare che durante l’alluvione che ha colpito il suo paese natale, la Serbia, non si è risparmiato nell’aiutare chi ne avesse bisogno. Lui ovviamente è un atleta esemplare che io ammiro sia come sportivo che come uomo e rispecchia un po’ l’essenza del tennista che conduce una vita regolare e tranquilla anche a causa dei ritmi forsennati di gioco e competizione a cui si sottopone. Detto ciò rispondo alla seconda domanda dicendo che in quel caso non si è trattato di nulla di mediatico, ma solo dell’umiltà, appunto, del campione.

Il tennis è uno sport individuale sotto ogni suo aspetto quindi, concedimi una domanda tecnica: nel doppio come cambia la visione di gioco e la tecnica adottata dall’atleta?
Bè nel doppio la situazione di gioco cambia radicalmente. Io ritengo che in questa variante la formazione psicologica dell’atleta migliori per due motivi: prima di tutto si concepisce l’allenamento e lo scontro come un divertimento, anche se, in quel caso, non è che la carica agonistica viene a mancare. In secondo luogo la strategia comincia a emergere, ma soprattutto si vede la precisione di gioco del tennista che deve indirizzare la pallina in un angolo preciso senza che la velocità di gioco possa influenzarlo, altrimenti l’avversario potrebbe rispondere agevolmente.
Per ottenere questa attenzione verso il piazzamento della pallina io stesso faccio giocare il doppio ai miei ragazzi durante gli allenamenti di modo che, divertendosi, possono riportare le stesse esperienze nel singolo. Dal punto di vista del ranking mondiale invece le differenze di 'nomi' presenti sono così nette perché c’è chi si specializza nell’una o nell’altra variante. È chiaro che con i ritmi di oggi è impossibile preparare sia il singolo che il doppio, ma non ti nego che in passato c’è chi l’ha fatto.

Quindi rimanendo sulla questione del tennis singolo: conta di più la racchetta o chi la impugna?
Dunque, le racchette di oggi hanno fatto fare agli atleti passi da gigante rispetto ai 'pezzi di legno' che si impugnavano molti anni fa. Ciò non toglie che la persona che impugna il manico ordina e gestisce il proprio gioco, è naturale che con la tensione delle corde di oggi basta opporre la racchetta per far oltrepassare la rete alla pallina, ma non per questo tutti sono capaci di gestire il gioco come preferiscono. Questo è appannaggio di chi sa davvero giocare.

Perfetto, allora a questo punto torniamo sul personale: mi dici una tua partita che ricordi con piacere?
La partita che mi ha emozionato di più... allora, avevo sedici anni e un sabato sera, verso le undici, mi chiamò il mio allenatore dicendomi che il giorno seguente avrei dovuto debuttare in serie B al posto di un mio compagno di squadra malato. Non posso descriverti la mia emozione, andai a giocare la partita, persi con un sonoro 6-0, 6-0 contro un avversario più grande di me, ma la soddisfazione fu tale che mi emoziono solo a raccontare l’episodio. Inoltre alla fine del match il presidente del circolo per il quale giocavo mi fece i complimenti e mi regalò cinquantamila lire.

Un match che invece ti ha fatto capire che il tennis era il tuo sport?
A questa domanda è più difficile rispondere perché non ne ho uno preciso perché ho cominciato come raccattapalle al Foro Italico quindi ero già nel giro, in un certo senso. Però durante una di una finale degli Internazionali di Roma, in cui giocava Manuel Santana, mi sono sentito davvero nel vivo dell’azione e alla fine dell’incontro il campione spagnolo mi regalò ventimila lire. Pensa che quando tornai a casa con quei soldi mio padre pensò anche che li avevo rubati a qualcuno.

Ultimissima curiosità, il tuo colpo preferito...
Facile, il rovescio con una sola mano.

FOTO DI GIOMIX68

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