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Sacrificio, umiltà e talento gli ingredienti di mister Rufini della U.S. San Salvo

Conosciamo l'allenatore della U.S. San Salvo Danilo Rufini

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Il mister, Danilo Rufini, entra ufficialmente nella U.S. San Salvo il 15 luglio scorso.

Nasce a Cosenza 43 anni fa, in un quartiere popolare proprio davanti lo stadio San Vito, il pallone diventa per lui, da subito un motivo di integrazione. Farsi spazio in un quartiere di periferia era difficile negli anni ’70, il pallone gli diede questa possibilità, “ho visto tanti di quei ragazzi che allora giocavano con me su quell’asfalto, che hanno preso strade diverse, perché non hanno avuto la fortuna di essere scelti, di essere visti, forse è per questo, che oggi a nessuno nego una possibilità”.

A 14 anni entra nella Nuova Panebianco, squadra giovanile di Cosenza, l’anno successivo viene notato e acquistato dal Cosenza che allora era in serie B, grazie a Gianni Di Marzio e a Franco Natalino. Dal ’90 va al Crotone dove gioca per la prima volta da titolare in serie C, il suo ruolo quello del centro campista, la direzione del gioco era già da allora nelle sue corde.

Gira il sud Italia giocando in diverse squadre, nel suo periodo a Gela conosce Claudia sua moglie, nel ’98 la sposa e da lei ha due figli Mattia nato a Vibo Valentia e Simone nato a Nocera.

Nel 2010 il presidente Dino Marino lo chiama al San Severo, dove oltre a giocare, allena gli juniores. Ma a metà campionato, il presidente gli da ulteriore fiducia e gli affida anche il San Severo.

Dopo 21 anni di gioco tra serie C e serie D, 10 Campionati vinti e 800 partite giocate, Rufini lascia il gioco e diventa allenatore. Fu quell’anno che il San Severo vince il Campionato di Promozione e approda alla finale di Coppa Italia, portando la squadra in Eccellenza. Due dei suoi ragazzi del vivaio vengono chiamati dal Chievo in serie A.

E’ uno scopritore di talenti Rufini, ma soprattutto è capace di dare possibilità. Un esempio per tutti è incarnato da Edward Kamano che arrivato dalla Guinea su  un barcone, uno dei tanti profughi che siamo abituati a vedere sui nostri televisori, viene preso da Rufini in squadra nel San Severo e nel 2013 è uno dei due che va al Chievo.

Con il San Severo vince ancora, portando la squadra in serie D, dopo 18 anni di attese. Un altro dei suoi giocatori viene chiamato in serie B allo Spezia.

Nel 2013 viene chiamato a Vasto, rinunciando a numerose proposte. In una calda giornata estiva, viene presentato alla città con gran clamore, ma ad una settimana dal ritiro, salta tutto, lasciando Rufini ad inizio campionato, senza una squadra da allenare.

Per un uomo abituato a lottare, che sia dietro ad un pallone o nella vita, per un calciatore non fa differenza, c’è sempre un’alternativa. E’ così che Rufini viene preso come collaboratore dalla Juve Stabia, e nel 2015 entra ufficialmente a far parte della U.S. San Salvo con il presidente.

“Ho visto così tante ingiustizie nella mia carriera, ho visto gente che non meritava che ha fatto carriera, e gente che meritava, che ora fa il muratore o il panettiere o addirittura è in galera, è per questo che oggi, che faccio l’allenatore sono convinto che chi merita deve giocare, voglio che chi davvero lotta e suda per un obiettivo e ha le qualità per farlo sia premiato.  Umiltà, sacrificio e talento sono queste le caratteristiche di un buon giocatore, ci vuole anche tanta fortuna, ma è fondamentale dare sempre il massimo in modo che quando capita quel momento di fortuna, tu stia esprimendo il meglio di te”.

Rufini ha modi calmi, sicuri di porsi, di parlare. Lo fa in modo diretto ed empatico, abituato ad entrare in contatto con l’altro. I suoi piedi si sono incrociati con centinaia d’altri, la sua esperienza sui campi di calcio, le persone incontrate, nel suo girare per vivere d’esso, lo hanno reso soprattutto capace di comprendere cosa ci si può aspettare da chi hai di fronte e per chi allena una squadra, questo non è poco.

Nel calcio la differenza la fanno i numeri, i goal. Rufini a questi che devono essere il traguardo, vuole giungere nel modo più giusto, perché non vuole formare solo dei giocatori ma anche degli uomini, perché solo gli uomini nei momenti buoni come in quelli di difficoltà trovano sempre la soluzione migliore.

Che sia una dribbling, un colpo di tacco o un rovescio, non importa, alla fortuna, lui ci crede, ma crede soprattutto nei suoi ragazzi, nei suoi uomini.

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