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Riflessioni sull’identità e la sicurezza a margine della giornata del 22 aprile

Per i sansalvesi la giornata del 22 aprile è stata la giornata delle Le Some e de Le Sagne. Le risse sono comportamenti posti in essere da singoli uomini non in grado di minare l’identità di una comunità

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In merito e a margine della giornata del 22 aprile 2017, vorrei esprimere alcune considerazioni tanto sul tema dell’identità quanto su quello della sicurezza a San Salvo.

La festa de Le Some e de Le Sagne è stata una bella occasione non solo di socialità ma di riaffermazione di una identità cittadina fortemente legata alla festa di San Vitale. Tante le persone direttamente impegnate: dal Comitato feste San Vitale ai conduttori di cavalli e trattori, dal gruppo che prepara Taralli e Sagne a quello che cuoce e distribuisce le Sagne, che hanno permesso anche quest’anno una degna celebrazione dei primi riti riguardanti la festa patronale. Molta gente vi ha presenziato, forse più degli anni precedenti, soprattutto giovani provenienti anche da Vasto e altre località. La condivisione del cibo, da parte di una comunità di origine contadina, custode dei valori della laboriosità, dell’onestà e della solidarietà (accoglienza) ma oggi molto cambiata, terziarizzata e aperta al mondo globale, riafferma e rinnova i legami comunitari e consente di mantenere un legame con il passato, nella sua complessità e nella sua valenza storico-culturale. Legami che, se coltivati, permettono di affrontare il difficile futuro che ci aspetta con maggiore consapevolezza e coraggio.

Ciò detto, è noto che si sono evidenziati durante la giornata anche atteggiamenti ed episodi che non possono essere valutati positivamente. Da alcuni anni, l’Assessorato alla cultura e il Comune di San Salvo si sono assunti la responsabilità di gestire i tavoli delle Sagne in piazza Vitale Artese, essendoci legittime  perplessità, da parte del Comitato e della Parrocchia, in relazione al controllo della manifestazione. Per non penalizzare l’intera collettività ed eventuali ospiti, si è deciso di dare continuità all’evento accrescendo dunque i controlli. Quest’anno, oltre alla Protezione civile San Vitale e alla Polizia municipale (con il comandante Vincenzo Marchioli), sono stati presenti alcuni Carabinieri e lo stesso comandante della Stazione di San Salvo, maresciallo Antonello Carnevale, che ringrazio vivamente per la delicatezza e l‘efficienza con cui hanno svolto questo compito. Eppure si sono notati atteggiamenti riprovevoli, da parte di singoli o piccoli gruppi, che vanno comunque segnalati: dal lasciare, andando via, piatti sporchi, bicchieri e altro sui tavoli ( i contenitori della spazzatura erano a pochi metri dai commensali) all’eccesso nel bere vino e alcoolici, talora anche prima dei pasti. Voglio ripetere che il pranzo de Le Sagne non è una sagra o una festa di quartiere, ma una cerimonia religiosa e popolare di condivisione di valori. Chi non ne comprende lo spirito e il senso, sa che può trovare in altri luoghi ciò che cerca, cioè l’alienazione o il divertimento a prescindere; quindi farebbe meglio a non parteciparvi. 

Quanto alla serata, ancora piacevolmente animata in città dal passeggio (oltre che dagli spettacoli della Banda Città di San Salvo e dell’Oratorio di S. Giuseppe), è risaputo che si sono verificati due gravi episodi di aggressione: il primo in un bar di via Roma (intorno alle 18.00), il secondo in un bar di via Istonia (ben oltre la mezzanotte). Episodi, da quanto si può apprendere, generati da equivoci e malintesi ma alterati da una inspiegabile aggressività, in quanto, almeno nel primo caso, un semplice tentativo di pacificare un diverbio verbale ha prodotto una reazione violenta e ingiustificata da parte di più soggetti a danno di un’unica persona. Episodi di questo genere ci inducono a pensare che se vogliamo davvero fare qualcosa di positivo per il centro storico e la socialità in città dobbiamo anche disapprovare e impedire che, nei pubblici esercizi, possano trovare sfogo tensioni di questo genere. 

Tornando al discorso generale va detto che San Salvo, come Vasto e tutti i centri del territorio, è quotidianamente sottoposta a pressioni di ordine sociale sempre più incalzanti. Il significativo turnover di popolazione prodotto annualmente dal processo di emigrazione-immigrazione fa sì che l’identità sansalvese (o salvanese per meglio dire) sia aggredita da ogni parte e fatichi molto a integrare le diversità etnico-culturali in tempi accettabili. E’ peraltro noto che l’integrazione è un fenomeno complesso e costoso, che ha bisogno di tempi medi, se non lunghi per conseguire risultati. Chi in passato ha pensato soltanto ad “accogliere”, senza porsi adeguatamente il problema delle energie e dei costi dell’integrazione, ha commesso un grosso errore. E oggi ne percepiamo gli effetti. Chi ancora continua a dire semplicemente che l’accoglienza è un dovere di tutti, senza porsi il problema dei tempi e dei costi dell’integrazione, senza dare esempi concreti in tal senso ma delegando tutte le responsabilità alle pubbliche istituzioni commette ancora un errore, peggio se accusa di razzismo o di egoismo quanti vogliono un’impostazione diversa e più responsabile delle politiche dell’accoglienza. Così per la criminalità: chi pensa che siano unicamente le istituzioni locali e le forze dell’ordine a doversene occupare, pecca di ingenuità nella migliore delle ipotesi perché si tratta di problematiche che toccano tutte le agenzie di formazione, i media e tutte le istituzioni, a cominciare da quelle nazionali e sovranazionali.      

Peraltro, è evidente come la stessa “salvanesità” sia attraversata da contraddizioni, essendo sottoposta alle sollecitazioni e alle pressioni della società globale, sicché la nostra sfida è di innovare l’identità conservando quanto di buono e di utile ci è stato finora tramandato e innestandovi quanto di meglio proviene oggi dall’esterno, dal mondo. Ad esempio, concezioni e comportamenti legati al campanilismo, alla nostalgia ossessiva di una realtà che non c’è più, ad uno spirito corporativo esasperato non dovrebbero più interessarci ed è bene che vadano persi; dovremmo invece recepire gli stimoli culturali che possono farci crescere in termini di efficienza e competitività, di legalità, di laicità e di tolleranza. Il discrimine tra l’accettabile e l’inaccettabile non potrà essere che l’interesse generale, l’interesse della collettività a vivere con meno tensioni e più serenità. Alla fine si tratta certamente di moralità (liquida di questi tempi) ma soprattutto di legalità, di rispetto delle leggi e delle norme comunemente accettate. Perciò andrebbe detto, ed io lo dico, con chiarezza, che chi pensa di poter fare di questa cittadina ciò che vuole si sbaglia e che i comportamenti vandalici o criminosi non possono essere avallati e tollerati.          

San Salvo è un paese dell’accoglienza ma non della rassegnazione. Anche in passato, è stato sempre ospitale ma come si è ribellato al potere politico - quando questo si è mostrato arrogante e di parte - così si è opposto e ha respinto, in maniera determinata, chi pretendeva di imporre la teoria e la prassi della furbizia, della prevaricazione e del furto come etica e prassi normale.  

L’America di Trump non è lontana; e insegna molto una grande federazione di stati (formatasi con immigrati venuti da ogni parte del mondo) che si è ridotta ad erigere muri alle sue frontiere. Se non vogliamo finire come l’America di Trump, a costruire muri, stavolta non contro un altro Stato ma entro i nostri stessi confini, abbiamo di fatto a disposizione una sola opzione: di reagire e denunciare i comportamenti riprovevoli, scorretti e dannosi per la città debellando anche quell’omertà che da almeno vent’anni si sta facendo lentamente strada e che costituisce il varco attraverso cui passano le peggiori operazioni della criminalità organizzata.

 

 

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