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Tra pialla, compasso, matitone, squadra e vernici: a San Salvo una bottega che profuma di Nazareth

Antonio, Loredana e Gianluigi Caruso: una famiglia di artigiani che lavora e vive 'dell’arte sotto il tetto'

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Il mondo intero ha appena festeggiato il Primo maggio come festa del lavoro e dei lavoratori, una ricorrenza che fa memoria di lotte e conquiste, vittorie e tragedie, tutte legate alla necessità di portare a casa il pane quotidiano. La cristianità, nello stesso giorno, ricorda l’archetipo e modello di tutti i lavoratori: quel Giuseppe della stirpe di Davide, che viveva a Nazareth, sposo di Maria e padre Legale di Gesù. Il Vangelo più antico – quello di Marco – nell’originale greco riferisce che, di mestiere, egli era tekton (Mc 6,3), parola greca che, di per sé, indica il falegname o il carpentiere: «colui che esercita il suo mestiere con un materiale duro che conserva la sua durezza durante la lavorazione, per esempio legno, pietra, altro».

La patristica dei primi secoli però, lo ha sempre presentato come 'falegname e carpentiere', un lavoro che, all’epoca, riuniva due competenze in una. Nel paese di Gesù, infatti, nel I° secolo, si costruivano case dai tetti con pietra, legno e altro materiale. A buon diritto dunque, egli si può ritenere il santo patrono di entrambi. Iconografia e tradizione però, ci hanno consegnato un Giuseppe unicamente falegname, uno di quei mestieri che ha la capacità di radunare la famiglia – sia pure con competenze diverse – nella realizzazione di un pezzo finito.

A San Salvo come a Nazareth, la famiglia Caruso incarna il modello della piccola azienda familiare a carattere artigiano, quella che i nostri genitori, con una bella espressione definivano «l’arte sotto il tetto Dio l’ha benedetta», un luogo dove, come altri artigiani, lavorano mai meno di 12 ore quotidiane. I Caruso, pur abitando nella vicina Petacciato (Cb), hanno una falegnameria in viale Belgio, che hanno chiamata Idea legno, ma che nel loro spirito e vivere quotidiano, i clienti e, chiunque la conosce, chiamano La bottega: un nome che profuma della piccola azienda di Nazareth e racconta di emozioni antiche. Una storia appassionante quella di mastro Antonio, la signora Loredana e il figlio Gianluigi.

Nella vicina Pollutri già dal 1800 i loro antenati erano bottai rinomati, il nonno di mastro Antonio, agli inizi del 1900, venendo a Petacciato per il commercio delle botti, s’innamorò di una bella molisana e continuò il suo lavoro in quel paese. Il giovanissimo Antonio però, non proseguì in modo stretto l’indirizzo della specializzazione familiare, ma fece il suo apprendistato – sin da bambino- in una bottega di falegname negli anni 50, quando le botteghe artigiane erano anche punti d’incontro sociale e socializzanti, dove nascevano amicizie e si rinsaldavano valori. Il tipo di lavoro, lo avvinse al punto che, all’età di 14 anni, decise di perfezionarsi a Bologna dove viveva una sua zia. Nella dotta - dove nel frattempo aveva messo su famiglia - restò 15 anni e al ritorno portò con se la signora Loredana - emiliana purosangue - e i due figli.

L’attività a San Salvo ebbe inizio nel 1990 dove, il nostro mastro Antonio, conobbe la sua prima affermazione commerciale costruendo tutto il mobilio per la villa in via Madonna delle Grazie del mai dimenticato On. Lillino Artese. A quel punto, i committenti aumentarono e, i suoi manufatti, cominciarono a espandersi in campo regionale e nazionale.

Mastro Antonio, si occupa ancora della direzione e realizzazione dei lavori, il figlio Gianluigi lo aiuta e, nel contempo, gestisce la parte amministrativa, la signora Loredana è l’addetta al restauro che, con mano delicata, inserisce prodotti antitarme e altri che curano i legni antichi. La bottega, vive anche dell’aiuto di due preziosi collaboratori. Ogni oggetto costruito dalla famiglia Caruso è un pezzo unico e, talmente bello che, dopo averlo realizzato – persino dopo essere stato pagato – chi vi ha lavorato ne soffre alla consegna, così come quando ci si priva di una creatura figlia di mente, mani e cuore. Si, perché, il legno è una materia prima nobile, che quando viene lavorato dalle mani di un falegname come San Giuseppe o il nostro mastro Antonio, non conosce la morte dell’albero ma, la sua trasformazione in altra bellezza.

Quando pialla e scalpello scorrono, la mano del mastro passa sulla ferita provocata al legno, quasi a lenirla con amore per il dolore arrecato. I buchi dei chiodi e del trapano vengono richiusi dagli stucchi profumati e, colle e lacche, donano al lavoro la forte fragranza delle resine che è piacevole da sentire. Le creature della falegnameria non sono mai quei freddi prodotti seriali cui siamo abituati perché hanno la capacità di imprigionare il tempo che è stato loro dedicato con passione.

A Gianluigi Caruso abbiamo rivolto questa domanda: «Chi è l’anima della bottega?», la risposta che non ci si aspettava è stata: «Il legno». Un segno di amore viscerale di carattere familiare, sia per la materia prima che per la sua trasformazione. In uno scaffale della bottega - costruito appositamente - una sorpresa mozzafiato: tra vecchie pialle, seghetti, sgorbie, serrature antichissime, trapani d’epoca, morsetti e altro... un'immagine di San Giuseppe - di cui, la famiglia Caruso è giustamente devota - essa, fa risplendere di luce le persone, la bottega, e tutto ciò che essa contiene.

Il Primo maggio, festa internazionale del lavoro e di San Giuseppe artigiano ci evocano con forza in mente e cuore, un giovane carpentiere di nome Giuseppe Bonadduce di San Salvo, una persona: buona, generosa, silenziosa, innamorata della sua famiglia e del suo lavoro come il Santo di Nazareth. Egli, il 9 aprile del 2002, consegnò la sua vita al Signore cadendo da un tetto cui stava lavorando lasciando una giovane vedova, una giovanissima figlia, e un vuoto che solo chi ha fede può colmare e accettare. E, con lui, ricordiamo - i tanti - sansalvesi e non, che sono periti per quel lavoro garantito dalla Costituzione che 'dovrebbe sempre' dare diritto alla vita e alla dignità umana.

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