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Adorna il tempio, ma non trascurare i poveri

Una riflessione di don Michele Carlucci

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    Vuoi onorare il corpo di Cristo? Non permettere che sia oggetto di disprezzo nelle sue membra cioè nei poveri, privi di panni per coprirsi. Non onorarlo qui in chiesa con stoffe di seta, mentre fuori lo trascuri quando soffre per il freddo e la nudità. Colui che ha detto: «Questo è il mio corpo», confermando il fatto con la parola, ha detto anche: Mi avete visto affamato e non mi avete dato da mangiare (cfr. Mt 25, 42), e: “Ogni volta che non avete fatto queste cose a uno dei più piccoli tra questi, non l'avete fatto neppure a me” (cfr. Mt 25, 45). Il corpo di Cristo che sta sull'altare non ha bisogno di mantelli, ma di anime pure; mentre quello che sta fuori ha bisogno di molta cura. 

   Impariamo dunque a pensare e a onorare Cristo come egli vuole. Infatti l'onore più gradito che possiamo rendere a colui che vogliamo venerare è quello che lui stesso vuole, non quello escogitato da noi. Anche Pietro credeva di onorarlo impedendo a lui di lavargli i piedi. Questo non era onore, ma vera scortesia. Così anche tu rendigli quell'onore che egli ha comandato, fa' che i poveri beneficino delle tue ricchezze. Dio non ha bisogno di vasi d'oro, ma di anime d'oro.

    Con questo non intendo certo proibirvi di fare doni alla chiesa. No. Ma vi scongiuro di elargire, con questi e prima di questi, l'elemosina. Dio infatti accetta i doni alla sua casa terrena, ma gradisce molto di più il soccorso dato ai poveri. 

   Nel primo caso ne ricava vantaggio solo chi offre, nel secondo invece anche chi riceve. Là il dono potrebbe essere occasione di ostentazione; qui invece è elemosina e amore. Che vantaggio può avere Cristo se la mensa del sacrificio è piena di vasi d'oro, mentre poi muore di fame nella persona del povero? Prima sazia l'affamato, e solo in seguito orna l'altare con quello che rimane. Gli offrirai un calice d'oro e non gli darai un bicchiere d'acqua? Che bisogno c'è di adornare con veli d'oro il suo altare, se poi non gli offri il vestito necessario? Che guadagno ne ricava egli? Dimmi: se vedessi uno privo del cibo necessario e, senza curartene, adornassi d'oro solo la sua mensa, credi che ti ringrazierebbe o piuttosto non si infurierebbe contro di te? E se vedessi uno coperto di stracci e intirizzito dal freddo, trascurando di vestirlo, gli innalzassi colonne dorate, dicendo che lo fai in suo onore, non si riterrebbe forse di essere beffeggiato e insultato in modo atroce? 

   Pensa la stessa cosa di Cristo, quando va errante e pellegrino, bisognoso di un tetto. Tu rifiuti di accoglierlo nel pellegrino e adorni invece il pavimento, le pareti, le colonne e i muri dell'edificio sacro. Attacchi catene d'argento alle lampade, ma non vai a visitarlo quando lui è incatenato in carcere. Dico questo non per vietarvi di procurare tali addobbi e arredi sacri, ma per esortarvi a offrire, insieme a questi, anche il necessario aiuto ai poveri, o, meglio, perché questo sia fatto prima di quello. Nessuno è mai stato condannato per non aver cooperato ad abbellire il tempio, ma chi trascura il povero è destinato alla geenna, al fuoco inestinguibile e al supplizio con i demoni. Perciò mentre adorni l'ambiente del culto, non chiudere il tuo cuore al fratello che soffre. Questi è un tempio vivo più prezioso di quello. [San Giovanni Crisostomo (347-407), vescovo Dalle «Omelie sul vangelo di Matteo» (Om. 50, 3-4; PG 58, 508-509)].

Seminate per vostro bene secondo giustizia

    Imita la terra, o uomo, produci anche tu i tuoi frutti per non essere inferiore alle cose materiali. La terra produce frutti, però non può goderseli e li produce a tuo beneficio. Tu invece puoi raccogliere a tuo vantaggio tutto ciò che vai producendo. Infatti la ricompensa e il premio delle buone opere vanno a coloro che le hanno compiute. Se hai dato all'affamato, diventa tuo tutto ciò che gli hai donato, anzi ritorna a te accresciuto. Come infatti il frumento, che cade in terra, va a vantaggio di colui che lo ha seminato, così il pane dato all'affamato riporta molti benefici.

    Quello che è il fine dell'agricoltura sia dunque per te il criterio della seminagione spirituale. Seminate per voi secondo giustizia» (Os 10, 12), così dice la Scrittura. Verrà il momento nel quale dovrai abbandonare le ricchezze, anche tuo malgrado, mentre porterai al Signore la gloria acquistata con le opere buone. Quando ti presenterai al giudice universale, il popolo ti chiamerà benefattore e generoso donatore e ti applicherà i migliori appellativi della carità e della bontà.

    Non vedi coloro che, per un onore di breve durata o per lo strepito e l'applauso della gente, profondono ricchezze nell'allestire spettacoli, competizioni atletiche, commedie, lotte crudeli con le fiere, lotte che la gente disprezza al loro primo presentarsi. Tu invece sei parco proprio in quelle spese che ti possono procurare una gloria immensa.

    Sii attivo nel bene. Ti approverà allora Dio, ti loderanno gli angeli, ti proclameranno beato tutti gli uomini che sono esistiti dalla creazione del mondo in poi, riceverai la gloria eterna, la corona di giustizia, il regno dei cieli come premio del retto uso delle cose terrene e caduche.

    Ma, a quanto pare, di tutti i grandi e incorruttibili beni, oggetto della beata speranza, non ti curi affatto, avido come sei solo di beni terrestri. No, non fare così. Largheggia con ciò che possiedi, sii generoso, anzi munifico, nell'affrontare spese a beneficio dei bisognosi. Si dica anche di te: «Egli dona largamente ai poveri: la sua giustizia rimane per sempre» (Sal 111, 9).  

  Quanto dovresti essere grato al donatore benefico per quell'onore che ti viene fatto! Quanto dovresti essere contento di non dover tu battere alla porta altrui, ma gli altri alle tue! E invece sei intrattabile e inabbordabile. Eviti di incontrarti con chi ti potrebbe chiedere qualche spicciolo. Tu non conosci che una frase: «Non ho nulla e non posso dar nulla, perché sono nulla tenente». In effetti tu sei veramente povero, anzi privo di ogni vero bene. Sei povero di amore, povero di umanità, povero di fede in Dio, povero di speranza nelle realtà eterne. [Dalle «Omelie» di san Basilio Magno (330-379), vescovo (Om. 6 sulla carità 3. 6; PG 266-267. 275)].

 

 

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