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I Prepotenti (Il primo gruppo beat sansalvese)

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(Fonte gentilmente concessa da www.sansalvoantica.it)

 

All’improvviso il suono di una chitarra elettrica sferzò l’aere. Era un suono nuovo, mai udito prima e proveniva dalla bottega di Mastro Vito Di Petta, il giovane barbiere che aveva aperto  un salone, anche se era un buchetto, in Via Roma, ubicato tra i Bar di Biondo e di Emilie Filicille, proprio dietro la pompa di benzina Agip del Cav. Cilli Virgilio.

Il suono di quella prima chitarra elettrica, un’ EKO bianca madreperlata, collegata ad un minuscolo amplificatore di appena 5 watt, che Mastro Vito orgoglioso mostrava agli increduli astanti, creò in me, chitarrista in erba, sensazioni irrepetibili, proiettandomi immediatamente verso una nuova dimensione musicale, sino ad allora sconosciuta,  che era un frammisto di magia e stupore.

Ciò che mi colpì, al di là dell’inverosimile volume sonoro, fu il fatto che quello strumento, dalla  conformazione un pò marziana, ma nel contempo familiare, lo si poteva suonare con la stessa tecnica della chitarra acustica, stessa accordatura (mi-si-sol-re-la mi), stessi accordi, solo che, a differenza della chitarra tradizionale, era in grado di produrre sonorità senza precedenti,  rivoluzionarie, sbalorditive  e quindi stupefacenti.

Ebbi subito la sensazione che quella evoluzione moderna della chitarra, ideata qualche decennio prima negli USA e giunta ora dentro il salone di Mastro Vito Di Petta, avrebbe decretato la fine di un’epoca musicale e aperto nuovi orizzonti nel panorama nazional-popolare della canzone, sino ad allora appannaggio esclusivo della musica melodica e romantica.

Non trascorse tempo, infatti, che la moda della chitarra elettrica divenne un fenomeno di massa in Italia e nel mondo, un’ indifferibile esigenza musicale, capace di contagiare un’intera generazione di nuovi  talenti, che diedero vita al fenomeno dei complessi musicali beat degli 60.

Ed anche i giovani di San Salvo, ne rimasero contagiati.

In quel tempo, eravamo alla fine degli anni 50, San Salvo era ancora un paesino sperduto tra il mare e la campagna e gli unici luoghi in cui si poteva ascoltare musica dal vivo, prodotta per lo più  da chitarre e mandolini, erano i saloni dei barbieri. Non esistevano negozi di strumenti musicali e qualche chitarra la si mandava a prendere alI’Estudiantina, famosa fabbrica liutaia catanese. Se si spezzava qualche corda era un dramma e la soluzione, quando era possibile,  era “argnangnele” (ricongiungere la corda con un nodo). I chitarristi, tutti autodidatti e con scarsa preparazione, si limitavano a strimbellare con i  famosi tre famosi accordi di tonica, dominante e sottodominante, che i nonni orgogliosamente chiamavano la 1^, la 2^, e la 3^. Solo qualcuno, che si sentiva un professore,  infilava anche la 4^ e la 5^ che erano per loro  rispettivamente la sopradominante e la sopratonica.

L’arrivo della prima chitarra elettrica di Mastro Vito segnò quindi una svolta epocale, un nuovo modo di concepire la musica e di suonare da parte delle nuove generazioni sansalvesi, che di pari passo con la crescita economica e sociale dell’Italia degli anni 60, scoprirono la modernità musicale.

Gli artefici principali di questo mutamento musicale generazionale furono sicuramente due ragazzi sansalvesi, i quali pur nella loro diversità caratteriale, sono da considerarsi i veri innovatori della musica locale.

Sto parlando di Tonine Mariscialle e Ujierme Lunghe, all’anagrafe rispettivamente Gaetano Masciale e Angelo Longhi, due ragazzi del 46 e 47, i quali, seppure per molti versi diversi tra di loro, tra litigi e riappacificazioni, crescendo anagraficamente e musicalmente insieme, diedero vita ad un percorso musicale che iniziò  alla fine degli anni 50, con prime orchestrine estemporanee, per concludersi negli anni 60 con la nascita del gruppo dei Prepotenti, il primo vero complesso beat locale.    

Tonine Mariscialle, la chitarra solista del gruppo ed il leader strumentale in assoluto, non era nato chitarrista.   

Figlio di Giuseppe (Zi Peppine Marescialle), di origine pugliese, e della signora Vitalina Di Rito, sansalvese purosangue, avrebbe voluto fare da grande il corridore di biciclette.

Suo padre però, uomo dai mille mestieri (era contemporaneamente banditore cittadino, addetto al servizio acquedotto comunale ed a tempo libero anche  l’unico impagliatore di sedie in San Salvo), forse perchè da ragazzino aveva sognato di diventare mandolinista (non riuscendovi dovendo contribuire al sostentamento della famiglia d’origine) , aveva riposto in lui tutte le speranze di avere in casa un musicista e così, quando Tonino venne promosso alla 3^ Avviamento, gli disse: “Vuoi che ti compri la bicicletta da corsa o la fisarmonica?”.

Tonino, dopo non poche titubanze, attratto dall’idea di provare a suonare uno strumento musicale, che forse incosciamente aveva sempre desiderato, scelse la fisarmonica.

Un’ imponente fisarmonica da 120 bassi, di colore madreperlato blu, munito di sordina, della Paolo Soprani di Castelfidardo, che pesava come un’accidenti, si posò sulle esigue spalle di Tonino, raggiante di felicità.

A questo punto la fisarmonica era stata comprata, ma bisognava  impararla a suonare!

Zi Pippine pensò allora che l’unico che potesse impartire  lezioni al figlio fosse Angiolino Ialacci (Angiuline Ialacce), brioso fisarmonicista locale autodidatta, il quale si mostrò entusiata di vestire i panni del maestro. Tonino cominciò ad apprendere da Angiolino i primi rudimenti della fisarmonica; costo della lezione: una bottiglia di birra che Za Vitaline, mamma di Tonino, offriva al maestro duranta le lezione, quando questi si recava nella loro casa in Largo Amistà, l’attuale Piazza Europa.

Tonino, che aveva un talento straordinario, dopo qualche tempo iniziò ad imparare una canzone ad ogni lezione (quindi il costo della lezione divenne una bottiglia di birra a canzone) e solo una volta ce ne vollero tre, di bottiglie di birra, e fu quando  Angiolino gli insegnò “ Fantasia americana”, che era una brano composto da tre parti.

In breve tempo, come avvenne tra Giotto e Cimabue,  l’allievo superò in fretta il maestro e fu allora che Zi Pippine, da persona intelligente che era, intuì che era giunto il momento che suo figlio andasse a studiare seriamente musica a Vasto, da un famoso maestro dell’ epoca che corrispondeva al nome di Anello Polsi, che Tonino già conosceva essendo stato il suo professore alla Scuola Avvviamento di San Salvo, che era stata istituita proprio in quegli anni con sede nel palazzo scolastico a fianco della Chiesa di San Giuseppe.

Intanto, Angelo Longhi, figlio d’arte, iniziava a suonare la famosa batteria con la scritta “Follia Jazz”, interamente realizzata a mano da suo padre Guglielmo, mostrando un eccezionale senso ritmico e l’interesse verso nuovi ritmi che provenivano d’oltre oceano come il rock and roll.

L’incontro musicale tra Tonino ed Angelo non si fece attendere e così costituirono un primo trio composto oltre che dai due, da un terzo ragazzo, Vetale Castellette, all’anagrafe Vitale Ciavatta, così soprannominato perchè somigliava come una goccia d’acqua ad un famoso calciatore della Fiorentina di nome Castelletti, il quale si divideva tra il fare l’apprendista barbiere, il chitarrista dell’orchestrina Follia Jazz e il calciatore della Tenax, antica squadra di calcio di San Salvo (una testimonianza di un loro concerto è la registrazione radiofonica della RAI Radiosquadra a San Salvo del 1961 che potrete udire interamente su questo sito).

Tonino, intanto, pur condividendo le prime esperienze musicali con i suoi amici locali,  continuava a studiare musica dal maestro Polsi a Vasto, città ove aveva cominciato anche a frequentare l’Istituto Tecnico per Geometri, in cui qualche anno più tardi si diplomò. L’anno dopo, anche Angelo, terminata la III media, iniziò a recarsi a Vasto, per frequentarvi l’Istituto d’Arte, diplomandosi anch’egli qualche anno più tardi. E fu proprio in questa incantevole città limitrofa che i due, come avviene fra tutti i ragazzi che hanno la stessa passione, strinsero amicizia con dei coetanei vastesi, i quali avevano già costituito dei complessini e suonavano con le chitarre elettriche.

In uno di questi gruppi Tonino conobbe Franco Malatesta, chitarrista virtuosissimo, autodidatta, un vero fenomeno probabilmente dall’orecchio puro, che contribuì notevolmente alla crescita musicale di Tonino.

Tonino, infatti, restò impressionato dalla bravura di Franco, capace di fare di tutto con la chitarra, dai walzer ai tanghi, dal beguine alla rumba, dagli slows allo skake, dal bossanova al jazz, e restò senza fiato quando gli proposero di entrare a far parte del complesso, sostituendo dapprima il  batterista e poi il bassista.

Fu  la svolta. Tonino imparò dapprima a suonicchiare la batteria e poi  in quattro e quattr’otto anche il basso, iniziando a prendere le prime confidenze con la chitarra elettrica.

Il fato volle che il virtuoso batterista del gruppo Rolando Di Nardo, decidesse di passare ai “5 di stasera”, mitico gruppo vastese di successo degli anni 60, liberando il posto di batterista che venne ricoperto da Angelo Longhi.

Furono giorni  meravigliosi e spensierati per i nostri due ragazzi. Si recavano quotidianamente a Vasto ove ad attenderli vi erano gli amici Franco, suo fratello Pino, l’altro chitarrista Di Cicco ed il cantante Fariello.

Ma la distanza tra Vasto e San Salvo a quei tempi era notevole ed era una vera impresa, per dei ragazzini, recarsi a Vasto tutti i giorni con la corriera per andare a scuola, tornare a casa, ritornavi o restarvi per le prove tornando spesso alla sera tardi in autostop.

E così, a causa di queste difficoltà, l’esperienza vastese volse al termine, ma il tarlo del gruppo musicale elettrificato era ormai entrato nelle loro menti. Tornano a San Salvo e provano a formare gruppi musicali con Mastro Vito Di Petta ed altri ragazzi del luogo,ma bisognava ricominciare quasi daccapo e di soldi per acquistare gli strumenti non ce n’erano.

A questo punto rientra in azione Zi Pippine Mariscialle, il papà di Tonino.

Zi Pippine compra la prima chitarra elettrica a Tonino e non contento acquista un basso ed una batteria madreperlata gialla, da far suonare ad Angelo, sperando di recuperare in qualche modo i soldi spesi. Non ancora soddisfatto fa realizzare una camicia rossa, con finiture chiare, che diventa la divisa del gruppo e pretende che come ogni orchestra che si rispetti, ogni orchestrale abbia dinanzi a se quei legii di tavola colorati, in voga negli anni 50, con il nome dell’orchestra scritto sul davanti.

Tonino, intanto era diventato chitarrista virtuosissimo, ai livelli di Franco Malatesta, da cui aveva appreso tantissimo sia dal punto di vista tecnico che da quello dell’eccletismo musicale, ma le cose non andavano sempre bene con Angelo, che nel frattempo si era comprato un sassofono e non si capiva bene se ambisse ad essere batterista o sassofonista del gruppo. Nonostante si conoscessero da una vita ed erano come fratelli siamesi, ognuno legatissimo all’altro, quando Angelo tirava fuori il sax spesso litigavano, poi ripaciavano, poi rilitigavano, poi facevano pace. Ad ogni litigata si cambiava batterista e nome del complesso. Una volta arrivò Carmine Tascone e si chiamarono gli Ideal, poi arrivò Achille Pellicciotta e cambiarono di nuovo nome, un vero turbillon di ingressi e uscite di provetti batteristi dal gruppo.

Di Angelo, però ce n'era uno solo e così tra una lite e l’altra si arrivò agli inizi degli anni 60, a quel periodo in cui gli italiani cominciarono a comprare il primo frigorifero, la prima lavatrice, la Vespa, la 500; ai tempi, tanto per intenderci in cui Mastro Vito comprò la prima chitarra elettrica.

Erano gli anni i cui  in Italia era in atto il boom economico e le prime televisioni cominciavano ad illuminare le case degli italiani, rendendo noti e familiari volti di personaggi illustri come Papa Giovanni XXIII, il papa buono, Jhonn Fitgerad Kennedy, il Presidente degli Stati Uniti, ucciso a Dallas, Nikita Krusciov, il Presidente dell’URSS,  Fidel Castro, Che Guevara, ma erano anche gli anni in cui cominciavano ad affacciarsi al piccolo schermo artisti emergenti del mondo dello spettacolo come Mina, Celentano, Peppino di Capri,  il Quartetto Cetra, Nicola Arigliano ed altri.

I Juke box irradiavano musica nuova, nei bar e nelle spiaggie; il twist, l’hulli-gulli, il surf, il Madison, divennero i balli preferiti dai giovani  ed  un nuovo fenomeno musicale, dopo l’epoca dei cantautori, stava nascendo: la moda dei complessi beat, dei figli dei fiori, delle  prime canzoni di protesta.  

La musica italiana era cambiata subendo sopratutto l’influenza di quella anglosassone, così come erano cambiati Tonino ed Angelo, che erano diventati giovani non più di primo pelo.

E così, mentre il mondo discografico viveva in quegli anni il fenomeno irripetibile dei Beatles e dei  Rolling Stones, ed in Italia incominciavano a riscuotere un successo strepitoso gruppi di cappelloni come l’Equipe 84, The Rokes, I Corvi, i Profeti ecc. , i nostri due amici, sentirono l'esigenza di costituire un gruppo musicale all’avanguardia, dapprima denominato The Matches” e  poi successivamente I PREPOTENTI, i veri protagonisti della nostra storia.

I Prepotenti erano costituiti oltre che da Tonino ed Angelo, anche da Ennio Di Petta, alla chitarra elettrica ritmica, dal fulvo Antonino Chioditti al basso e dal compianto Mario Lu Cioppe (all’anagrafe Mario Ciavatta) , voce solista del gruppo.

Con l’arrivo dei Prepotenti, la musica a San Salvo fece il primo vero salto di qualità verso la professionalità artistica, in linea con le mode del momento; avevano tutto per affermarsi: un aspetto professionale, i fans, l’ambizione e le giuste motivazioni; facevano tournee nei paesi limitrofi, erano famosi nei paesi del circondario. Era un successo assicurato averli come ospiti nelle serate danzanti, nei matrimoni o nelle feste di piazza.  Ricordo che un anno furono i protagonisti in assoluto della Festa di San Vitale, in cui si esibirono in piazza sulla cassa armonica ed un altro parteciparono con successo al Cantagiro Regionale Abruzzo e Molise, girovagando per tutta la regione che all’epoca non era ancora divisa.

Sull’onda del successo, poi, comprarono per quei tempi una marea di strumenti musicali a rate: impianto voce, microfoni, chitarre nuove. Tonino si comprò una Jupiter Meazzi (costò all’epoca 180 mila lire, una fortuna), Ennio ed Antonino si comprarono delle chitarre della Vox di colore bianco latte, le cui casse (solid-state) erano a forma triangolare, Angelo una batteria blu superaccessoriata, sulla cui gran cassa era scritto ovviamente “I PREPOTENTI e Mario un microfono professionale, come quelli che si vedevano al Festival di Sanremo. Acquistarono poi amplificatori della Davoli come il Super Tigre (un bestione di amplificatore da 120 watt,  il massimo per quei tempi),  l’Organ Bass da 80 watt, l’impianto voce della Geloso da 100 watt e casse della Davoli, l’eco Binson per la voce (gli strumenti venivano pagati a rate alla brava e paziente sig.ra Baccelli di Vasto, proprietaria di un locale di strumenti musicali, con il ricavato delle serate).

Presi dall’entusiamo del momento, poi, cambiarono, come si dice oggi in gergo, anche look: cominciarono ad indossare pantaloni dapprima alla Celentano e poi fiorati alla “figli dei fiori”, si fecero crescere i capelli, si fecero nuove divise,  insomma seppero integrarsi con professionalità nel panorama musicale beat in voga del momento.

Ricordo che io, all’epoca, chitarrista in erba, mi mangiavo con gli occhi Tonino, che con la sua Jupiter Meazzi, suonava da Dio. Cercavo di carpirgli tutti i suoi segreti della chitarra: come metteva il barrè, di capire le posizioni che usava, le 7 diminuite, le 7+, le none, le 5+, le undicesime, accordi che alla maggior parte dei chitarristi dell’epoca erano sconosciuti.  Ed a tal proposito credo di poter affermare oggi, senza ombra di dubbio, che Tonino Masciale, sia stato e lo è ancora, con la fisarmonica e la chitarra, un maestro, un musicista con la conoscenza delle regole musicali dell’armonia come pochi, un interprete unico e dal tocco musicale sopraffino, un punto di riferimento per le successive generazione ed infine, consentitemi di dargli un merito: quello di essere stato indirettamente il mio maestro, anche se egli non lo ammetterà mai.

Ma tornando al nostro racconto, la fama dei Prepotenti si era sparsa anche al di là della realtà locale e cominciarono a mietere successi e riconoscimenti in ogni luogo si esibissero.

E cosi, tra un successo ed un altro, un bel giorno andarono via da San  Salvo, scritturati da orchestre di spettacolo professionali.

Fu la fine dei Prepotenti.

Al loro ritorno il gruppo dopo un pò si sciolse con mia enorme delusione.

Come tutte le belle favole della vita, anche la loro terminò.

Il tempo passa e pone gli uomini dinanzi a nuove sfide ed a responsabilità che l’età adulta impone. 

San Salvo all’epoca era un paesino di 4 mila anime, sperduto tra il mare e la campagna.

Sono convinto che se i Prepotenti fossero nati e vissuti in centri all’epoca più visibili al mondo discografico, avrebbero calcato PREPOTENTEMENTE  le luci della ribalta.

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