Nel mese di marzo ricorre un evento storico per il nostro territorio: il 65° anniversario dell’occupazione del Bosco Motticce. L’avvincente storia iniziò con la seduta del Consiglio comunale del 16 Novembre 1946 quando, l’amministrazione comunale, discusse su due provvedimenti riguardanti il bosco. Nel primo si richiese l’autorizzazione al taglio delle piante matricine e nel secondo si richiedeva la trasformazione a coltura del bosco comunale Moticce situato nei pressi della Ss 16 che, a sud, confinava con la strada Bufalara.
Le autorità governative avevano la necessità di requisire il bosco utilizzandolo per la raccolta della legna, per la bonifica dalla malaria, per creare nuove costruzioni ma soprattutto per sistemare gli agricoltori più poveri eliminando anche la figura del bracciante agricolo dal momento che aveva scarsa probabilità di trovare un lavoro stabile nel Comune. Inoltre l’amministrazione fece presente al prefetto che la richiesta stava molto a cuore della popolazione che in più riprese aveva protestato.
La risposta che giunse da parte del prefetto fu negativa e lasciò l’amaro in bocca a tutta la popolazione che sentì sconfitta.
L’autorità comunale però non si arrese e, nel 1950, cercò di ripresentare alle autorità competenti le ragioni della popolazione attraverso una nuova delibera riportante interamente la relazione fatta dal perito demaniale Marchis. Quest’ultimo, citando la relazione Schiavone del 1935, ricordava che il bosco era stato già distrutto dalla guerra e un'ulteriore risposta negativa avrebbe potuto far innervosire la popolazione.
Ancora una volta all’interpellanza seguì un no come risposta. Tale atto non fece che confermare le condizione di disagio in cui versava la popolazione del vastese e di quanto le autorità fossero sorde agli appelli delle amministrazioni oltre che dei cittadini; a questo punto non c’è da meravigliarsi se qualche tempo dopo esattamente il 5,6,7 Luglio a Vasto scoppiarono delle proteste.
Nello stesso periodo anche la Camera del Lavoro organizzò uno sciopero generale che purtroppo sfociò nella requisizione dei generi alimentari e comportò l’uccisione di una ragazza di soli 22 anni.
Tuttavia, anche di fronte a questa violenza, i numerosi e validi sindacalisti presenti sul territorio organizzarono azioni rivendicative di stampo pacifico e, in più occasioni, informarono per iscritto il prefetto del mancato avvio delle opere pubbliche o della mancanza di servizi essenziali nel territorio.
Seguirono ulteriori risposte negative a questi tentativi pertanto, nel giro di pochi giorni, si mise in moto un vasto fronte di lotta.
A San Salvo, ad esempio, nel 1950 il movimento per l’assegnazione delle terre ai contadini poveri del paese era già ben strutturato. Si pensò quindi si passare all’atto pratico occupando il Bosco Motticce; i contadini che tentarono tale azione furono guidati dai responsabili sindacalisti di Federterra.
Fu presa una decisione: il giorno 12 Marzo più di 1500 persone si diedero appuntamento nella periferia del paese.
Non fu tutto semplice: prima della partenza il sindaco cercò di convincere la folla ad abbandonare il proposito prefissato ma, dopo varie tensioni, i manifestanti partirono ugualmente. Arrivarono sul posto in mattinata e da subito cominciarono i lavori di ripulitura che poterono andare avanti sino al primo pomeriggio, quando si verificarono i primi arresti.
Le detenzioni fecero aumentare il fervore delle organizzazioni che inizialmente erano rimaste fuori; infatti raggiunsero Bosco Motticce i rappresentanti sindacali di Vasto e Chieti per unirsi ai manifestanti.
L’occupazione sembrò procedere nel migliore dei modi almeno fino al giorno 14 quando, più di 600 carabinieri, si schierarono intorno al bosco armati. Solo allora si cominciò a temere sul serio per l’incolumità di tutti gli occupanti.
In questo contesto si inserì Bruno Corbi che riuscì ad evitare il peggio convincendo gli occupanti del bosco a fare ritorno nei propri comuni con la promessa che si sarebbe battuto per lo sviluppo forestale.
Grazie a quest’ultimo intervento i carabinieri lasciarono andare gli occupanti senza spargere il loro sangue mentre i 78 protestanti arrestati ottennero un decreto di amnistia per i reati contestatigli.