Conosco Mike da quando eravamo bambini. Siamo stati compagni di banco alle scuole medie, sezione M, e poi, per tanto tempo, compagni di squadra e anche avversari - amici sui campi di calcio. Lui giocava in difesa, io a centrocampo, io ero lezioso e impaurito, lui concreto e forte, soprattutto a colpire di testa. Lâesatto contrario eravamo fuori dal rettangolo di gioco: io sempre pieno di idee e iniziative, lui timido e con un carattere dolce e pacato (tranne quando perdeva le staffe e allora bisognava girare alla largaâ¦). Ci siamo visti (con annesse famiglie al seguito) lâultima volta ad un comizio di metà maggio, mi ha rivolto un affettuoso e sorridente in bocca al lupo. Se avessi potuto leggere il destino, quellâ âin bocca al lupoâ toccava più a lui. A scuola, in classe, ci chiamavamo tutti con nomignoli e âsoprannomiâ, frutto di goliardica stupidità e tenerezza: a Mike, per via della prima parte del suo cognome, gli avevamo affibbiato il nomignolo di â Mastro Geppettoâ poi per accorciare solo âGeppettoâ; non ricordo di chi fu lâidea ma rammento che anche lui si faceva un sacco di risate. Dâaltronde ognuno di noi, allâepoca, era impegnato a costruire unâidentità , a frequentare unâetà , una stagione della vita che adesso è coriandoli e nostalgia. Anche quando le nostre strade avevano perso il quotidiano, non abbiamo mai smesso di tenerci in contatto e di riavvolgere il nastro dei ricordi e dei bei tempi dellâinfanzia e dellâadolescenza. Mike era un grande sportivo e si era appassionato alla palestra. Ricordo, per un periodo, che vantava le qualità dello spinning e mi invitava a dare seguito al suo invito. Lui era un maestro in questo, instancabile. Io gli promettevo che la cosa era in agenda, ma non ho mai mantenuto la promessa, per pigrizia e perché a volte il tempo ti schiaccia fino allâinverosimile. Poi pero accade che il tempo non ti schiaccia più, ti gira le spalle e se ne va, e lâagenda rimane in balia del vento, con tante pagine vuote ancora da appuntare. Rimangono foto sfuocate, in bianco e nero, di tutto e il contrario di tutto. Restano, soprattutto, le troppe lacrime di madri e padri, di spose e figli, di occhi anonimi. Restano abbracci muti, forti, veri. A Katia, a Flavio, a Teresa, Mario, Claudia⦠Morire di lavoro fa schifo. Con tutta la retorica possibile, ma fa schifo. Lo penso proprio su questa bicicletta che costeggia spiaggia e dolore, affogando nel mare la mia triste pedalata. Mentre âGeppettoâ, ne sono sicuro, si sta divertendo come un matto a fare spinning in Paradisoâ¦
Arrivederci Mike.