La Regione Abruzzo continua a ignorare lâemergenza cinghiali e intanto i danni arrecati alle colture agricole dagli ungulati si moltiplicano. E a pagare, ovviamente, sono i cittadini. Che tra lâaltro pagano due volte: prima perché subiscono i danni alle colture o alle autovetture, poi perché i rimborsi della Regione non sono altro che denaro pubblico, dei contribuenti appunto, soldi che potrebbero essere spesi diversamente e meglio. Sulla delicata questione interviene, ancora una volta, Camillo DâAmico, in qualità di vicepresidente della Copagri, con una lettera aperta indirizzata allâassessore regionale âcompetenteâ Mauro Febbo.
«La problematica dellâalto numero di cinghiali presenti nel territorio non può più essere elusa. I danni alle produzioni agricole sono elevatissimi ed i rimborsi concessi sono parziali e tardivi. Tardare ancora in unâazione decisa ed incisiva è colpevole e delittuoso. Potrebbero essere utili campagne di contenimento in quelle aree dove più alta e certificata è la densità degli ungulati. Per troppo tempo si è fatto finta di nulla, sottacendo il problema, coprendo così i soliti furbi che dellâillegale caccia al cinghiale senza calendario né confini hanno fatto un vero e proprio âmestiereâ. I locali pubblici servono il cinghiale cucinato in forme diverse e per lâintero anno solare. Ma questa carne da dove arriva? Quali garanzie ci sono sul piano sanitario? Il costo pagato dai ristoratori è tassato dal fisco? Eâ la Regione che deve prendere decisioni ed iniziative concrete. Per questo chiedo allâassessore Febbo di inserire lâargomento nella prima utile riunione del tavolo verde regionale».
Un allarme, anche di tipo sanitario, che sarà ignorato anche questa volta. Sia dalla Regione, in particolare dall'assessore Febbo, sia dalla Asl. Si aspetta, magari, una bella intossicazione su larga scala. D'Amico continuerà a rilanciare il problema, ignorato da tutti, ma farebbe bene a rivolgersi direttamente in Procura.