La stampa si interessa poco delle âcoseâ belle che fanno i giovani. Nei piccoli paesi ci sono tanti giovani talenti, ma di loro non si sa quasi nulla.
Avevano ragione i latini: «Nessuno è profeta nella sua terra». Uno di questi è Marco DâAscenzo, sansalvese, ingegnere meccanico. Marco è un progettista delle parti in fibra di carbonio delle vetture della Lotus F1, scuderia del pilota finlandese Raikonnen. Per il giovane ingegnere che vive ad Oxford, entrare alla Lotus F1 non è stato facile.
à riuscito a coronare il suo sogno, solo grazie alla sua solida preparazione e al suo grande amore per le macchine da corsa. I dirigenti della Lotus puntano molto sulla sua giovane età . DâAscenzo aveva iniziato a frequentare il liceo scientifico di Vasto, ma la predilezione per le materie tecniche, gli ha fatto, poi, cambiare scuola, trasferendosi allâIstituto Tecnico Industriale.
Nel 2005 si è iscritto alla Facoltà di Ingegneria meccanica dellâUniversità di Bologna, per poi laurearsi con il pieno dei voti. Prima di discutere la tesi, ha studiato per sei mesi nellâUniversità di Delft (Olanda), dove ha condotto un lavoro sperimentale, ottenendo una pubblicazione scientifica. Dopo aver ottenuto la laurea, è stato assunto per tre anni dalla scuderia Toro Rosso di Faenza (ex Minardi). Lo scorso anno ha lasciato la Toro Rosso per entrare nella Lotus F1 (3 titoli mondiali nel campionato costruttori e 4 titoli nel campionato piloti).
«Ci tengo a sottolineare â ha affermato Marco â che non sono stato mai un secchione. Nonostante lâimpegno costante profuso durante gli anni di studio non ho mai rinunciato a festeggiamenti vari e serate con amici, dâaltronde il fascino della vita bolognese non lasciava scampo. Inoltre, lâesperienza dellâErasmus, è stata una parentesi fantastica che consiglio a tutti gli studenti».
«Mi era sempre rimasto - ha aggiunto - il tarlo dellâ esperienza lavorativa allâestero e ad un certo punto il confluire di tre fattori mi ha portato ad una svolta. Il primo fattore è stata l'involuzione culturale che stava attraversando la popolazione italiana. Il secondo è stato la prospettiva di lavoro nel sistema italiano, dove la meritocrazia è un concetto assolutamente inesistente. Il terzo era puramente legato allâambito F1, avevo âimparato il mestiereâ davo il 100% ma lavoravo per una squadra che si limitava a far da palestra ai giovani piloti del programma Red Bull e sentiva troppo il peso della competizione».
Auguri a Marco per una lunga e brillante carriera. In bocca al lupo!