Il sansalvese più antico di nome Salvo

Salvius Numisius Salaventum

Ines Montanaro
07/09/2014
Varie
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Un nome, uno qualsiasi, affinchè diventi 'toponimo' (= nome di luogo) deve, innanzi tutto, connotare il luogo con le sue peculiarità. Non vi è città, paese più o meno grande, rione, frazione, che sfugga a questa logica. Nessuna denominazione s’innesta nella tradizione millenaria se non vi è stato un avvenimento, una realtà oggettiva qualsiasi, che non lo ha fatta mai dimenticare, anche se, nel tempo, subisce qualche trasformazione linguistica.

Se poi è un nome di persona - come nel caso di San Salvo - chi lo ha portato non può non aver fatto o detto nulla per viaggiare 'senza una certa continuità' attraverso i secoli. Frate Salvius, Benedettino dell’Alto Medioevo – a detta dei più – ha dato il nome alla nostra città, ma è una storia complessa che s’intreccia con ben quattro monaci di nome 'Salvius/Salvo/Salvi', che qui hanno 'soggiornato' e non, ma hanno lasciato traccia con la loro personalità, la loro fama, e la regola benedettina dell’Ora et Labora del locale monastero.

Don Cirillo Piovesan e il prof. Giovanni Artese, hanno fatto studi appassionati sulle origini della nostra città e sul suo nome, l’ipotesi più recente del nome San Salvo resta legata a quella di un Santo Vescovo francese di Alby che, i monaci locali, avevano in venerazione. Difficile essere precisi nelle ricostruzioni storiche, soprattutto quando, gli elementi qualificanti, interrompono la loro visibilità. Più semplice è ipotizzare – senza offendere il passato – collegando nomi certi, periodi storici documentati, reperti archeologici reali, ma anche, prendendo a 'braccetto' le ipotesi più seducenti. Senza ombra di dubbio, secondo lo storico londinese Andrew Slade - citato dal prof. Artese - è esistita una persona di nome Salvius Numisius Salaventum: un aristocratico proveniente da quella Sulmona in Valle Peligna che diede i natali anche al grande Publio Ovidio Nasone. Quali ragioni lo spinsero a questa migrazione è difficile da dire, ma sempre da Andrew Slade, viene ipotizzata la transumanza.

Il nostro Salvius, come Padre Abramo, lascia la sua terra e va dove - anche se pagano - Dio gli indica (cfr Gen 12,1). È evidente che per essersi fermato qui - nelle terre sansalvesi a confine con Cupello e Vasto - ancor oggi chiamate 'dei Salavento', aveva trovato condizioni di vita migliori per il suo allevamento e, di conseguenza, per la sua famiglia. Fu un suo liberto che tornò indietro e gli disse: «Vieni e vedi con i tuoi occhi!» o fu lui stesso a constatare?
Sposò una bellezza locale o la portò dalla sua terra d’origine? Sicuramente era uomo dai progetti concreti che sapeva investire e prosperare: Il classico Pater familias romano che, con la sua domina e la sua famiglia, poteva essere il proprietario della domus con la stanza del mosaico di piazza San Vitale, oppure avere un’altra residenza e, non escluso, essere uno dei tanti proprietari che si sono avvicendati nei secoli nella villa/fattoria di via San Rocco dove - nel corso di uno sbancamento - è stato trovato il capitello che ornava la colonna della chiesa di S. Angelo in Salavento del X secolo.

Di certo egli è il primo uomo di nome Salvius di questo paese che la storia ricorda. L’ultimo, invece, che bisogna annotare, è un certo Salvo Passucci nato a San Salvo nel 1955 e, a tutt’oggi, residente in Messico. Il nome Vitale e Vito, a San Salvo, continuano ad avere fortuna con i neonati sia al maschile che al femminile. Segno che la devozione al Santo Patrono è immutata dopo quasi 300 anni.
Tanti secoli dopo, l’eroico vice-brigadiere Salvo D’Acquisto - in via di beatificazione - ha dato il nome alla nostra scuola media. Per il nome Salvo/Salvina, invece, attendiamo una coppia che, per amore del Santo Cristiano in primis, del presto Beato, ma anche del primo cittadino romano immigrato che si fermò sagacemente su questa terra bella e fertile, dia questo nome al loro bambino/a e, un giorno non lontano, gli amici possano – incontrandoli – dire: «Ciao Salvo/Salvina oggi sei dei nostri?».

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