Salvatore Ferdinando alias 'San Nicola senior' e la 'pizza con gli sfrivoli'

Maria Napolitano
24/09/2014
Gusto
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A 12 anni Ferdinando cominciava ad avere le sue prime 'esigenze' (voleva caramelle e magliette) e la mamma, con lungimiranza, pensò di mandarlo (durante le vacanze estive della seconda media) da un suo compare panificatore per fargli guadagnare qualche soldino: per tre mesi a 500 lire al giorno guadagnò 45 mila lire. Dopo quell’estate sperimentò altri lavori (elettricista, muratore, falegname, meccanico) perché gli sembrava troppo duro lavorare di notte. Ma nessuno di questi lavori lo soddisfaceva come la panetteria. Lì si sentiva a suo agio nel suo mondo, come 'dentro un uovo'. Veniva attirato dalla magia che trasformava acqua e farina in pane. Un vecchio panificatore gli spiegò che il pane non viene mai uguale anche se ci si impegna al massimo. In molti  panifici in cui è stato titolare si è auto costruito il forno combinando le conoscenze da muratore con le esigenze del panificatore.

Per Ferdinando fare la pizza è una vera e propria arte. Nel preparare questo straordinario alimento egli usa le conoscenze di chimica e di scienza degli alimenti che ha acquisito un po’ come autodidatta, un po’ dai vari esperimenti e una altro po’ dai corsi per panificatori a cui ha sempre partecipato. La sua pizza è fatta con il lievito naturale ottenuto da lui stesso con dei procedimenti molto particolari per ottenere un prodotto di qualità. Egli rinfresca questo lievito naturale con 'acqua pura' ossia acqua corrente, bollita, posta dentro una brocca blu per la rioossigenazione e poi riposta dentro una brocca di cristallo di Bohemia (Bohemia perché è l’unico cristallo che consente di ridare una certa frequenza all’acqua) in cui viene posto un cristallo ialino e un bastoncino di acciaio con dentro delle rocce particolari; il tutto per riaumentare il ph dell’acqua. La farina, nonostante l’alta tecnologia non è più quella di una volta.

Uno dei prodotti tipici di San Salvo e del circondario è la pizza 'con gli sfrigoli'. Gli sfrivoli sono dei rimasugli del grasso di maiale. Quando i frigoriferi e i supermercati non esistevano, nel periodo invernale a San Salvo e nel circondario (nell’atto di produrre delle scorte di cibo nell’arco dell’anno) si ammazzava il maiale che si auto allevava per ricavarne salsicce, salami, i caratteristici 'lummell' (le cosiddette lonze), le ventricine e simili. Del maiale non veniva buttato niente. Il sangue veniva utilizzato per il 'sanguinaccio', la pelle veniva utilizzato per fare il sapone di casa e così via. Il giorno in cui si ammazzava il maiale era una vera festa: i vicini e/o i parenti si aiutavano a vicenda. Gli sfrigoli erano lo scarto della sugna del maiale: un particolare pezzo del maiale che veniva privato di una specie di pelle/retina, fatta a pezzi, messi in un grosso tegame e fatti sciogliere lentamente. Man mano che si scioglieva il grasso, questo liquido veniva messo dentro dei barattoli: era la sugna che poi serviva per ungere e conservare i salumi una volta essiccati. i rimasugli non sciolti di questa procedura erano gli sfrivoli.

Ferdinando in via esclusiva ci ha dato la ricetta di questa tipica pizza di San Salvo. Si prendono 200 gr lievito madre preparato ad arte, 1Kg di farina, 20gr sale e 20 gr lievito di birra acqua quanto basta. Si fa un impasto, si fa riposare per 10 minuti, si stende una sfoglia di circa 4 millimetri, ci si stendono gli sfrivoli, poi si comincia ad arrotolare tipo un rollè e lo si 'torcia' come se si torcesse un lenzuolo. Si arrotola questo rollè come una lumaca e lo si pone arrotolato come una lumaca in una teglia unta con olio o con del grasso di maiale; appena il rotolo si gonfia un pò si schiaccia delicatamente con le mani per farla aderire alla teglia e la si copre con un panno umido (mai la pellicola poiché fa morire i lieviti) fino al raddoppio del volume. Sopra la pizza ci si può aggiungere pepe rosso, rosmarino, pepe bianco ecc. A questo punto la si inforna. È una pizza buonissima perché è molto croccante.

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