Il cuore dei carcerati

Una finestra sul carcere

Maria Napolitano
11/02/2016
Attualità
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Tutto è cominciato grazie ad Alba, un’amica. Sua figlia Alessandra aveva insegnato matematica in carcere e in quell’occasione aveva conosciuto la dottoressa Giuseppina Rossi, la Funzionario giuridico-pedagogico dell’Istituto penale di Vasto.

Nell’estate scorsa Giuseppina ha chiesto ad Alessandra se conosceva qualcuno che era disponibile a fare del volontariato in carcere.  La mamma era la persona perfetta, un’insegnante in pensione che aveva anche avuto diverse esperienze di volontariato con situazioni di tossicodipendenza. Alba ha accettato l’invito e lo ha esteso anche ad altre tre sue amiche.

Dopo i tempi tecnici dei permessi necessari per entrare in carcere, è arrivato il giorno in cui cominciavamo questa esperienza. Durante il tragitto in macchina, prima di arrivare, pensavamo la stessa cosa: a nessuna di noi era mai venuto in mente di fare del volontariato in carcere e avevamo anche tanti timori e tanti pregiudizi, gli stessi che si provano con l’ignoto. Tuttavia sentivamo nel cuore questa chiamata.  

La prima volta era venuta anche Alessandra che ci ha presentato alla dottoressa Rossi, una persona davvero speciale, pacata e autorevole allo stesso tempo e che fa il suo lavoro con professionalità e amore.

Nel passaggio da un cancello all’altro, non c’era detenuto che non salutava guardandoci diritto negli occhi.

Dopo aver visitato alcuni ambienti del carcere, Rossi ha illustrato le regole e il funzionamento dell’istituto e ci ha anche parlato della sofferenza di quegli uomini che si trovano in quel luogo per delle scelte sbagliate ma che vivono una situazione di disagio.

La poesia, riportata a margine, scritta dal detenuto Gennaro Improta, aiuta a comprendere il loro stato d’animo.

 

“A modo mio, preghiera a Dio"

 

E’ quas mezzanott  (E’ quasi mezza notte)

E ‘p durmì accumenc’ nata lott (e per dormire incomincia un’altra lotta)

Cu l’uocch nfus e chiant (Con gli occhi bagnati di pianto)

E dintr’ o cor nu’ rimpiant (e dentro il cuore un rimpianto)

I sto’ pregann a tè (sto pregando a te)

Signore sant (Signore Santo)

Picchè mi sent stanc  (perché mi sento stanco)

P’ l’affett ca ‘m manc (per l’affetto che mi manca)

P’ stu sol ca’ nun spont (per il sole che non si vede)

T’ cerc scus si parl comm magn (Ti chiedo scusa se ti parlo come mangio)

Ma sul tu o può capì nu cor (ma solo tu puoi capire un cuore)

Ca chiagn (che piange)

M’ manc assai, muglierm’ e criatur (Mi mancano tanto mia moglie e i bambini)

Sapiss quant’ a vot (sapessi quante volte)

I soffr niud’ o’ scur (soffro nel buio)

Guardammil tu, o’ post mij (Guardameli tu al posto mio)

Tu o può fa. Tu sì Dij (Tu lo puoi fare. Tu sei Dio.)

Piglt sti’ lacrim (Prenditi queste lacrime)

E regalm u’ surris (e regalami un sorriso)

Mann’m a casa mì (mandami a casa mia)

Chill’ è o’ paravis (quello per me è il paradiso)”

 

Poesia di GENNARO IMPROTA

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