(Mt 13, 1-23)
Rileggendo il testo evangelico di questa domenica ho cercato di immaginare la scena che esso descrive: Gesù sulla barca che parla alla folla raccolta sulla riva. Una folla che lo segue perché è affascinata dalla sua persona e dalla sua parola, uomini e donne che portano in sé lâardente aspettativa (Rm 8,19) di ricevere una risposta sensata alle loro domande esistenziali o, più superficialmente, solo di vedere i segni compiuti dal Rabbì di Nazareth.
E Gesù inizia a parlare, anzi, come dice il testo: «parlò loro di molte cose con parabole» (Mt 13,3). Il Signore apre il suo cuore e riversa sui suoi ascoltatori il tesoro del Dio che si fa conoscere esplicitamente alle sue creature. Chissà di quante cose ha parlato Gesù; lâevangelista però si sofferma particolarmente sulla parabola del Seminatore: credo che abbia catturato particolarmente la sua attenzione e il suo ricordo.
In Gesù, quindi, il Creatore parla un linguaggio umano per fare in modo che il âsemeâ della Sua Parola di vita e di senso possa germogliare e portare frutto nella vita di chi lo riceve. Nella sua piccolezza ed umiltà , esso racchiude in sé unâintera potenza vitale. à questo germe che il Divin Seminatore getta continuamente, a piene mani, nel campo della tua vita e della mia. Ad una logica umana di produttività , tuttavia, il comportamento di questo âagricoltoreâ potrebbe sembrare piuttosto bizzarro: che senso ha gettare il seme sulla strada, sul terreno sassoso e in mezzo ai rovi? Le cause di questo strano modo di lavorare si potrebbero ravvisare nella distrazione del contadino, nel suo essere maldestro, oppure nella sua sorprendente generosità .
Riflettendoci, le singole varietà di terreno descritte da Gesù non possono essere comprese come fossero solo diverse tipologie di persone. Diciamo invece che lungo il percorso della mia vita e della tua, possiamo ritrovarci in queste varie esperienze: spesso le prove che vengono dal Maligno, di cui sentiamo il peso o nelle quali a volte cadiamo, ci impediscono di accogliere lâannuncio della Salvezza. In altre occasioni le mie e le tue aridità di cuore e di fede ci rendono incostanti nei nostri programmi di conversione. Inoltre, può capitare a te come a me di fare esperienza delle spine, coltivate dalle varie preoccupazioni che arrivano a sottrarci sempre più tempo ed energie, che ci rendono nervosi o distratti nei confronti di Dio che chiama ed ama. Eppure il Signore dona a te e a me anche la grazia di fare lâesperienza del terreno buono ogni volta che riusciamo a far fruttificare la Parola di Salvezza ascoltata ed accolta, divenendo strumento del Suo amore e della Sua misericordia nella quotidianità che viviamo.
à così che davanti ai tanti casi di infruttuosità , lâinstancabile azione del seminatore ci conforta: Gesù è stato chiamato amico dei peccatori e ha dimostrato che anche il terreno più infruttuoso può diventare buono. Lui sa curare la mia e la tua durezza di cuore, la distrazione o lâindifferenza. Questa cura è espressa soprattutto nella Celebrazione Eucaristica: è là che Cristo si dona come Parola che spezza sordità da cui siamo afflitti e come Pane che sazia la fame da cui siamo attanagliati.
LâEucaristia inoltre ci richiama allâattenzione nel considerare gli eventi che accadono nella nostra vita; infatti alla pioggia e alla neve (cf. Is 55, 10) non sempre siamo capaci di dare connotazioni positive: la pioggia ad esempio può rovinare il programma di un giorno di festa o di vacanza, la neve dâaltro canto, pur nel suo candore, è fredda e può creare svariati danni. Tuttavia tanto la pioggia quanto la neve portano irrigazione e fecondità al terreno, senza di essi i campi rischierebbero di essere aridi, sitibondi e sterili. à proprio di chi ha il coraggio di fermarsi un poâper vivere âil tempo di una messaâ, di chi sosta nel mistero eucaristico per ascoltare e riflettere, così da rinnovare a Dio la sua fiducia, essere disposti nel ricominciare ogni giorno a percorrere un cammino di Salvezza. Un processo di dissodamento, di aratura, di estirpazione dei rovi che, insieme alla pioggia e alla neve possano costituire, in te e in me, il terreno buono che porta frutto e produce il cento, il sessanta, il trenta per uno (Mt, 13, 23).