Il canto del capodanno di San Salvo: "Lu capedanne (canto tradizionale augurale)

Fernando Sparvieri
27/12/2017
Territorio
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Il canto del capodanno è una canzone popolare augurale che veniva cantata nella notte tra il 31 dicembre ed il 1° gennaio allo scopo di augurare un buon principio d'anno a tutti e sopratutto alle famiglie a cui era diretta la serenata.  
La sua origine si perde nella notte dei tempi. Molto popolare sino agli 60, l'avvento dei veglioni e dei cenoni di fine anno ha fatto sparire del tutto questa antica e bellissima tradizione che apriva il mese dei canti (gennaio).
A cantarla erano adulti e bambini. 

Cominciavano prima i bambini. Frotte di ragazzini, già all'imbrunire della serata del 31 dicembre, si riunivano nei vicoli del piccolo paese ed andavano cantando il "Capodanno". Ne usciva fuori una versione alquanto originale, con voci bianche spesso stonate, accompagnate da qualcuno che "suonava" l'organetto a bocca (che il padre gli aveva comprato a  la "puteche" di alimentari in C.so Garibaldi di Mastro Guido Monacelli).  Altri suonavano invece "li stagnarille" (tappi metallici di bottiglia appiattiti con il martello, bucati al centro, ed applicati con un chiodo su una stecca di legname un modo che potessero emettere un suono sbattendo tra di loro).

I bambini, con portamento serioso, si recavano nelle povere case del quartiere, sperando, innanzitutto che qualcuno aprisse la porta, e poi  una volta entrati,  di ricevere in dono, per aver cantato, qualche dolcetto natalizio, come "nu cagginatte" o " 'na scrippelle". 
Ad una certa ora, che era tarda per i ragazzini, scendevano per le strade gli adulti. 

Era una bellisima sensazione ascoltarli a notte fonda, dopo essere stati svegliati dalle loro voci robuste, che improvvisamente squarciavano la quiete notturna. 
Gli adulti, uscivano, per quei tempi, abbastanza organizzati. Facevano già da qualche giorno prima le prove, in un clima di amicizia e fratellanza.

Cantavano accompagnati generalmente da una fisarmonica o  da" 'na du bbotte", mentre altri  improvvisati musicisti, provvedevano alla parte ritmica con "Li stagnarille",  la "tavele de le pénne" (la tavola per fare il bucato), sui cui denti veniva fatto scorrere, a tempo, una stecca di legno che produceva un suono particolarissimo. 
Qualche gruppo, che voleva fare le cose all'ingrande, aveva pure "lu buche e buche", * strumento tradizionale mono tono, costruito artigianalmente, il cui suono somiglia ad una pernacchia.

Lo scopo degli adulti, con la miseria che c'era, era quello di trascorrere una serata in allegria, mangiando e "sbicchirjando" nella case degli amici e conoscenti.

Era sovente tra di loro qualche "' 'mbracase" , cioè qualcuno che non era stato invitato a far parte del gruppo, ma che vi si intrufolava per poter  mangiare e divertirsi in compagnia. 

"Il canto del capodanno" era una bellissima tradizione nella società contadina. Con esso si rinnovava innanzitutto l'augurio di una buona annata, ma sopratutto si rinsaldava, già dall'inizio dell'anno, il sentimento dell'amicizia e della fraternità, in una piccola comunità che era davvero piccola, ma che era tutto il mondo.

 

 
Lu buche e buche è uno strumento musicale artigianale realizzato usando un recipiente di forma cilindrica (in legno, in rame, in terracotta ecc.), su cui viene applicata, sul lato aperto , una pelle di capra o di pecora in cui precedentemente viene fissato al centro, prima del  tiraggio della pelle a mò di tamburo, in perpendicolare con il piano pelle, un  pezzo di legno cilindrico (anche una canna), sul quale si fa sfregare, dall’alto in basso, una pezza bagnata, che stretta con forza tra le mani in modo che vibri (a da 'ngrambà), fa risuonare il recipiente, che funge da cassa arominica, emettendo un rumore simile ad una pernacchia.

 

 

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