Iole  e Erpinio Labrozzi, una bellissima storia d'amore sansalvese

Fernando Sparvieri (da SanSalvoantica)
21/01/2018
Territorio
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Correva l'anno 1956. Era successo che il farmacista del paese, il dott. Giovanni Ialacci, sansalvese, decise di andarsene a Chieti, ove aprì una farmacia. A sostituirlo arrivò la dottoressa Maria D’Annunzio (la mamma del dott. Mario Di Croce) che essendo già titolare di altra farmacia a Casalanguida,  e non potendo dividersi tra i due paesi, pensò di affidare (per poco tempo) quella di San Salvo ad una sua comare, da poco laureata, la giovane Maria Adda Iole Di Nardo (1930 - 2004), originaria di Guilmi la quale con entusiamo accettò l’incarico. 

Qui la giovane Iole, conobbe Erpinio Labrozzi (1922-1981), un giovane veterinario sansalvese, che frequentava la farmacia per motivi professionali, il quale dopo aver fatto amicizia con la nuova farmacista, se ne invaghì perdutamente.

Iole era una bella ragazza, distinta, dal portamento fine e signorile. Si era laureata in farmacia a Napoli, con passione e ostinazione. Il camice bianco da farmacista, le conferiva un aspetto unico e professionale, a cui i sansalvesi non erano abituati, avendo sempre avuto farmacisti maschi, da donn'Ureste Artese all'ormai lontanissimo Giuvannine Ialacci.  La sua dolcezza femmile, inoltre, esaltava ancor più la sua classe, quando parlando in italiano, era prodiga di consigli ai clienti sulle varie terapie da adottare per la cura delle malattie.

Erpinio Labrozzi, il quale cotto pazzo della nuova farmacista sin dal primo incontro, ogni sera partiva da casa sua, che era in Corso Garibaldi, dinanzi alla caserma dei carabinieri, per arrivare un po' più sotto, in farmacia, che si trovava in affitto in una camera al piano terra della casa di Andrea Fabrizio, nonno materno di Lino ed Andrea Checchia (attale incrocio tra Corso Garibaldi e Via G. de Vito).

Non è che Erpinio, a dire il vero, avesse timore a dichiararsi. Innanzitutto temeva che un rifiuto potesse rovinare la bella amicizia che si era creata tra di loro, e poi era un po' più grandicello rispetto alla bella farmacista e questo fatto, com'era logico, psicologicamente un po' lo bloccava. 

Iole, che non era ingenua, aveva capito tutto.Era attratta dalla gentilezza e forte personalità di quel giovanotto. A quei tempi i ruoli erano ben precisi: toccava al maschio fare il primo passo. E così il tempo  passava, ma Erpinio non si dichiarava.  Anche i suoi amici però avevano capito tutto. E così una sera invitaroro Iole ad una festa e quando ella arrivò, all'insaputa di Erpinio, che era lì presente, incominciarono a battere insieme ritmicamente le mani, gridando tutti  in coro: "Iole, la sposa di Erpinio! Iole, la sposa di Erpinio”!I due ragazzi si guardarono negli occhi e sorrisero a vicenda.

Quello fu il suggello e, morale della favola, vissero felici e contenti, pur tra le difficoltà della vita, che solo i matrimoni saldi, riescono con la sola forza dell'amore a superare. Il destino li portò dapprima a Carunchio, dove Iole, ancor giovanissima, lavorò nella farmacia del paese, e successivamente a Roccaspinalveti, cittadina in cui  la dottoressa Maria Adda Iole Di Nardo, farmacista, vide finalmente avverarsi il suo antico sogno di giovincella: divenire titolare di una farmacia tutta sua. Fu quello un periodo molto intenso e prolifico per la giovane coppia (e non solo per la nascita dei tre figli), in cui ognuno, oltre a svolgere la rispettiva attività professionale, si dedicò con passione ed impegno anche all'insegnamento nelle scuole medie dei paesi limitrofi, essendo in atto la prima vera scolarizzazione di massa, che vide impegnati anche quei pochi laureati in giro, che all'epoca si contavano ancora come le mosche bianche.

La vera passione di Erpinio, tuttavia, restavano gli animali, per i quali nutriva, sin dai tempi dell'Albania, un profondo amore. Fu lì,  oltremare,  a decidere, che se fosse un dì tornato in Italia, avrebbe fatto il veterinario. Lì si rese conto di quanto fosse importante che qualcuno si dedicasse con umanità a curare il bestiame e di quanto valesse una sola pecora per un pastore. Un valore inestimabile! 

Aveva il cuore buono Erpinio. Si racconta che quando, da veterinario, andava a fare un intervento delicato a qualche capo e malauguratamente non riusciva a salvarlo, a volte passando tutta la notte a lottare per strapparlo alla morte, tornava a casa distrutto. Erano più le volte che non si faceva pagare, sopratutto in questi casi, perchè gli sembrava ingiusto aggiungere il peso del suo onorario alla perdita economica che aveva subito il contadino, per il quale, ancora a quei tempi, la morte di un animale equivaleva quasi ad un lutto in famiglia.

San Salvo nel frattempo era cresciuta. Era arrivata la SIV (anni '60) ed era in arrivo la Magneti Marelli (anni '70), e per la prima volta nella storia della nostra cittadina, iniziava a muoversi qualcosina anche alla marina, in Contrada Marinelle (così si chiamava ancora all'epoca l'intera area costiera), che era considerata ancora zona di campagna.  

La nostalgia era tanta ed insieme alla sua Iole, decisero entrambi di rischiare. Acquistarono un terreno e vi realizzarono una farmacia rurale a due passi dal mare, in Via Arenile (così si chiamava all'epoca Via A. Doria), entrando di diritto a far parte della storia dei primi pionieri della neonata San Salvo Marina, che a quei tempi contava ancora quattro case e quattro gatti. 

Erano felici in quella casa in riva al mare, in cui qualche tempo dopo andarono anche ad abitare (1974) , ma vi era un'antica promessa a cui tener fede: tornare un giorno nella loro antica  residenza  in Corso Garibaldi, dal cui portone ogni sera usciva e partiva con il piede giusto un giovane timido principe con l'impermeabile beige, per recarsi dalla sua principessa in camice bianco, per poi perdersi inevitabilmente per strada.

Era l'ultimo atto che mancava al loro romanzo d'amore, tornare in quella casa  che era stata il primo nido, che per loro era più bella ed imponente di  una reggia.  Correva l'anno 1978 quando Erpinio iniziò a ristrutturarla.  Ma ecco che il destino, lo stesso che venticinque anni prima li aveva resi interpreti di una delle più belle favole d'amore che la nostra cittadina ricordi, stava per interrompere all'improvviso il loro solidale e felice cammino, scrivendo la pagina più amara.

Era il 1 maggio 1981. La ferale notizia si sparse in un baleno: il dottor Erpinio Labrozzi, che per la cronaca rivestiva da qualche anno la carica di vice Sindaco del Comune di San Salvo, tra lo sgomento dei suoi familiari, dei suoi amici e di quanti lo conobbero e gli vollero bene, si era spento a Chieti, dopo brevissima ed improvvisa malattia.

Questa volta, purtroppo, Erpinio se n'era andato per sempre. Non sarebbe più tornato, nè da Chieti, in cui da ragazzino aveva studiato, né da quella prigione in Albania in cui durante la campagna di guerra in Grecia era stato, né da Bologna e Perugia, città in cui aveva studiato e si era laureato, e né dai paesi dell'interno in cui  come veterinario e professore aveva tanto lavorato. 

 

L'intera storia si trova su http://www.sansalvoantica.it/cronaca/li-frastire/foto-forestieri/Li-frastire-a-Sante-Salve-10.html

 

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