âLa Filiera della Selvaggina come Opportunità di Valorizzazione delle Risorse Naturali del Territorio Abruzzeseâ al centro del convegno che si è svolto a Pescara, nella sede di Aurum, nellâambito del progetto âRisorse Naturali dâAbruzzoâ. Lâobiettivo è il ridimensionamento del âproblema cinghialiâ contribuendo alla riduzione del numero dei capi, salvaguardando il territorio dai danni provocati da questi selvatici e costruendo una filiera forte, competitiva e qualificata capace di incrementare il consumo di carne di selvaggina trasformata in maniera sicura e di qualità così da far crescere il reddito delle imprese agricole che partecipano al progetto e di quelle economie delle aree interne. Il progetto è governato da una ATI con capofila la Cooperativa ASCA ed aggrega ben 22 partner fra investitori diretti ed indiretti ed è finanziato dal PSR Abruzzo 2014-2020 a valere sulla misura 16.4 âFiliere Corte e Mercati Localiâ.
Regione pioniera in termini di destinazione della fauna abbattuta è stata lâ Emilia-Romagna che nel 2007 ha consentito lâutilizzo della selvaggina per autoconsumo.
âGrazie a queste iniziativeâ, spiega Maria Luisa Zanni della Regione Emilia-Romagna, âè possibile reperire prodotto fresco dellâAppennino nelle macellerie anche del centro città e degustare piatti cucinati da chef qualificati realizzati con carni di prima qualità , frollata e sezionata correttamente al fine di valorizzarne al meglio il saporeâ.
âSebbene i prodotti di selvaggina ricoprono un ruolo importantissimo nella green economy, il valore di essi è stato a lungo sottostimatoâ, dice Roberto Viganò dello studio associato AlpVet, âQuesto ci deve far ragionare su quanto finora in Italia ci siamo lasciati sfuggire non solo dal punto di vista economico, ma soprattutto dal punto di vista di immagine dellâattività venatoria, la quale, ancora oggi, non viene riconosciuta come qualcosa in grado di produrre degli alimenti, ma più che altro come unâattività ricreativa e con una forte e radicata caratterizzazione sociale, essendo prevalentemente praticata più per convivialità â.
âIl progetto si pone lâobiettivo ambizioso di trasformare un problema in risorsa e opportunità â, afferma il coordinatore del progetto Fabio De Marinis, âCon la vendita di carne di selvaggina attraverso una filiera, controllata e certificata, si potrà far emergere un consumo sempre regolare e sicuro per il consumatore, ma anche integrare il reddito delle aziende agricole aderentiâ.
Le intere province di Pescara e di Chieti e oltre la metà della provincia dellâAquila saranno i principali fornitori della selvaggina, in particolare del cinghiale. âSi ipotizzaâ, continua De Marinis, âche, a regime, la Filiera possa intercettare almeno un 55% di tutti i cinghiali abbattuti annualmente in Abruzzo, pari a circa 6000 capi. Questi potrebbero risultare divisi in 4000 capi derivanti dalla caccia collettiva (52% dei capi abbattuti in braccata/girata) e 2000 capi provenienti dalla caccia di selezione e controllo (64% dei capi totali abbattuti in queste forme)â.
âUna soluzione per le buone pratiche di conservazione del prodotto consiste nel favorire la realizzazione di una rete locale di Centri di Sosta (CdS) con celle frigorifere di adeguate capacità , indifferentemente che un cacciatore voglia commercializzare il suo capo tramite un CdLS, oppure cederlo direttamente al consumatore finale o riservarselo per lâautoconsumo nel proprio ambito domesticoâ, sostiene Mauro Ferri, esperto del S.I.E.F. (Società Italiana Ecopatologia della Fauna).
âSono fiducioso sul contributo che questo progetto possa dare in termini di salvaguardia e valorizzazione del territorio riducendo gli effetti che la fauna selvatica sta creandoâ, dice Mauro Di Zio, Presidente Cia Abruzzo, âLa nostra confederazione, a livello nazionale, è già promotrice di una radicale riforma della legge 157 del 1992 che regola lâattività di caccia e che, innanzitutto, si pone lâobiettivo di sostituire il concetto di protezione con quello di gestione, e prevede varie iniziative volte a tutelare lâattività agricolaâ.