Amazon, colosso dellâe-commerce, che paga al Governo del nostro Paese il 3% di tasse, ha deciso di insediarsi nella zona industriale di San Salvo (CH) a pochi chilometri dalla mia cittadina e al confine con il Molise. Lâautoporto nel quale il gigante dello sfruttamento mondiale andrà a piantare le sue radici, è stato al centro di particolareggiati iter burocratici i cui relativi ritardi hanno animato un acceso dibattito tra forze politiche dâambo gli schieramenti, che si sono contese la paternità di tale operazione. Tutto il sistema politico locale e regionale ha guerreggiato affinché nel più breve tempo possibile, fosse concesso lâautoporto ad Amazon, lâinventore del braccialetto elettronico con il quale ha inanellato tutti i suoi malpagati schiavi in giro per il mondo come se fossero vacche. Emblema della più esemplare destrutturazione dei più elementari diritti sociali del lavoro, questo mostro produrrà unâoccupazione elevatissima, di scarsa qualità e con ritmi di lavoro difficilmente sostenibili per più di due anni consecutivi da qualsiasi comune essere umano. Quando avrà spremuto i lavoratori di tutto il territorio fino allâultima goccia di sudore, andrà altrove a fare lo stesso anche se nel frattempo, avranno abbassato la saracinesca migliaia di attività vere, migliaia di piccole realtà che ancora oggi garantiscono quel poâ di lavoro autentico. Dopo Amazon il vastese diventerà un deserto e puntualmente spunteranno come funghi velenosi quei giornalisti, quei dirigenti politici, quei deputati che oggi sventolano la bandiera oscura dellâe-commerce e che domani si chiederanno perché è accaduto tutto questo alla costante ricerca di responsabili che al contrario avranno davanti agli specchi tutti i giorni. Un film visto, rivisto e stravisto.