Sull'alienazione dei demani comunali di San Salvo

Giovanni Artese
11/07/2005
Storia
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Desta stupore la fretta con cui l¹Amministrazione comunale di San Salvo ha deciso di alienare le terre demaniali delle Motticce, Marinelle, Prato e Saletto. Una fretta probabilmente dettata anche dalla volontà di chiudere la partita in maniera indolore, in assenza cioè di un dibattito autentico e partecipato; e sicuramente favorita da un silenzio pressoché totale sul tema da parte di politici, intellettuali e opinione pubblica più in generale. La motivazione ufficialmente addotta per la ''legittimazione e l'affrancatura'' di quei terreni (in altri termini la loro vendita) è infatti una non meglio spiegata volontà di ''risolvere i numerosi problemi dei possessori dei terreni in ordine alla possibilità di finanziamento di nuovi impianti e del miglioramento delle colture. Nel periodo in cui il Comune era riuscito finalmente a recuperare 25 ettari del Prato e delle Marinelle abusivamente occupati da privati, in una interpellanza al Consiglio comunale del 15 febbraio 2000, il sottoscritto aveva chiesto all¹allora sindaco quale fosse l'intendimento dell'Amministrazione comunale sulle terre di uso civico; ottenendo in risposta che l'obiettivo dell'Amministrazione consisteva nella loro liquidazione, seppure con il fine di agevolare i coltivatori di quei terreni e di mantenervi la destinazione d'uso agricolo. Adesso che in sostanza siamo arrivati al termine di tale iter, ci permettiamo di riproporre le perplessità di allora con l'aggiunta di quelle di oggi. 1) Se prendiamo ad esempio i terreni delle Motticce, assegnati nel 1957 dopo le lotte del 1950 (che per poco non terminarono nel sangue, come accadde a Lentella, e che dalla sinistra sono sempre state ricordate come un evento mitico, non solo dal punto di vista ''sindacale'' ma soprattutto sociale e culturale, cioè come la rivolta del proletariato delle campagne contro gli apparati dello stato condizionati dai latifondisti), il principio con cui vennero ripartiti e affittati (inizialmente in 133 lotti) fu quello di consentire ai contadini poveri o ai braccianti nullatenenti di poter disporre finalmente di un pezzo di terra da coltivare in proprio. In seguito, come tutti sanno, le cose sono cambiate: alcuni dei beneficiari delle quote sono emigrati o hanno cambiato mestiere, altri sono morti e hanno lasciato il terreno ai figli (non sempre coltivatori): il tutto in assenza di controllo da parte del Comune di San Salvo, che in 48 anni evidentemente non ha mai seriamente verificato o aggiornato lo stato delle assegnazioni (per impedire la cessione privatistica e arbitraria di quei terreni). 2) E' vero che la legislazione dello Stato italiano (la Legge 1766/1927 e successivo regolamento) permette la vendita di quote dei demani civici; ma è anche vero che la condiziona all¹interesse delle popolazioni proprietarie e non degli enti gestori. Così è altrettanto vero che la legislazione della Regione Abruzzo consente l'alienazione dei demani; ma anch'essa non senza motivazioni. La Legge Regionale 3 marzo 1988, n. 25, ad esempio, dopo aver affermato che ''sono considerate civiche le terre assegnate in proprietà collettiva alla generalità dei cittadini'', precisa che ''per la concessione delle legittimazioni [...] deve farsi riferimento agli interessi della popolazione utente e alle esigenze di tutela ambientale'' (art. 5). Quanto alla Legge Regionale 12 gennaio 1998, n. 3, e alla Legge Regionale 14 settembre 1999, n. 68, esse apportano solo modifiche e integrazioni alla legge del 1988, ma ribadiscono che ''la Giunta Regionale può autorizzare l'alienazione dei suoli civici solo ove questa si configuri come necessaria per la utilizzazione prevista''. 3) Circa la questione della ''tutela ambientale'', non va infine dimenticato che nel demanio Motticce si trovano ancora due discariche dismesse: una per rifiuti speciali, tossici e nocivi; e l'ex discarica comunale, ancora non bonificata (nonostante una delibera del Consiglio comunale che impegnava l'Amministrazione). Gravitante sul Prato c'è poi la discarica per rifiuti speciali della SAPI. Ci chiediamo: come si fa ad alienare i terreni confinanti a questi mega-impianti senza porsi alcun problema sui rischi che ne derivano, senza predisporre non solo una bonifica dei medesimi ma anche (come già chiesto) una fascia di verde che isoli i suoli inquinati? In conclusione, se l¹Amministrazione comunale di San Salvo, con l'avallo della Regione Abruzzo, liquiderà tutti i demani di cui dispone (per circa 350 ettari, poco meno di un quinto dell'intero territorio comunale), è chiaro che: a) non lo farà con il principio con cui vennero quotizzate le terre delle Motticce nel 1957; b) ne ricaverà una misera somma (circa un milione di euro) che verrebbe spesa per l'ennesima opera pubblica; c) e, in prospettiva, non potrà nemmeno garantire sul mantenimento della destinazione d¹uso dei terreni, considerando la facilità con cui si modificano e rinnovano oggi i piani regolatori e si mutano le destinazioni d'uso. Il paradosso è che è stato proprio il vincolo demaniale a mantenere quelle terre all'uso agricolo. L¹espansione urbana di San Salvo e di tutta la fascia costiera, la vicinanza delle terre demaniali alle aree industriali di San Salvo e Montenero e ai servizi della fascia costiera potrebbe quindi facilmente indurre le future amministrazioni a modificarne l'uso. Ma c'è un altro elemento da considerare: che cioè la proposta dell¹Amministrazione comunale di San Salvo non poggia su nessun progetto particolare: né la costituzione di una cooperativa agricola di conduzione o promozione dei prodotti, né lo sviluppo dell¹agricoltura biologica (questa sì che tutelerebbe l'ambiente!) né la riserva di alcune quote per possibili opere pubbliche o necessità pubbliche, come pure le leggi citate contemplano e auspicano. Fa perciò un po' senso leggere di questi giorni (è uscito il 16 giugno) un ''Appello contro la privatizzazione degli usi civici'', firmato da una cinquantina di intellettuali, politici della sinistra e sindacalisti (tra cui Giovanni Berlinguer, Pietro Folena, Giovanni Franzoni, Giorgio Nebbia, Padre Ottavio Raimondi, Tonino Perna) in cui si esprime una forte preoccupazione per il Disegno di Legge n. 1131, in discussione in Parlamento. Quest¹ultimo, se approvato, accelererebbe ­ a loro dire ­ la prassi abrogativa degli usi civici, immettendo sul mercato tutto quello che è scampato alle privatizzazioni degli ultimi decenni. I firmatari dell'appello, invitando a bloccarne l'iter, parlano senza equivoci di ''subalternità alla cultura liberista'', di ''individualismo proprietario dirompente'' e di ''alienazioni senza alcuna condizione'' o ''indirettamente a scopo clientelare''. Insomma, ce n'è abbastanza per riflettere e meditare, prima di trarne qualche conseguenza! Giovanni Artese

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