IL PIANO DI RECUPERO DEL CENTRO STORICO COMPIE DIECI ANNI, MA LO STILE DEL DIBATTITO SEMBRA NE ABBIA CENTO. Ha provocato un bel dibattito lâanalisi che Giovannino Artese ha pubblicato a proposito del decennale del Piano di Recupero del Centro Storico di San Salvo. Non sono mancate anche alcune asprezze nel giudizio sullâanalisi da lui proposta, che in verità non mi sono sembrate incentrate tanto sul merito delle sue valutazioni (ben vengano queste), quanto piuttosto indirizzate a dare âgiudizi moraliâ sulla sua persona. Questo sinceramente più che sgradevole lâho trovato sbagliato. Ho letto con molta attenzione lâanalisi da lui proposta e mi è sembrata complessivamente fondata e veritiera, almeno nella parte dove evidenzia che, dopo dieci anni, il consuntivo dei risultati prodotti, rispetto a quelli attesi, siano largamente deludenti e forse bisognerebbe cambiare rotta. Queste osservazioni, magari non condivisibili, ma legittime, non mi sono sembrate un peccato di lesa maestà . Semplicemente lui ha preso un problema amministrativo, lâha analizzato, ha messo a confronto gli obiettivi posti in preventivo al momento della sua adozione e quelli ottenuti a consuntivo, ed ha fatto il conto dei profitti e perdite. Tutto qui. Si può non essere dâaccordo (ci mancherebbe altro), ma in tal caso si fa un altro bilancio, e un altro conto profitti e perdite. I cittadini poi giudicheranno quali tra i diversi bilanci e valutazioni risultano più veritieri e convincenti. Punto!!! Personalmente l'ho scritto più volte e rischio di ripetermi, ciò nonostante: repetita iuvant. Riassumo in pillole, sul complesso del PRG e non solo sul Piano del Centro Storico. Il PRG di S. Salvo (del quale il Piano del Centro Storico è parte integrante) è stato letteralmente devastato con la variante del 1997 e perfezionata con quella del 2002. Il PRG è stato di fatto âstracciato e ricucitoâ, come un vestito su misura, sulle aspettative di rendita di quello che (con un sillogismo) ho chiamato P.T.C.E. (Partito Trasversale del Consenso Edilizio), che non sta solo a sinistra beninteso, ma è politicamente trasversale e chiunque ha occhi per vedere, vede. Risultato: Spopolamento e abbandono del vecchio centro e conseguente morte della sua tradizionale economia urbana (commercio, artigianato, ecc.); Una città che si è "allargata" a dismisura, con un'offerta abitativa eccessiva rispetto alla reale domanda e in continuo crescendo, consumando irrimediabil-mente il poco territorio che abbiamo; Abnorme dilatazione degli interventi edificatori "diretti" a scapito delle modalità di attuazione e edificazione programmata (piani particolareggiati, piani di attuazione pluriennali, disciplina dei lotti interclusi, ecc.), col risultato che sono nati molti quartieri nuovi e moderni, ma sono solo dei moderni dormitori, dove la vita sociale, culturale e comunitaria semplicemente non esiste, così come i fondamentali spazi collettivi (piazze, verde, strade larghe, ecc.) sono del tutto carenti e inadeguati. La âcubaturaâ ha fatto premio su tutto e si è lasciato che crescesse una città non tanto brutta (che comunque bella non è) quanto sbagliata, tanto è vero che se valutiamo, in modo empirico -non necessariamente scientifico- la stratigrafia sociale della nostra città , notiamo in modo evidente che il ruolo sociale della classe media è diventata virtualmente irrilevante, in quanto praticamente scomparsa. Insomma, se San Salvo non riesce più ad esercitare capacità di attrazione (come scelta residenziale) nei confronti della cosiddetta Middle class, ci sarà una ragione, no? Quel che preoccupa è che nessuno sembra interrogarsi sul fatto che fenomeni simili non fanno per niente bene ad una comunità che voglia crescere e modernizzarsi sul piano sociale e culturale, anzi, la condannano a regredire progressivamente. Sono solo alcuni esempi, ma si potrebbe continuare. Il punto è: cosa si vuol fare in merito? Occorrono parole e intenzioni (chiare, coraggiose e comprensibili) per il futuro, non la semplice difesa dello status quo. Lo stesso Piano di Recupero del centro storico, dopo dieci anni cosa ha prodotto? Il vecchio centro ha fatto "il salto di qualità " che ci si proponeva o semplicemente si sono aggravati i vecchi problemi che quel Piano voleva risolvere? Questo (in sintesi) è il problema posto da Giovanni. A questo va data una risposta. Il video che circola in rete è bello e ben fatto tecnicamente e può anche andare bene per âvendereâ San Salvo alla B.I.T. o per uno spot tipo Mulino Bianco, ma non rappresenta una risposta ai quesiti posti dalle riflessioni di Giovanni, poiché cerca di accreditare una realtà che a guardarla sembrerebbe il migliore dei mondi possibili, ma non è così e chiunque conosca o viva a San Salvo sa che non è così. Infine sull'isola pedonale. Poiché ogni qualvolta si parla di urbanistica e PRG, ritorna al centro del dibattito anche il ruolo e la funzione dellâisola pedonale. Parliamo anche di questa. Essa è stata istituita dal Sindaco Socialista Carlo Cardarella -nel 1987- che in verità non voleva farla subito e cercava -comprensibilmente- di mediare con la DC (partito della maggioranza amministrativa) che non era favorevole e aveva adottato una tattica dilatoria e di rinvio del problema sul quale invece il PSI, del quale il sottoscritto era segretario, era fortemente favorevole. Infine lâisola pedonale si fece e anche la DC si rassegnò facendo di necessità virtù. Ma lâisola pedonale, così come il Piano di recupero del Centro Storico, il PRG e qualunque altro atto e decisione amministrativa, sono il risultato di scelte (giuste o sbagliate che siano) storicamente datate e in quanto tali valide per il momento nel quale sono prese e per un successivo medio periodo. Per loro stessa natura, quindi, sono sempre da valutare e verificare alla distanza, sul medio e lungo periodo (questo metodo si chiama: Riformismo), in relazione al mutare delle aspettative e delle esigenze di carattere sociali, culturali ed economiche della comunità . Quindi oggi come oggi anche sullâisola pedonale occorre fare un bilancio, sulla scorta dellâesperienza ultra ventennale che abbiamo fatto. Intanto bisogna stabilire se questa si sia rivelata (ed è) un'opera utile o inutile, unâopera che funziona bene o funziona male. Io personalmente propendo per questâultima ipotesi. Intendo dire che creare lâisola pedonale è stata una scelta giusta e lungimirante e la rifarei senza esitazioni, ma è rimasta unâopera incompleta e perciò stesso non funziona come potrebbe e dovrebbe. Allo stato, penso, si pongano due problemi: o la si completa, dotandola di quello che manca, cioè: parcheggi, aree di sosta di prossimità e un piano traffico serio ed efficace; o la si fa funzionare in modo diverso, magari per fasce orarie e non 24 ore su 24, in attesa che si possa dotarla delle infrastrutture di supporto necessarie; o si possono trovare altre soluzioni delle quali si può discutere. Lâunica cosa sulla quale credo non vi siano dubbi è che le isole pedonali servono (e devono servire) a migliorare la qualità della vita dei cittadini, a rendere più efficiente e funzionale lâorganizzazione logistica e dei servizi della città , sostenerne la crescita economica e dei servizi, non ad imbalsamarla. A chi ha voglia di occuparsi di questi problemi ed a chi invece deve occuparsene per ragioni istituzionali, politiche o altro, voglio chiedere: «Si può discutere serenamente senza pensare che chiunque avanzi qualche critica su quanto sia stato fatto o non fatto sia necessariamente un nemico al quale negare perfino il diritto di parola?». Se le parole che usiamo spesso, quasi tutti i giorni, come democrazia, riformismo, partecipazione, condivisione, ecc. hanno un senso, allora non vi può essere alcun problema o scelta politica e amministrativa che sia intoccabile, inemendabile o indiscutibile. Cioè: non esistono i tabù ! In democrazia tutto può essere messo in discussione. Lâarroccamento a difesa di dogmi e tabù non sono solo lâantitesi della democrazia, ma la negazione stessa della ragione.