Regione, DPEFR 2012-2014: scompare l'Abruzzo

Nota della CGIL abruzzese

p. la segreteria CGIL Abruzzo Mimì D’Aurora responsabile ambiente
14/12/2011
Attualità
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Ormai non ci sono più dubbi: la Giunta Regionale conferma che “Abruzzo dei parchi”, “Abruzzo Regione verde d’Europa” è solo uno slogan un fiore all’occhiello da ostentare, svuotato di ogni contenuto. Nel Documento di Programmazione Economico Finanziaria Regionale 2012-2014, approvato con delibera n.756 del 14 novembre 2011, che traccia le linee strategiche di sviluppo per i prossimi tre anni, non esiste alcun riferimento al sistema delle aree protette regionali. Per la prima volta dopo un ventennio dall’approvazione della legge quadro sui parchi, la 394 del ’91, la rete dei parchi nazionali, regionali e delle riserve regionali, esce formalmente dalla programmazione della Regione. Cessano cioè di essere considerate, non solo come il grande patrimonio naturalistico che ha delineato il tratto identitario della nostra regione e che ci ha fatto conoscere nel mondo, ma soprattutto come un fattore di crescita e sviluppo sostenibile in particolare per le aree interne montane. La Giunta Chiodi non riesce cioè ad assegnare a Parchi e Riserve alcun ruolo nel rilancio di politiche che ci aiutino ad uscire dalla crisi e costruire un nuovo sviluppo. Una politica suicida e autolesionista. Mentre nel mondo si cercano di individuare nuove strade che portino verso una economia verde, noi abbandoniamo quelle politiche che fummo capaci di anticipare venti anni fa investendo nella valorizzazione e tutela ambientale sull’esperienza preziosa del Parco d’Abruzzo. Da anni la CGIL Abruzzo denuncia questa deriva riscontrabile in tanti atti della politica regionale con l’affermazione di una nuova gerarchia di priorità strategiche per i territori montani. Per tutti parla l’accordo di programma di Letta sul comprensorio turistico del Sirente e Gran Sasso. Nei FAS non viene previsto neanche un euro per progetti da realizzare all’interno dei parchi mentre si impegnano quasi 40 milioni di euro per sei progetti di nuovi impianti di risalita, finalizzati a “migliorare l’accessibilità e la mobilità nei centri abitati e nelle aree montane attraverso modalità di trasporto sostenibile (filovie, funivie, ecc)” (sic!). Un ritorno in piena regola, insomma, a quella politica degli anni ‘60 e ‘70 che individuava nel “modello Roccaraso” (impianti di risalita, seconde case, etc) l’unica via da seguire per la rinascita delle aree montane. A tal proposito chiediamo ci venga spiegato a cosa serve un mega progetto di oltre 20 Meuro previsto nei FAS che dovrebbe collegare via funivia l’Aremogna con la stazione ferroviaria di S. Ilario, vicino Castel di Sangro, dal momento che la linea Sulmona- Carpinone è stata chiusa con l’azzeramento di tutte le corse? Quanto sviluppo potrebbero creare le aree protette con quei fondi? Sul fronte delle Riserve le cose non vanno meglio, anzi peggio. Nei FAS sono previsti 4.6 Meuro (il 10% dei fondi per impianti di risalita) ma da fondi regionali che saranno disponibili solo se si venderà il patrimonio immobiliare. Nel frattempo non c’è ancora certezza sulla disponibilità di fondi ordinari nel bilancio 2012 per la gestione delle Riserve che la Regione ha delegato ai Comuni. Nel 2011 tale voce era scesa a 1,5 Meuro equivalente allo 0,053% del bilancio regionale! Eppure quelle realtà hanno costituito uno straordinario strumento di tutela ambientale, di promozione dei territori e dei comuni interessati, conseguendo risultati che non trovano riscontro con altri settori sul piano del rapporto investimenti- benefici. 25 Riserve 28 comuni interessati, oltre 100.000 visitatori l’anno, 17 società o cooperative che gestiscono i servizi e che creano un indotto lavorativo importante in piccoli comuni, una attività di consulenza per la ricerca scientifica e didattica che coinvolge anche le università. Attività che vedono il protagonismo di giovani con elevata professionalità. Come si fa a lasciare senza prospettive queste realtà e i comuni interessati? Nel percorso compiuto fino ad oggi le aree protette hanno dimostrato di poter influire positivamente sulla qualità del territorio, dell’economia e della cultura locale e regionale in quanto portatrici di un progetto che tiene insieme biodiversità, storia, cultura, tradizioni, buone pratiche di sostenibilità, attività economiche (agricoltura, ecoturismo, manutenzione del territorio, servizi, ecc), nuove forme di gestione del territorio e meriterebbero non solo che si continuasse a valorizzare questo loro ruolo, ma che si tornasse a farne un elemento di positiva contaminazione rispetto al territorio regionale. In discussione è il modello di sviluppo della regione, la possibilità di rinascita della montagna abruzzese di cui le aree protette sono un punto di eccellenza. Non possiamo arrenderci alla deriva delle manfrine sul Parco della Costa, dell’incuria sulla mancanza di organismi o commissariamenti dei Parchi, dell’assurda idea di far convivere parchi vino e petrolio. Né è possibile accettare che ci sia un ufficio parchi con una dotazione organica di un paio di unità, assolutamente inadeguata ad affrontare i problemi della rete di aree protette abruzzesi. Per questo la CGIL ritiene necessario far crescere un nuovo movimento che tenga insieme le forze sociali e politiche, i comuni, le associazioni ambientaliste, i Parchi e le Riserve e che rilanci l’idea di un Abruzzo che è in grado di indicare una via originale per affrontare la crisi e creare uno sviluppo sostenibile capace di dare nuova occupazione e prospettive ai giovani, riprendendo la strada della Regione Verde d’Europa. Un movimento che consideri questione centrale lo sviluppo della montagna abruzzese. Primo punto, partire dalla richiesta che nel DPFER e in tutti i documenti di programmazione della regione, la rete delle aree protette abbia un ruolo strategico, così come nella stessa Legge Regionale per la promozione dello Sviluppo siano individuati percorsi specifici per la promozione ed il sostegno alle “imprese verdi” che operano dentro Parchi e Riserve.

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