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Il Tempo delle Cattedrali: buona la prima

Compagnia Orizzonte Teatro è andata in scena

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La sera del 09 Aprile, al Politeama Ruzzi di Vasto, è andato in scena il musical “Il tempo delle cattedrali”, interpretazione della Compagnia Orizzonte Teatro del celeberrimo “Notre Dame de Paris”.

L'opera porta in scena l'amore, non quello che trionfa sempre, quello di principi, principesse e cavalli bianchi ma invece quello proibito, l'amore possessivo, l'amore indeciso, l'amore incondizionato, l'amore che porta alla follia, insomma quelle sfaccettature distorte fino alla deformità del medesimo sentimento, reso così più tragico, potente e terrificante.

Tra le fredde pietre della cattedrale e le ombre proiettate dai gotici e mostruosi doccioni di pietra si muovono il gobbo Quasimodo (Giorgio Goglione, anche regista), l'ammaliante zingara Esmeralda (Maddalena Miri), il crudele ed ossessionato Frollo (Michele Bellano), l'ambiguo e tormentato Febo (Vincenzo Delli Carri), il sognante Gringoire (Giordano Mucilli), il carismatico Cloipin (Nicola Sciascia), la manipolatrice Fiordaliso (Serena Biscotti) e tutti membri della Corte dei Miracoli e gli sgherri agli ordini di Febo interpretati da un talentuoso e nutrito corpo di ballo diretto da Andreana Cioffi e Mariangela Cieri.

Al di là delle tematiche che è stato possibile cogliere, il sentimento che maggiormente ha trionfato la scorsa sera è stata la passione viscerale di un cast che da mesi (sette, mi dicono) si impegna con tutto se stesso, sacrificando serate su serate per le prove dopo giornate di lavoro o studio, un lungo periodo fatto di rinunce, pasti ingeriti di corsa, scenografie da preparare e costumi da cucire, risate, lacrime, incomprensioni, gioie e dolori proprio come, parafrasando il portavoce stesso della compagnia, accade in una famiglia.

Dopo due ore circa di spettacolo, ci si risveglia dalla dimensione onirica in cui si era sprofondati, incatenati dal ritmo incalzante delle musiche su cui hanno cantato voci potenti e danzato corpi ora scatenati, ora leggiadri e quel che resta è un senso di nostalgia, lo stesso che si prova quando si legge l'ultima pagina di un libro che abbiamo amato e sembra di dover dire addio a un caro amico: un'emozione forte, avvolgente, che solo la vera Arte sa risvegliare.

 

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