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Quando l’arte entra a scuola

L’esperienza del teatro in alcune classi delle scuole di San Salvo

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Una delle tante pecche della scuola italiana è la scarsa considerazione delle materie artistiche. E anche come genitori si tende a pensare che le materie più importanti sono matematica, scienze, italiano, storia e geografia e negli ultimi anni alla lista si è aggiunto inglese. Le altre materie sono viste come discipline minori.

Eppure alla musica, al teatro e alle altre materie artistiche, psicologi e psicoterapeuti hanno riscontrato delle peculiarità formative umane di tutto rispetto. Spesso e volentieri vengono utilizzati come strumenti terapeutici in varie patologie psichiche o in situazioni di disagio sociale e umano.

La scuola italiana purtroppo non contempla in maniera adeguata tali fattori e come genitori, unico strumento disponibile per incrementare queste discipline in ambito scolastico è quello di promuovere e accettare le proposte che alla scuola possono venire da professionisti esterni.

Tempo fa Mariella Verna (che ha fatto della creatività una professione) durante un’intervista  sulla sua attività ha affermato “lo studio dell’arte ti lascia un’ impronta nell’anima che si manifesta in una maggiore sensibilità nel rapporto con gli altri”. È come a dire che la musica, il teatro, la pittura, e tutte le materie artistiche abituano l’uomo alla bellezza dell’anima e quindi a una visione della vita umanizzata.

Inoltre anche da un punto di vista tecnico, si è riscontrato che abituare i ragazzi alla creatività li aiuta nel futuro a trovare soluzioni creative in ogni campo dalle scienze, all’implementazione di efficaci modelli organizzativi e così via.

Roberto Re, un motivatore di persone che sono agli apici del successo in ogni campo, in uno dei suoi convegni ha riportato l’esempio dei docenti di una scuola indiana che aveva chiamato i genitori per illustrare un progetto di teatro a scuola come strumento per abituare i ragazzi a parlare in pubblico e dare loro una maggiore sicurezza e autostima. E parlare in pubblico non significa solo comunicare un messaggio di fronte a una platea ma anche interagire con gli altri, vincere le timidezze, andare alle interrogazioni senza timore, eccetera eccetera.

L’anno scorso ad esempio nel plesso di via De Vito,  i genitori di molte classi hanno accolto il progetto di due attori di teatro qualificati Luigi Cilli e Stefania Pascali. I risultati sono stati davvero straordinari. All’inizio i bambini più timidi non volevano fare queste attività ma poi travolti dalla maggioranza si sono tutti (e proprio tutti, compresi i più timidi) ritrovati a recitare in maniera spigliata e disinvolta. Il corso è iniziato con i due attori che hanno raccontato una semplice storia. Gli alunni hanno modificato e costruito una loro storia e dove ognuno ha scelto la sua parte.  

I ragazzi hanno fatto un grosso lavoro di scrittura creativa. Ognuno non si doveva imparare le battute a memoria ma doveva entrare nel ruolo del personaggio che si era scelto e dialogare in maniera spontanea. Luigi e stefania hanno saputo trasmettere l’importanza della fisicità corporea delle battute. "Non si comunica solo con le parole ma con tutto il corpo".

La difficoltà che hanno trovato i due attori all’inizio è stato quello di carpire la loro attenzione in quanto consideravano quell’ora un’”attività  ricreativa” ma poi sono riusciti a far capire loro che in realtà era un’”attività altamente creativa” e in cui erano chiamati a usare la loro inventiva come in un gioco.

 

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