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“Caritas non è solo un raccogliere e distribuire alimenti ma è molto di più”

Ricco di spunti per il territorio il secondo incontro di formazione Caritas tenutosi il 31 maggio a San Salvo

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Ogni città è fonte di bisogni (ludopatie, alcolismo giovanile, solitudini) e di risorse e per identificarli adeguatamente è utile una “mappatura del territorio” in cui venga analizzato il contesto territoriale e poi attivata una progettualità che consenta di identificare cosa e chi può fare cosa attivando un processo di rete non solo con le realtà ecclesiali ma anche con le istituzioni e altri enti ed associazioni non ecclesiali.

Questo e tanti altri spunti sono stati dati il 31 maggio dalla relatrice del secondo incontro del corso di formazione Caritas tenutosi presso la sede delle opere parrocchiali San Nicola a San Salvo.

Manuela Paparella, come nel suo stile, partendo dalla parola di Gesù, ha sviluppato tutto un discorso sulla Caritas come “comunità” in grado di diffondere la cultura della carità. Il passo preso in esame è stato quello degli Atti degli Apostoli in cui viene descritta la vita della prima comunità cristiana. "Noi siamo innestati in un processo di comunità: la nostra vita è imperniata da un circuito di relazioni".

Uno dei primi atteggiamenti per vivere bene questa dimensione umana è quello dell’”ascolto” (“… erano perseveranti nell’ascolto”) della parola, di Gesù, di se stessi e degli altri. “Quando incontriamo chi è nel bisogno ci dobbiamo mettere in relazione non con il suo bisogno ma con la persona ed avere nei suoi confronti non un atteggiamento di assistenzialismo ma di presa in carico e quindi analizzare il suo contesto e vedere come aiutarlo non solo nell’immediatezza ma nella sua globalità”. A volte, anche se in maniera inconscia può sorgere il pensiero “io sono meglio di quest’uomo/donna che sto aiutando”. Ma non è così perchè in quella circostanza ci si potrebbe trovare chiunque. “Non bisogna fare la carità ma essere carità”.

Nel nostro servizio noi portiamo tutto noi stessi e con tutte le nostre fragilità.” E nel lavoro di squadra è giusto e bello mettere a nudo anche questi aspetti. Non tutti sono chiamati a fare tutto ma ognuno a portare i suoi carismi in un determinato contesto. Non conta l’io ma il noi.

La carità per sua natura è contagiosa. Se ci si ritrova sempre con le stesse persone a fare lo stesso servizio può significare che ci può essere qualcosa che non va. E' come se si fosse creato una sorta di tappo che non fa emergere la necessità e la bellezza dell’aiutare chi è nel bisogno. “Il bisognoso ci deve mettere in crisi”.  

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