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Il ricordo di qualche vendemmia fa

La raccolta dell'uva nel ricordo di una bambina

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La terra di San Salvo è dominata da tre tipi di colture: pesche, uva da vino e olive per la produzione dell’olio.

Alcuni anni fa c’era anche il grano, che oltre ad essere una coltura principale, talora era anche una coltura di passaggio. Infatti, quando si doveva rinnovare una piantagione di pesche o quando si era ancora indecisi su cosa mettere, dopo aver estirpato una coltura importante si piantava il grano. 

Tra gli anni ‘80 e ‘90, con la globalizzazione, si è avuto un drastico deprezzamento del grano, che ha costretto molti agricoltori ad abbandonare questa coltura.

Mio padre aveva tutte queste colture e tante altre. Amava sperimentare, anche se solo “per la casa” come diceva lui, le novità. Un giorno, gli proposero una pianta di pomodori invernali, che piantò davanti casa. Più che una pianta era un alberello sempreverde, che dava questi frutti nel periodo invernale e che attirava sempre la curiosità dei passanti. Sembrava quasi una pianta ornamentale.

Solo oggi, riesco a comprendere l’amore viscerale di mio padre per la terra e per i suoi frutti.

Una delle sue colture preferite era senz’altro l’uva, per diversi motivi: non era come le pesche che nel periodo della raccolta si stava con il “fiato sul collo”, o delle olive che dovevano essere raccolte con il freddo. I lavori della vigna, durante l’anno, potevano essere gestiti tra un lavoro e l’altro, in perfetta tranquillità e la raccolta avveniva durante un periodo mite (lui diceva “il caldo del mosto”: anche se a settembre arrivano temperature basse per il periodo della vendemmia si rialzano.

Anch’io andavo volentieri a raccogliere l’uva, forse anche perché percepivo la positività di mio padre in questo periodo.

Avevamo due vigneti, in due zone distinte, entrambe con il sistema a capanna. In passato mio padre, aveva avuto anche una vigna a filari, ma in quel periodo ero piccolissima e ho ben pochi ricordi. Uno di questi vigneti era posizionato in collina, ed era quello che dava maggiori soddisfazioni, sia per per quantitativi che gradi zuccherini.

Si raccoglieva prima per la cooperativa e poi per la produzione di vino per il fabbisogno familiare. Una volta c’erano dei grossissimi imbuti, su cui si lasciava cadere l’uva che si tagliava con le apposite forbici, appena riempiti venivano versati nelle cassette e/o nel carrettone. Si stava tutto il giorno con entrambe le braccia alzate: una per tagliare l’uva e l’altra per reggere di peso l’imbuto. Arrivava la sera  e le spalle le sentivi tutte indolenzite.

Con il passare degli anni, gli imbuti furono sostituiti da grosse vasche di plastica, di forma ovale che potevano essere appese al collo. Oggi queste vasche, hanno una imbracatura, tipo bretelle, che riescono a bilanciare meglio il peso dell’uva e del suo contenitore rispetto al corpo.

La giornata tipo della raccolta dell’uva in genere è questa: si raccoglie l’uva, si riempie il carrettone, il trattorista porta l’uva alla cooperativa e gli altri continuano a raccogliere, utilizzando nel frangente le cassette, quando ritorna il carrettone le cassette vengono svuotate in esso. 

L’uva che sopraggiunge alla cooperativa, viene introdotta direttamente nel processo di produzione del vino: l’uva passa dal carrettone a una sorta di pigiatrice meccanica.

Il processo di trasformazione dell’uva in vino ha sempre avuto qualcosa di magico e meraviglioso.

Possono cambiare

tecniche, la tipologia di macchinari utilizzati, le conoscenza ma resta sempre il fascino di questi grappoli d'uva attaccati alla vite, la vite, i suoi tralci, l’aria di festa della raccolta dell’uva e la bella promessa di ciò che diventerà.

 

Video e montaggio di Maria Napolitano

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