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Vi ricordate di “Vassarill”?

Storie di vita

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 “Vassarill” è l’appellativo con cui era conosciuto uno dei primi fruttivendoli di San Salvo, Guido Spenza. Il soprannome deriva da Basso, nome di battesimo del bisnonno che era basso anche di statura.

Guido Spenza è sempre stato un grande lavoratore, ambizioso e amante della vita e delle cose belle. Di lui è stato detto: “lavorava da ciuccio e amava le cose belle”.

Guido nasce il 30 marzo 1926. La sua famiglia viveva con la campagna di proprietà. Diventa orfano di padre a soli sedici anni e come succede sempre in questi casi, insieme ai suoi fratelli, diventa uno degli “uomini di casa”. Nel Natale del 1946 si sposa con la vastese Settembrini Lina.

Nei primi anni di matrimonio il sostentamento della famiglia veniva dalla campagna di famiglia. Nel 1958 aveva costituito la “carovana di facchini”, una squadra di 8 uomini, tra i trenta e i trentacinque anni, che lavoravano per i grandi commercianti di San Salvo. Quando ancora inventavano i muletti, ogni volta che Cilli Egidio, Altieri Nicola, Di Rito Luigi e Boschetti Antonio, avevano bisogno di insacchettare e caricare grossi quantitativi di grano, farine e simili, si rivolgevano a Guido che organizzava la squadra.

I più anziani del gruppo “insacchettavano” i prodotti e i più giovani si caricavano i sacchi sulla schiena, salivano su un tavolaccio e li portavano dentro il camion. Guadagnavano abbastanza bene e loro stessi si versavano le cosiddette “marchette”, ossia i contributi previdenziali. Lina era l’unica che sapeva leggere, scrivere e fare di conto e le affidarono i compito di tenere la cassa ed effettuare la ripartizione settimanale dei guadagni realizzati. Quando dismetteva i panni da lavoro, indossava sempre camicia e cravatta.

Nel 1955 aveva acquistato un televisore. A San Salvo, all’epoca, solo i più facoltosi si potevano permettere un acquisto del genere. La sera a casa sua, in via Savoia si riunivano trenta persone che gustavano semplicemente ceci e fave “aschet” (abbrustoliti sulla brace) e un bicchiere di vino.

Gli anni si facevano sentire e quel lavoro da facchino diventava troppo pesante e, così, nel 1968 Guido scioglie la “compagnia” e decide di aprire un negozio di frutta e verdura nel palazzo del Dott. De Vito in corso Umberto I.

I dubbi erano tantissimi: può avere successo un’attività del genere in un paese in cui ognuno si coltiva del suo? La Breda aveva già cominciato i lavori per impiantare la Siv a San Salvo, ma le prospettive reali del nuovo impianto non erano note. Il 18 luglio del 1968 con una grande festa per  l'inaugurazione, apre il negozio di frutta e verdura. Il primo giorno guadagna £. 20.000. 

Chi aveva visto tutti questi soldi in un solo giorno di lavoro? Nel tempo la scelta si rivelò giusta. Andava sempre alla ricerca di primizie e di prodotti nuovi. Diceva: “nel mio negozio c’è anche il latte della Madonna”. Vendeva anche prodotti in scatola come ceci, fagioli tonno e simili. Don Mario Di Croce definiva questo negozio come la “boutique di frutta e verdura”. Guido al negozio aveva due difetti: non voleva che i clienti toccassero la merce e se qualcuno gli era antipatico lo “cacciava” dal negozio senza mezzi termini. Ma era sempre molto onesto, non era capace di truffare neanche di mezzo centesimo. Lina se c’era qualcuno in difficoltà economica, regalava la merce.

“Vassarill” aveva questo motto: “ la casa mia è di guadagno, chi lavora mangia, pure le mosche devono fare zum zum”.

Nel 1988 Guido trasferisce il negozio in Via Istonia, ma dopo un paio di anni e la malattia della sua amata Lina chiude il negozio di frutta e verdura e va in pensione.

Il 7 novembre del 2003 Guido viene a mancare in quanto il fumo, iniziato a soli 10 anni, gli aveva rovinato la circolazione sanguigna.

Guido era un comunista idealista, che però sapeva riconoscere quando il partito sbagliava e se occorreva dava ragione alla democrazia cristiana. Era la “bilancia di San Michele”. Il giorno del voto diceva alla moglie socialista: “in questo giorno ti vorrei cieca e senza mani per impedirti di votare”.

Non frequentava la chiesa, non recitava rosari o preghiere, qualche volta gli scappava anche qualche bestiemma, ma aveva la piena coscienza che c’era il Padreterno al di sopra di lui.

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