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Cotir, lavoratori senza stipendio e strutture in abbandono

L'assenza colpevole della Regione nel piano di riordino dell'Ente

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È passato oramai un anno dall’adozione dell’atto di indirizzo della Giunta Regionale (DGR 820 del 9/12/2014) a seguito del quale i Centri di Ricerca sono stati posti in liquidazione, con l’intento di procedere al loro riordino mediante la nascita dell’Ente unico di ricerca regionale.

Per questo motivo furono nominati quattro professionisti con il compito di elaborare il piano di riordino. Successivamente è stata nominata anche una commissione di “esperti” che avrebbe dovuto supportare i liquidatori nella elaborazione del piano. Vale la pena ricordare che il riordino sarebbe dovuto avvenire in tempi stretti, stando alle rassicurazioni ricevute dai liquidatori e, comunque non oltre giugno 2015.

Invece a tutt’oggi, continuiamo a ricevere indicazioni generiche sia sui tempi sia sul contenuto del piano. Intanto i lavoratori non percepiscono lo stipendio da 2 anni e le strutture stanno andando in malora per la mancanza degli interventi di manutenzione. Vale, inoltre, la pena sottolineare ancora una volta che in questi 2 anni i lavoratori hanno portato a termine tutti i progetti programmati e finanziati, con enormi sacrifici e in condizioni difficili, perché è difficile lavorare senza stipendio e senza avere le risorse necessarie per svolgere le attività.

La Regione non è stata in grado di mettere a disposizione la liquidità per anticipare i costi dei progetti e solo dopo varie pressioni hanno creato un fondo di rotazione da cui poter attingere la liquidità. Ma l’accesso al fondo è così macchinoso che i dipendenti e le loro famiglie sono rassegnarsi a passare un Natale senza percepire un centesimo di stipendio.

Tutto questo è profondamente ingiusto. Ma più ingiusto e intollerabile è l’atteggiamento della classe politica regionale che da ormai 5 anni sta prendendo in giro i lavoratori mediante continue promesse di soluzioni mai concretizzate. Se all’inefficienza dei politici si aggiunge l’indifferenza e magari l’incapacità di coloro che dovrebbero adoperarsi per mettere in atto le soluzioni, il quadro diventa fosco e desolante.

La paura dei dipendenti è che dopo tanta attesa la montagna partorisca il topolino, nel senso che il piano di riordino che si sta elaborando non abbia gambe per camminare ma possa rivelarsi un’operazione di facciata che chiede solo ulteriori sacrifici ai lavoratori. I lavoratori esasperati sono sempre più arrabbiati e determinati a far valere i propri diritti con tutti i mezzi e in tutte le sedi.

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