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Il mio primo viaggio da sola

I racconti di Nicolina Cilli

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Il mio primo viaggio da sola lo feci che frequentavo la terza media a Città Sant’Angelo. Abitavo con mia cugina Vera nel collegio delle suore del Preziosissimo Sangue. Per le vacanze di tutti i Santi e i morti, potevamo stare in famiglia fino al 4 novembre. Io dovevo tornare a Moscufo insieme a Vera però sia papà e sia zio Giuseppe non vennero a prenderci perché dovevamo imparare a viaggiare da sole. Il grande viaggio consisteva nel partire con l’autobus da Città Sant’Angelo a Montesilvano spiaggia, aspettare il trenino elettrico Pescara- Penne, scendere alla stazione di Moscufo e proseguire con l’autobus fino al paese. Questo primo viaggio senza i  genitori, lo facevamo in quattro: io, Vera Di Giandomenico, Augusto Pietropaolo, Remo D’Andrea.

La madre superiora ci accompagnò a prendere l’autobus in piazza e non se ne andò finché l’autista non mise in moto. Anche i due maschi erano al loro primo viaggio, sorvegliati e accompagnati dal loro padron e di casa. I nostri protettori ci fecero le solite raccomandazioni : non parlare con nessuno, scendete dalla stazione di Montesilvano spiaggia, restate sempre insieme finché non arriva il trenino.

Il trenino aveva solo due vagoni e papà doveva farci un segnale dal finestrino per farci capire su quale vagone dovevamo salire, e sempre uniti secondo l’ordine prestabilito.

Il trenino doveva arrivare entro mezzora, che mi sembrò interminabile.

I maschi dovevano stare a dovuta distanza da noi perché era poco serio stare a chiacchierare ma rimanere uniti perché c’erano gli zingari in giro. Per rispetto e buon contegno sì e no ci scambiavamo due parole. Ma la fatica più grande fu restare insieme e senza muoverci tanto che Augusto si sedette per terra. Ma non abbandonò il gruppo.

Finalmente si sentì  il fischio del trenino che arrivava e noi fedeli alle spiegazioni dei rispettivi genitori, dovevamo salire sul vagone dove vedevamo sventolare i fazzoletti perché papà era responsabile di tutti e quattro.

Papà non si rese conto che sul trenino viaggiavano altri moscufesi ignari dell’organizzazione…papà, zio Giuseppe: salire sul vagone dove sventolava il fazzoletto.

Gli altri moscufesi vedendo dal finestrino 4 ragazzi soli impauriti e impacciati, non sapendo che papà ci faceva cenno dal finestrino, non facevano che chiamarci per nome noi tutti e quattro uniti e ubbidienti non ci muovevamo perché dovevamo restare sempre uniti! Finalmente il capostazione ad un cenno di papà ci fece salire sul primo vagone e il trenino ci portò felici e contenti alla stazione di Moscufo. La prima parte del viaggio si era conclusa. Prendendo l’auto che ci portò al paese, e finalmente rilassati e protetti guardammo dal finestrino il panorama e il tramonto del sole sulla bella addormentata tra il Gran Sasso e la Maiella.

L’attesa dei parenti che ci vennero a prendere alla fermata dell’autobus non era stata meno ansiosa della nostra a Montesilvano, ci accolsero tutti felici e sorridenti come degli eroi dopo una grande impresa.

Moscufo,  Novembre 1938

               

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