Il nome di Umberto Veronesi prima del 2011 per me era direttamente collegato alla ricerca sul cancro, la sua faccia collegata alle innumerevoli raccolte fondi che si tenevano in tutta Italia per la ricerca.

Nel 2011 per me quel nome divenne una realtà fisica. Ebbi bisogno di un parere, mi indicarono il miglior centro in tutta Italia, in tutta Europa, l'Istituto Oncologico Europeo lo IEO.

Venni accolta allo IEO, come una persona, non come una paziente. Tutto in quel luogo era a misura di persona. Come ho spesso ripetuto a chi mi ha chiesto informazioni in questi lunghi cinque anni, allo IEO dal primario all'usciere, sà come comportarsi con un malato oncologico, sanno quanto possa essere devastante l'attesa, sanno quanto possa essere devastante anche solo una parola in più o in meno. Per questo sono tutti molto attenti. 

In quel luogo ho subito tre operazioni, sono entrata in sala operatoria sempre sulle mie gambe. Stanze d'ospedale calde e accoglienti e i laboratori della ricerca erano lì pienamente visibili, tra la sala operatoria e il giardino.

Mi hanno lasciata scegliere tra terapie tradizionali e sperimentali, mi hanno lasciata libera di scegliere dove farle, mi hanno sempre trattata come una persona, pienamente cosciente, mai come una menomata. Il sostegno psicologico era completo, attraverso le parole degli infermieri, dei medici, con una presenza mai imposta, ma sempre offerta. Luoghi e cure sostenuti dal servizio sanitario nazionale, dalle donazioni e grazie alla lungimiranza e alla determinazione di Umberto Veronesi.

Tutto ciò è stato costruito da un uomo che oggi è venuto a mancare, ed io ho semplicemente sentito il bisogno di ringraziarlo, attraverso queste poche righe. Grazie per aver sostenuto la ricerca, grazie per aver costruito luoghi di cura umani e donato a me e a migliaia di persone, madri, padri, figli, una maggiore aspettativa di vita.