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Braccio di ferro nel Centro Sinistra

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Qualche giorno fa, nel bel mezzo delle trattative per la composizione della Giunta, avevamo scritto: ''E' chiaro che da come andrà questa partita si capiranno gli equilibri e soprattutto si capirà se i tre (azionisti del centrosinistra) vogliano passare successivamente agli equilibri più avanzati, che non sono quelli di cui parlava Aldo Moro, ma a San Salvo potrebbero essere (più di uno li sogna): Boschetti a Monte Citorio, Marchese al posto di Boschetti e Di Toro al posto di Marchese''. Ma tale prospettiva non si intravede, almeno per il momento. E' invece iniziato (o meglio, continua...) il braccio di ferro tra i tre azionisti, cosa che ha prodotto una Giunta zoppa, con l'appoggio esterno della federazione Di Toro (composta - ricordiamolo - dal suo partito, dallo S.D.I. e pare anche dalla Sinistra radicale). La memoria corre al 1986, allorquando fu il P.S.I. a dare l'appoggio esterno al sindaco Mariotti. Finì con un ribaltone, poi ribaltato nuovamente. Che esito avrà l'odierno braccio di ferro lo vedremo, anzi lo scriveremo passo per passo. Esso dipende da molti fattori, compreso il ruolo che eserciterà l'opposizione, ossia se essa giocherà attivamente sia pure prudentemente o se resterà a guardare. Che succederà per esempio se il centrodestra dovesse votare Di Toro alla presidenza del Consiglio, a cui invece è designato Sannino della Margherita ? Tutte cose appunto che consigliano paziente attendismo. Limitiamoci intanto a valutare ciò che è già accaduto. Il sindaco ha nominato solo quattro assessori, perché la federazione Di Toro non ha accettato la sua proposta e forse non gli bastava neanche fare come sta facendo il suo collega Lapenna a Vasto (cioè creare un altro assessorato), perché ''in tal caso -gli avrebbe chiesto il segretario di uno dei partiti di sinistra rappresentati in consiglio- il settimo assessorato avrebbe dovuto andare agli alternativi''. Ciò vuol dire che il dissenso è profondo ed è figlio di quanto era accaduto prima delle elezioni con il passaggio di Di Toro all'Italia dei valori e con la dura lotta dei socialisti democratici per essere determinanti all'interno della coalizione. Sia Di Toro che Menna dissidenti lo erano già da prima e tutte le frustrazioni (soprattutto da parte di quest'ultimo) sono state rinviate alle elezioni, che sono ovviamente diventate il punto terminale di un regolamento di conti interno al centrosinistra. Se esse avessero dato ai D.S. e alla Margherita almeno undici seggi (dieci eletti più Marchese) il dissenso sarebbe stato sottocontrollo (un po' come quello di Di Pierro nella scorsa legislatura), ma le urne hanno reso ''determinante la federazione Di Toro'' (a questo ci riferivamo quanto abbiamo scritto di sua vittoria) e quindi il dissenso profondo e pregresso è esploso con evidenza pubblica. Marchese più di quello che ha fatto non poteva fare. Di fronte a questa prevedibile esplosione di dissenso ha mostrato coraggio ed ha detto di voler continuare a lavorare con serenità. Ha addirittura ceduto a Giovanni Mariotti (che non ha aderito neanche al Partito Democratico) quel bel pezzo di potere che è il sociale e che la volta precedente aveva tenuto per sé. Ha cucito per lo S.D.I. un assessorato pesante, che in precedenza aveva avuto Di Toro. Il punto è però che anche quest'ultimo si dice sereno. Sono entrambi sereni, come due soldati che vanno alla guerra sicuri delle rispettive ragioni. Già, perché quella che si annuncia,a partire dall'imminente consiglio del giuramento di martedì 26 giugno sarà una guerra, magari una guerra fredda, non guerreggiata, una guerra di posizioni, di stop and go, di annunci e velate minacce, di rientri e di riuscite, ma sempre guerra sarà... Orazio Di Stefano
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