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I racconti di Angiolina: la maestra Maria Cimini

La maestria delle parole della professoressa Balduzzi nella descrizione dei personaggi sansalvesi

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Capelli neri e raccolti in una folta treccia che scendeva sul suo grembiule colleggiale nella aristocratica Bergamo dove Maria in fila si recava nell’aula dopo aver recitato in coro nella piccola cappella, le preghiere del mattino. 

Orfana di un padre caduto in guerra  che volle dare la sua vita per la Patria, immediatamente,  colpì la direttrice col suo silenzioso attento e brillante portamento, unito ad una vivace intelligenza e diligente bravura, premiata dalla rara ed encomiabile opportunità di studiare e diplomarsi. Infatti, i risultati, confermavano, ogni giorno, il giudizio dei professori  che la scelsero per continuare dopo le scuole elementari e medie, gli studi superiori, magistrali col diploma di maestra.

Vincitrice di concorso, non semplice negli anni sessanta iniziò per merito, ma sopratutto per passione, ad “insegnare” ai suoi amati alunni che l’amavano quanto lei li amava, guidando uno ad uno, giorno per giorno seguendo, come si usava una volta, le stagioni scandite dalle poesie di Giovanni Pascoli e Silvio Novano che Maria faceva ripetere in coro.

A primavera si sentiva il garrire delle rondini disegnate a matita nei quadretti dei quaderni, la cui copertina e l’inchiostro erano dello stesso nero dei grembiuli abbottonati dietro le spalle ed allungati annualmente, assecondando la crescita.

La dolcezza, la “finta severità” e la prontezza erano le doti che ebbe la mamma di Maria e che  le trasmise tutta la vita, specie quando  Maria ebbe e supero’ coraggiosamente il male del secolo.

Fu mamma  forte  fino agli ultimi giorni della sua vita, assistendola con costante affetto e ammirevole cura, come si fa con un prezioso gioiello.

Il sorriso di Maria risplende sempre come la sua speciale solarità che riesce ad illuminare anche le piu’ oscure e tristi atmosfere quotidiane.

Maria, inoltre, è stata ed è una mamma  senza pari, che ha posticipato qualsiasi sua necessità per i suoi figli.

La parola AMORE è l’icona della sua esistenza  come quando era felice passeggiando con il suo Gino di cui fu innamorata  dal primo momento del loro lungo fidanzamento.

Gino non era un maestro ma “il maestro” di talento e di passione e , la sua prematura scomparsa, scavò nel cuore della adorata Maria un baratro di indimenticabile dolore, ammortizzato dalla sua fede in Dio e dalla filosofia esistenziale che Gino le trasmetteva quotidianamente sempre e sopratutto a Sandro, il suo pupillo e figlio e mio indimenticabile alunno.

Luigi Cacchione è da tutto il paese ricordato ed apprezzato per quell’ottimismo saccente che caratterizza le persone che, come lui sono abbituate a soffrire col sorriso dell’anima.

 

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