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Cristo Signore ci dà la grazia di vedere tutto ciò che già abbiamo con occhi nuovi, diversi

Commento al vangelo

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Da domenica scorsa abbiamo iniziato la lettura dei grandi capitoli del Vangelo di Giovanni dalla chiara indole battesimale: il tema dell’acqua (Gv 4: il vangelo della samaritana), il tema della luce (Gv 9: la guarigione del cieco nato) e il tema della risurrezione (Gv 11: la risurrezione di Lazzaro).

La liturgia ci aiuta in uno dei doni principali della quaresima: riscoprire e vivere pianamente il Battesimo. Il tema di questa domenica è dunque quello della luce. Per illustrare la novità che Gesù porta nel mondo, ossia la vita nuova del battezzato, l’evangelista sceglie come protagonista un uomo nato cieco; la cecità dalla nascita pone l’uomo in un’esperienza particolare: non conosce le forme, i colori, la differenza tra ciò che è brutto e bello, gli occhi della madre; la sua menomazione lo rende abile solo ad elemosinare per vivere (quanti intorno a noi, o noi stessi, elemosinano qualsiasi cosa per sentirsi vivi?).

Passa Gesù e i discepoli gli pongono la domanda più difficile: chi ha peccato, lui o i suoi genitori, per vivere in questo stato? Gesù schiva la domanda scindendo il legame tra peccato e punizione divina, affermando invece che i discepoli in primis vedranno le grandi opere di Dio: il limite diventa punto di partenza. La guarigione del cieco è liquidata in pochi versetti: Gesù fa del fango con la polvere e la saliva e ne spalma sugli occhi del cieco, che inizia a vedere.

Il gesto, così grezzo, ricorda la creazione dell’uomo (Gen 2,7): il cieco che acquista la luce è stato ri-creato da Gesù-Dio. Il battesimo, la vita nuova che Gesù dona è una ri-creazione dell’uomo, un nuovo modo di vedere, anzi, una visione mai provata prima. Inizia da quel momento una lunga trafila, un interrogatorio estenuante in cui il giovane per ben 4 volte dovrà tornare sulla dinamica della guarigione: è quasi una evangelizzazione forzata, vogliono sapere cosa gli ha fatto quell’uomo di cui lo stesso guarito dice di sapere poco e niente (lo chiama prima uomo, poi profeta, poi afferma che viene da Dio).

Coloro che interrogano il cieco guarito invece non hanno la minima intenzione di fidarsi del giovane, dubitando persino della sua cecità; chiamano allora i genitori per testimoniare, ma anche i genitori non vogliono entrare nella discussione e quasi lo abbandonano perché, ormai, “è grande”. Quando gli argomenti del guarito diventano schiaccianti (e quasi ironicamente chiede: Volete forse diventare anche voi suoi discepoli?) i giudei sono costretti a cacciarlo.

Immaginiamo la situazione di questo giovane uomo: guarito certamente, ma solo, attaccato da tutti, non creduto e abbandonato dai suoi stessi genitori. Torna in scena finalmente il guaritore, Gesù; trova il cieco e gli strappa una confessione di fede piena e convinta: «Credo, Signore»! Gli ultimi versetti della lettura di oggi ci danno la chiave per comprendere tutto il brano e per porci alcune domande per la nostra vita.

Gesù constata purtroppo che molti si sentono vedenti, non bisognosi della luce vera: per costoro non può esserci alcun miracolo. Quale grande dono ci offre il battesimo se non la grazia di vedere tutto ciò che già abbiamo con occhi nuovi, diversi, rischiarati dalla luce del mondo che è Cristo Signore? Se la fede non ci dona questo, cosa abbiamo di diverso dagli altri?

Come dice il salmo 35: alla tua luce vediamo la luce: chiediamo a Gesù che ci guarisca dalle nostre cecità (e che prima ancora ci doni la grazia di conoscerle!), che ci doni uno sguardo nuovo su tutto ciò che ci circonda, per vivere quella vita nuova rischiarata dal Sole che sorge dall’alto (Lc 1,78).

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